Cancellati dalla memoria, inesistenti nella toponomastica locale, nonostante fossero stati costruiti a un centinaio di metri dalla chiesa attuale, i tre santuari risalenti ai primi secoli dell’era cristiana e la necropoli antica venuti alla luce a Propriano, nel sud della Corsica, rilanciano l’interesse per la storia dell’Île de Beauté (denominazione con la quale è altrimenti e per tradizione nota, in Francia, l’isola a nord della Sardegna, n.d.r.). E quello per l’affascinante sito turistico, famoso per l’eccezionale bellezza delle sue spiaggie, ma dai trascorsi oscuri, tanto scarne sono le informazioni sul suo passato antico e medievale, che solo oggi torna alla luce grazie agli scavi realizzati dall’INRAP (Institut national de recherches archéologiques préventives) in un cantiere edile aperto alle porte della città.
Un nome tutt’altro che casuale
E non può dirsi casuale il nome del quartiere in cui sorgeranno le nuove costruzioni programmate dal gruppo Limat, temporaneamente bloccate in considerazione dell’importanza scientifica delle scoperte archeologiche: si chiama Quattrina, a indicare che lí, negli anni, sono affiorate a piú riprese monete antiche di rame. Nonostante altri ritrovamenti casuali, fra cui ceramiche campane del III secolo a.C., questa è la prima volta che la località viene seriamente indagata dal punto di vista archeologico.
«Non si sa quasi nulla – spiega Philippe Chapon, responsabile degli scavi – sul passato di questa città. Le indagini avviate dall’INRAP hanno portato alla luce, con nostra grande sorpresa, tre edifici religiosi absidati (databili tra il VII e il XIII secolo, n.d.r.), e una necropoli in uso soprattutto nel corso del IV secolo d.C.».
Il santuario piú antico, costruito apparentemente intorno al VI o VII secolo, corrispondente a una tipologia abbastanza comune all’epoca, è anche il piú vasto dei tre: 16 m di lunghezza e 8,5 di larghezza, con la base dei muri ancora parzialmente in piedi, e i resti del supporto di un altare. Le altre due chiese, piú tarde e piú piccole, testimoniano che, forse, all’epoca della loro costruzione, la popolazione cristiana della contrada si era ridotta.
Il luogo di culto, verosimilmente rurale, doveva probabilmente dipendere da una sede episcopale importante, ipotesi avvalorata anche dalla scoperta dei resti di una grande struttura circolare, verosimilmente interpretabile come un battistero. Secondo la tradizione, le prime chiese insulari furono costruite dai vescovi africani esiliati dal Nord Africa dopo l’invasione vandalica del 429.
Sepolture al di fuori delle città
«Disponiamo di un testo – commenta Jean Guyon, direttore di ricerca al CNRS – che menziona per la prima volta l’esistenza di vescovi corsi nel 484, in occasione del Concilio di Cartagine. Questo di Propriano è un sito tipico: un centro romano, all’estremità del quale la comunità cristiana organizza il suo spazio rituale. Come si può constatare anche in altre località, ad Ajaccio per esempio, per onorare la propria fede, i cristiani sceglievano punti situati alla periferia dell’agglomerazione romana. Le ottanta tombe di adulti e bambini risalenti alla tarda antichità paiono attestarlo. È da notare che i resti dei bambini riposavano in anfore di origine africana, usate in precedenza per la conservazione di cibi e bevande».
La tradizione latina esigeva in effetti che i defunti venissero seppelliti fuori dai centri abitati. Gli adepti di Cristo sceglievano in tal modo anche la via della prudenza: sebbene, dopo la conversione di Costantino (313), ciascuno, in linea di massima, potesse praticare il proprio culto, le élites restavano fedeli alle divinità pagane, e non vedevano di buon occhio l’ostentazione dei simboli di altre religioni.
Autore: Daniela Fuganti
Fonte: www.medioevo.it , giugno 2010