Gli archeologi della scuola Normale di Pisa alla scoperta dell’antica città di Entella abitata dagli Elimi tra il V e il III secolo avanti Cristo. Per due anni si darà vita ad una campagna di scavi curata dal parco archeologico di Segesta che prenderà il via il 7 settembre sotto la direzione scientifica sul campo di Anna Magnetto, responsabile del Laboratorio di Storia epigrafia archeologia e tradizione dell’antico (SAET) della Normale di Pisa.
Una missione nel territorio di Contessa Entellina, nel Palermitano, dove sono custoditi i resti di un abitato frequentato sin dalla preistoria che dominava la vallata del Belice dalla maestosa Rocca di Entella: un sito a 545 metri di altezza protagonista di indagini per oltre 30 anni da parte della Soprintendenza di Palermo che hanno riportato alla luce mura di età greca e medievale ed alcuni edifici antichi, tra cui un santuario e un palazzo fortificato.
Entella fu una città di cultura in età medievale e poi distrutta da Federico II, ma conserva le tracce del suo ricco passato. Oltre alla campagna di scavi, in programma anche una mostra fotografica dedicata al popolo degli Elimi ed un convegno che si svolgeranno a Erice dove si farà anche il punto sulle ricerche archeologiche più recenti.
La missione archeologica portata avanti dal Parco di Segesta, di cui Entella fa parte in seguito al recente riordino dei dipartimenti regionali, rientra tra le attività di ricerca volute dall’assessore dei Beni culturali, Alberto Samonà e dal governo regionale, per approfondire la conoscenza storica della Sicilia occidentale legata alla presenza degli Elimi. Proprio per questo, nelle scorse settimane, la direttrice del Parco archeologico di Segesta, Rossella Giglio e il direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, Luigi Ambrosio, hanno sottoscritto una convenzione che vedrà collaborare le due istituzioni durante il prossimo biennio.
“E’ giunto il momento – dice Rossella Giglio – di recuperare le fila di trent’anni di ricerche archeologiche. Riprendere a parlare degli Elimi, di Segesta, di Erice, di Mokarta, di Entella non risponde alla curiosità scientifica degli addetti ai lavori ma rappresenta un’occasione importante per ricostruire lo sviluppo della Sicilia occidentale attraverso le testimonianze, ancora poco esplorate, delle popolazioni autoctone e di fornire nuove chiavi di lettura sulle nostre origini”.
Autore: Isabella Di Bartolo
Fonte: palermo.repubblica.it, 2 set 2020