Assedi, lotte, incendi, occupazioni. Costruzioni, ricostruzioni e restauri. È lunga, sorprendente e complessa la storia del Castello di Caporiacco, a Colloredo di Monte Albano. Oggi, le vicende antiche che segnarono l’esistenza del maniero, secolo dopo secolo, si cominciano a conoscere in dettaglio grazie agli esiti di sondaggi e indagini archeologiche eseguiti contestualmente al recupero del complesso fortificato, a opera di Sergio Germi di Caporiacco e della sorella, proprietari del castello, artefici lungimiranti e appassionati della sua ricostruzione ormai da 10 anni, su progetto e direzione dei lavori dell’architetto Giovanni De Marco. A svelare i segreti lo studio dell’architetto Fabio Piuzzi che ha operato con l’autorizzazione dalle Soprintendenze Sbap a Archeologica del Fvg.
“Le fasi di costruzione e distruzione del castello sono caratterizzate da profonde trasformazioni che hanno sconvolto, spesso radicalmente, il sito più antico – spiega Piuzzi -. Il motivo, come in parte si deduce dalle rare notizie storiche, è da ricercarsi nei numerosi conflitti in cui sono stati coinvolti i nobili di Caporiacco e a cui sono spesso seguiti assedi, occupazioni e distruzioni del complesso fortificato”.
Ma quali sono le fasi di vita e trasformazione del castello?
All’inizio fu costruita la “prima versione”, un’opera ben fortificata, nel settore nord del rilievo. A sud, invece, fuori della cinta principale, sono state erette strutture per attività artigianali: erano edifici di servizio in legno, poi distrutti dal fuoco; qui si stoccavano le derrate alimentari (semi e frutti) e la datazione con il metodo del Carbonio 14, soprattutto dei semi carbonizzati, unita allo studio dei reperti, ha permesso di datare il rogo intorno alla metà del Trecento.
Di seguito l’indagine archeologica mette in luce la completa ristrutturazione del luogo, dopo un evento traumatico, forse un assedio distruttore. Nel 1511 il castello viene dato completamente alle fiamme, probabilmente in occasione dei disordini sociali della Crudel Zobia Grassa. Dopo il disastro arriva un’altra ristrutturazione del complesso che viene abbellito con finestre con arco a sesto acuto e cornice in mattoni, e nuova pavimentazione; la sala nord al primo piano viene decorata con intonaco dipinto (siamo tra gli ultimi decenni del XVI secolo e i primi del XVII secolo). Poco dopo il complesso sarà abbellito ancora, con finestre quadrangolari con cornice in elementi lapidei squadrati di pietra. Le ultime importanti trasformazioni avvengono nel corso del XVIII, XIX e XX secolo.
L’indagine di Piuzzi ha consentito di fornire, oggi, importanti informazioni sui materiali costruttivi impiegati e sulla loro circolazione, sul livello tecnologico delle maestranze attive in cantiere, sulla cultura materiale del contesto. Lo scorso anno, nel settore sud-ovest è venuto alla luce un vano del Quattrocento sotto il quale è emerso uno strato più antico, costituito da carboni di legna e semi combusti, con la presenza di manufatti di ceramica, vetro e metallo.
“L’amministrazione comunale – sottolineano il sindaco Ennio Benedetti e il vicesindaco di Colloredo di Monte Albano, Luca Ovan – è grata alla famiglia di Caporiacco per l’eccezionale lavori di recupero svolto con tanta passione. Un’opera di valorizzazione del territorio e di recupero della sua storia: un pezzo delle vicende che hanno segnato profondamente il paese di Caporiacco e di Colloredo è oggi riconsegnata alla comunità e a tutto il Friuli”. A chiusura cantieri, tutt’ora in corso, la Casa del Frate, già ultimata e attrezzata, sarà concessa in uso al Municipio per attività culturali, presentazioni ed eventi. Un esempio mirabile di iniziativa privata a favore del pubblico inteso nel senso più ampio del termine.
“Le fasi di costruzione e distruzione del castello sono caratterizzate da profonde trasformazioni che hanno sconvolto, spesso radicalmente, il sito più antico – spiega Piuzzi -. Il motivo, come in parte si deduce dalle rare notizie storiche, è da ricercarsi nei numerosi conflitti in cui sono stati coinvolti i nobili di Caporiacco e a cui sono spesso seguiti assedi, occupazioni e distruzioni del complesso fortificato”.
Ma quali sono le fasi di vita e trasformazione del castello?
All’inizio fu costruita la “prima versione”, un’opera ben fortificata, nel settore nord del rilievo. A sud, invece, fuori della cinta principale, sono state erette strutture per attività artigianali: erano edifici di servizio in legno, poi distrutti dal fuoco; qui si stoccavano le derrate alimentari (semi e frutti) e la datazione con il metodo del Carbonio 14, soprattutto dei semi carbonizzati, unita allo studio dei reperti, ha permesso di datare il rogo intorno alla metà del Trecento.
Di seguito l’indagine archeologica mette in luce la completa ristrutturazione del luogo, dopo un evento traumatico, forse un assedio distruttore. Nel 1511 il castello viene dato completamente alle fiamme, probabilmente in occasione dei disordini sociali della Crudel Zobia Grassa. Dopo il disastro arriva un’altra ristrutturazione del complesso che viene abbellito con finestre con arco a sesto acuto e cornice in mattoni, e nuova pavimentazione; la sala nord al primo piano viene decorata con intonaco dipinto (siamo tra gli ultimi decenni del XVI secolo e i primi del XVII secolo). Poco dopo il complesso sarà abbellito ancora, con finestre quadrangolari con cornice in elementi lapidei squadrati di pietra. Le ultime importanti trasformazioni avvengono nel corso del XVIII, XIX e XX secolo.
L’indagine di Piuzzi ha consentito di fornire, oggi, importanti informazioni sui materiali costruttivi impiegati e sulla loro circolazione, sul livello tecnologico delle maestranze attive in cantiere, sulla cultura materiale del contesto. Lo scorso anno, nel settore sud-ovest è venuto alla luce un vano del Quattrocento sotto il quale è emerso uno strato più antico, costituito da carboni di legna e semi combusti, con la presenza di manufatti di ceramica, vetro e metallo.
“L’amministrazione comunale – sottolineano il sindaco Ennio Benedetti e il vicesindaco di Colloredo di Monte Albano, Luca Ovan – è grata alla famiglia di Caporiacco per l’eccezionale lavori di recupero svolto con tanta passione. Un’opera di valorizzazione del territorio e di recupero della sua storia: un pezzo delle vicende che hanno segnato profondamente il paese di Caporiacco e di Colloredo è oggi riconsegnata alla comunità e a tutto il Friuli”. A chiusura cantieri, tutt’ora in corso, la Casa del Frate, già ultimata e attrezzata, sarà concessa in uso al Municipio per attività culturali, presentazioni ed eventi. Un esempio mirabile di iniziativa privata a favore del pubblico inteso nel senso più ampio del termine.