Il Museo Archeologico Nazionale di Cividale ha sede dal 1990 nel cinquecentesco Palazzo dei Provveditori Veneti, trasformato dal Ministero per i Beni Culturali dopo lunghi restauri in un articolato contenitore museale.
Le collezioni archeologiche avevano iniziato a formarsi tra gli anni 1817 e 1826 grazie ai numerosi scavi finanziati dall’imperatore d’Austra ed eseguiti in città e nel territorio circostante dal canonico conte Michele della Torre Valsassina. Nel periodo successivo le raccolte aumentarono grazie a donazioni ed a ritrovamenti fortuiti, come ad esempio quello della tomba detta “del duca Gisulfo” rinvenuta nel 1874 in Piazza Paolo Diacono. Dalla fine dell’800 il Museo ebbe come sede anche il Palazzo de Nordis dove l’allora direttore conte Alvise Zorzi curò la prima coerente sistemazione delle raccolte. Il Museo, da Regio divenuto Statale, accolse in seguito ingente materiale sua archeologico da scavi in città e nel territorio, che archivistico (del Capitolo e del Municipio), inoltre oggetti d’arte e documenti storici. Dal 2001 è stato assegnato alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del FVG ed è pertanto destinato ad accogliere prevalentemente materiale archeologico sviluppando soprattutto la sezione di archeologia longobarda per cui è tra i più importanti d’Italia.
L’attuale esposizione comprende, nel piano terra e nel cortiletto retrostante il palazzo, una esposizione prevalentemente lapidaria che illustra la storia della città dall’età romana all’età patriarcale; il piano nobile espita i ricchissimi corredi funebri altomedievali di Cividale e del territorio del primo ducato longobardo d’Italia. All’ultimo piano è consultabile la sezione bibliotecaria e archivistica.
L’edificio fu progettato da Andrea Palladio e costruito tra il 1565 ed il 1596. Vi risiedettero i magistrati dipendenti direttamente dal Doge di Venezia che ressero per circa trecento anni Cividale. Insiste sui resti del Palazzo Patriarcale, che secondo fonti antiche fu costruito nell’VIII sec., insieme alla Chiesa ed al battistero di S. Giovanni, dal patriarca Callisto e fu la sede principale dei Patriarchi di Aquileia fino al 1200. Il palazzo, completamente ristrutturato in età bassomedievale, fu demolito a metà del XVI sec.
I resti, con gli altri edifici del complesso episcopale e la Gastaldaga, costituiscono il sito cividalese della rete Italia Langobardorum, dal 2012, inserito nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Nel piano interrato del Museo e nella vicina area archeologica sono visitabili i resti strutturali di varie fasi del Palazzo Patriarcale ed, all’esterno del muro di cinta rinforzato da una torre, quelli di alcune abitazioni tardoromane – altomedievali circondate da sepolture.
Cividale romana
Le notizie sulla storia, la vita amministrativa e l’organizzazione di Forum Iulii, una delle quattro città romane del FVG, si desumono in gran parte dai documenti epigrafici romani del lapidario del Museo: municipium dagli anni Quaranta del I sec. a.C., fu dotata di un territorio la cui ampiezza è tuttora discussa.
In età tardoimperiale il pericolo di invasioni accrebbe l’importanza strategica della città, che fu inclusa nei vari sistemi difensivi alpini; dopo l’invasione di Attila (metà del V sec.) divenne probabilmente sede del corrector (governatore della Venetia et Histria e, per il suo importante ruolo, fu prescelta dai Longobardi come capitale del primo ducato in Italia, dopo la loro discesa del 568. I dati della sua organizzazione urbana sono piuttosto labili: risulta infatti ancora incerta l’ubicazione dei principali edifici pubblici, in particolare del foro. I reperti portati alla luce dagli inizi dell’Ottocento e musealizzati sono infatti riferibili soprattutto ad abitazioni pravate, spesso con raffinati pavimenti a mosaico, databili per lo più alla prima età imperiale (fine I sec. a.C. – I d.C.), e necropoli (monumenti funerari, urne e corredi). Sono riferibili ad edifici sacri iscrizioni con dediche a Giove ed alla Fortuna
Augusta. Iscrizioni, bronzetti, un coperchio di thesaurous sono riferibili al culto di Ercole, venerato in un santuario posto su di un’altura a sud della città, di probabile origine preromana.
I frammenti scultorei e gli oggetti dell’arredo liturgico esposti nella seconda sezione del lapidario, insieme ai capolavori attualmente presenti al Museo Cristiano presso il Duomo ed il “Tempietto longobardo”, testimoniano la ricchezza della decorazione architettonica e dell’arredo nei luoghi di culto di Cividale tra VI e IX secolo.
Cividale bizantina, longobarda, carolingia.
Si tratta soprattutto di elementi dell’arredo del presbiterio: capitelli e colonnine, archetti di pergulae, cibori, teguri di fonti battesimali, plutei e pilastrini pertinenti a recinti. Il repertorio decorativo comprende motivi derivati dalla tarda antichità, spesso profondamente modificati nel corso del tempo (rosette, fuseruole, racerni), e motivi innovativi in buona parte riconducibili agli influssi germanici e orientali(tralci vegetali, motivi ad S, intrecci geometrici).
Alcuni reperti sono riferibili all’età paleocristiana, più numerosi sono quelli altomedievali inquadrabili in quattro grandi fasi, che corrispondono a precisi momenti di rinnovamento dell’apparato liturgico legati a ben definiti momenti storici: la rinascenza liutprandea e l’età di Callisto (712-756), l’età di Sigualdo (756-787), l’età carolingia (fine VIII-inizi IX sec.).
Nel Basso Medioevo, Cividale (Civitas Austriae), residenza stabile fino al 1238 del Patriarca – vassallo dell’imperatore di Germania e contemporaneamente vescovo metropolita – e poi nuovamente sede patriarcale tra il 1251 e 1274, era una delle città più importanti dello Stato patriarcale aquileiese. Alla decorazione dei palazzi di questo periodo storico vanno riferite le sculture presenti nella terza sezione del lapidario.
Cividale patriarcale.
Si tratta per lo più di pàtere e formelle, a decorazione prevalentemente zoomorfa, cui si aggiungono alcuni pilastrini “a colonnine”, mensolette d’arco, fregi e cornici architettoniche, in alcuni casi recanti ancora tracce dell’originaria policromia.
Il gruppo più numeroso comprende rilievi comunemente definiti “veneto-bizantini”, appartenenti ad una produzione che si sviluppò tra l’inizio dell’XI e l’inizio del XIV sec. d.C., che sono probabilmente appartenuti alla decorazione del Palazzo Patriarcale e di altre costruzioni del complesso episcopale. E’ questo il periodo in cui inizia ad essere attestata a Cividale la presenza di famiglie di religione ebraica: dal cimitero situato nel settore anticamente denominato “Giudaica”, a nord-est delle mura cittadine provengono numerose lastre tombali iscritte, alcune sicuramente di epoca bassomedievale.
I bronzi di Zuglio.
Alcuni elementi dell’apparato decorativo bronzeo del foro di Iulium Carnicum (Zuglio, in Carnia), città posta sulla via per il Norico e da cui in età romana dipendeva un ampio territorio alpino, vennero a far parte delle collezioni del Museo di Cividale già agli inizi dell’800. Vi si aggiunsero nel 1939 il ritratto nromzeo ed in seguito altri elementi decorativi, messi in luce durante gli scavi degli anni 1937-1938 e rinvenuti per lo più nel vano sottostante alla basilica civile, ove erano stati ammassati per la rifusione. Il restauro e gli studi condotti consentirono di compiere la ricomposizione e la rilettura di alcuni degli importanti reperti che vennero riesposti nel 1994.
L’attuale allestimento comprende le due iscrizioni che dovevano far parte del rivestimento di una o di due statue erette in onore di Gaio Bebio Attico, che ricoprì importanti incarichi sotto il principato di Claudio (41-54 d.C.), uno straordinario clipeo bronzeo con figura di togato, frammenti di altri due clipei e di altri elementi decorativi del foro, oltre che noto ritratto di un personaggio illustre di Iulium Carnicum di discussa attribuzione cronologica.
Il complesso, di eccezionale rilevanza, costituisce un unicum nell’ambito del patrimonio artistico dell’Italia romana.
L’archeologia funeraria di età longobarda.
All’archeologia funeraria di età longobarda in Friuli è dedicato quasi l’intero piano nobile del Museo. L’esposizione è preceduta da pannelli che illustrano il percorso dalla Scandinavia all’Italia del popolo nordico ed il contesto storico-geografico in cui avvennero i grandi spostamenti di popolazioni barbare dopo la fine dell’Impero romano d’Occidente.
Nelle sale 1-7 che conservano con alcune modifiche e aggiornamenti l’allestimento curato nel 1990 per la grande mostra internazionale I Longobardi, è possibile seguire l’evoluzione dei costumi funerari e dell’artigianato artistico a Cividale e nel ducato longobardo del Friuli per quasi tre secoli: dall’arrivo nel 568 d.C. della popolazione germanica a Forum Iulii, che divenne capitale del primo ducato d’Italia, fino all’elaborazione della tipica arte longobarda d’Italia ed alla sua evoluzione in età carolingia.
Nel salone centrale l’allestimento inaugurato nel 2012 e dedicato alla necropoli sulla collina di S. Mauro, la più settentrionale tra quelle che cingono a nord Cividale, ne costituisce l’introduzione. E’ stato ricreato idealmente un settore del sepolcreto scavato dal 1994 al 1998.
Gli oggetti di abbigliamento e le offerte di dieci sepolture sono poste su sagome nella posizione di rinvenimento, in vetrine orientale ovest-est. Ricostruzioni grafiche e pannelli permettono di interpretare i corredi esposti e di riconoscere sesso, età, ruolo del defunto ed epoca della deposizione.
I corredi, caratteristici del modello culturale longobardo, e databili alle prime fasi dell’immigrazione in Italia, sono per lo più di eccezionale ricchezza e testimoniano l’alto livello sociale del gruppo ivi sepolto: guerrieri di alto rango deposti con l’intero equipaggiamento militare, dame di livello sociale elevato con oggetti d’ornamento in oro, argento e pietre dure tipici del costume tradizionale attestato già in Pannonia; bambini con corredi comprendenti anche armi e gioielli tradizionali.
Cividale. La necropoli sulla collina di S. Mauro.
L’evoluzione sociale e culturale dei gruppi longobardi stanziati a Cividale e lo sviluppo dell’arte orafa sono leggibili negli straordinari oggetti di corredo delle altre necropoli nobiliari poste all’esterno delle mura cittadine: Cella – S. Giovanni, Gallo, S. Stefano in Pertica, Ferrovia, frutto purtroppo di recuperi e di scavi parziali.
Nella grande necropoli di Cella – San Giovanni è testimoniata la continuità d’uso da parte dei Longobardi di una necropoli romana.
La necropoli Gallo, Ferrovia e S. Stefano in Pertica furono luogo di seppellimento della generazione immigrata ma utilizzata anche in fasi successive. Significativi i ricchissimi corredi della fine del VI – inizi del VII sec. della necropoli di S. Stefano. Spiccano in particolare le nove croci auree, i galloni di broccati in oro che ornavano le vesti e le splendide guarnizioni auree e in ferro ageminato che ornavano le cinture reggiarmi, la grande fibula a staffa della tomba 27.
Cividale. Necropoli suburbane e sepolture urbane.
Di grande suggestione è la saletta che ospita il sarcofago romano di reimpiego e l’eccezionale corredo databile intorno alla metà del VII sec., rinvenuto nel 1874 nel centro di Cividale, in Piazza Paolo Diacono.
Si tratta di un significativo esempio di sepoltura inserita nello spazio urbano, presumibilmente presso il Palazzo già sede del corrector. Tradizionalmente è attribuita a Gisulfo, primo duca longobardo del Friuli, come indicherebbe anche la scritta Cisul incisa sul coperchio del sarcofago, sulla cui autenticità tuttavia esistono più riserve che certezze.
Il territorio del ducato tra età longobarda e carolingia.
Il popolamento, assai variegato, del ducato del Friuli e l’organizzazione, in buona parte militare, del territorio, che si vanno riscoprendo grazie a numerose ricerche in corso, sono rispecchiati dai reperti delle ultime due sale del piano nobile.
I siti di interesse strategico per i Longobardi (castra, luoghi posti a controllo di strade) sono contraddistinti da presenze di nobili in armi: si vedano in particolare San Salvatore di Maiano, e Magnano in Riviera (corredo da cavaliere con anello sigillare in oro con incastonato un solido bizantino), Rodeano Alto. Nobili longobardi sono presenti nelle fasi più antiche della necropoli di Romans d’Isonzo, oggetto di scavo sistematico da parte della Soprintendenza, che mostra caratteri locali, soprattutto nelle fasi più tarde.
Il costume tipico delle popolazioni romanze, derivato per lo più da quello tardoantico, caratterizza alcune necropoli e abitati di ambito alpino come Liariis di Ovaro e il castrum di Invillino – Col Santino in Carnia nonchè le necropoli dell’alto pordenonese (Erto) e del Bellunese (Voltago).
Da questi territori periferici provengono anche importanti oggetti devozionali eredi della metallurgia longobarda in età carolingia: si vedano la magnifica croce processionale dalla basilica di Invillino – Col di Zucca e i due elementi (croce e placchetta con scena dei magi) di probabile produzione cividalese da San Zenone di Lestans nella pedemontana pordenonese.
Aurei longobardi.
Chiude l’esposizione l’importantissima collezione di monete d’oro, acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone e concessa in comodato alla Soprintendenza. Consta di 56 aurei, taluni rarissimi, ed è considerata tra le più importanti collezioni al mondo di monete longobarde sia per numero che per importanza.
Info:
MAN, Piazza Duomo, 13 – 33043 Cividale del Friuli (Ud)
tel. 0432700700, fax 0432700751; e-mail: museoarcheocividale@beniculturali.it
Biglietto intero: € 4,00; ridotto: € 2,00 per i cittadini dei paesi UE di età compresa tra i 18 ed i 25 anni; gratuito per i cittadini dei paesi UE minori di 18 anni e superiori ai 65 anni; biglietto integrato tre musei di Cividale del Friuli: € 9,00.
Orari: lunedì 9/14,00; da martedì a domenica e festivi: 8,30/19,30. L’ingresso chiude sempre 30 minuti prima.
Fonte: MAN Cividale del Friuli.