Il monastero di Santa Maria in Valle continua a restituire straordinarie – ed estremamente variegate – testimonianze del proprio passato, in numero tale e di portata così significativa che l’operazione di scavo in corso nell’ex convento può essere catalogata come una delle più importanti mai eseguite, su scala nazionale, negli antichi luoghi della spiritualità.
Gli stessi archeologi sono sbalorditi dalla mole di reperti che giace sotto l’attuale piano di calpestio.
E se la scoperta “regina” è stata, mesi fa, il muraglione romano celato dall’ala settecentesca di Santa Maria in Valle, quelle compiute negli ultimi tempi non sono da meno.
Nel locale più vicino alla chiesa di San Giovanni, nel blocco d’immobile destinato a trasformarsi in centro visite, fra una miriade di resti murari – stratificazione che racconta l’incessante evoluzione edilizia del complesso – è emersa per esempio, a una profondità di un metro e 70 centimetri, una rara sepoltura infantile, che insieme ad altre tre fosse (di adulti) attesta l’utilizzo cimiteriale dell’area.
Una ricercata cassa in pietra, perfettamente conservata e accuratamente coperta con un lastrone, custodiva le spoglie di un bimbo di 18-24 mesi.
«È difficile datarla con precisione – spiega l’archeologo Luca Villa, che dirige gli scavi –, ma di certo è antichissima, la si può attribuire al periodo altomedievale. La raffinatezza del contenitore, profondo una quarantina di centimetri, è indizio del fatto che si trattava di una tomba illustre: lo confermano due, forse tre buchi in cui certamente erano collocati alcuni segnacoli».
Sul piccolo scheletro indagheranno, ora, gli antropologi, che potranno probabilmente arricchire il quadro delle prime ricostruzioni.
Incredibilmente ricco, però, si è rivelato pure il substrato della sezione orientale del chiostro, dalla quale sono affiorate le tracce più remote del sito, che rimandano alla gastaldaga.
È stato riportato alla luce un reticolo fittissimo di murature di varia epoca, con orientamento diverso rispetto alla struttura settecentesca; e su un piano in battuto d’età altomedievale gli esperti hanno individuato un focolare, che apparteneva a un ambiente della fase della gastaldaga appunto, sorto prima del tempietto longobardo.
Rinvenuti – per citare soltanto due ulteriori casi, nella miriade di spunti che offre il contesto – pure una canaletta di scolo cinquecentesca e, nella cantina settecentesca del convento, un selciato in pendenza, via di collegamento con l’esterno.
La sfida per l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Stefano Balloch, che ha promosso e finanziato l’intervento d’intesa con la Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia e il Man, è adesso quella di lasciare a vista il maggior numero possibile di “tesori”.
Autore: Lucia Aviani
Fonte: www.messaggeroveneto.it, 14 ott 2016