Aveva 5 anni quando morì. I familiari lo seppellirono, 3400 anni fa, con l’oro delle élite. Sul suo petto fu posta una collana. In testa gli fu messa un tiara d’oro. E per i lungo viaggio, il piccolo fu dotato anche di un paio di orecchini preziosi.
Oggi, la parola “tiara” è spesso usata come sinonimo della parola “diadema”. Entrambe le parole provengono da ornamenti del capo indossati da uomini e donne antichi per denotare uno status sociale elevato.
La distinzione – e pertanto orecchini, tiara e collana – avevano un peso, evidentemente, nei colloqui tra i defunti e le divinità infere. Mostrare di appartenere a un famiglia importante, che aveva affrontato, grazie a un’emancipazione economica e culturale, un percorso di distanziamento progressivo dalle radici biologiche brutali doveva essere particolarmente importante, nel viaggi dell’Aldilà.
Forse si sarebbero aperte porte che, per altri, sarebbero rimaste chiuse. Forse questi segni avrebbero aiutato il bambino – in questo caso – ad essere accolto con rispetto. E comunque fosse, l’oro avrebbe potuto essere utilizzato, dal piccolo defunto, come moneta universale, anche nel mondo capovolto. Capacità di intermediazione. E rispetto.
Lo stesso che, evidentemente, in terra gli era stato riservato dalla servitù e dai membri della società di un periodo che ruota attorno al perno temporale del 1350 a.C.
Per quanto concerne i corpi, essi venivano inumati in tombe di famiglia. Nessuno doveva stare solo.
“I reperti identificati ci consentono di affermare che si tratta di tombe di famiglia per l’élite dominante della città. Lo scheletro di bambino di cinque anni con una collana d’oro, orecchini d’oro e una tiara d’oro apparteneva probabilmente a famiglia potente e benestante”, afferma il professor Peter Fischer, responsabile degli scavi condotti a Cipro, ad Hala Sultan Tekke.
La necropoli dell’Età del Bronzo, che accolse i corpi di più generazioni della stessa famiglia, è stata trovata in campagna, in ipogei rilevati grazie all’azione dei georadar, che hanno segnalato la presenza delle cavità-.
“Un’indagine magnetometrica e radar su larga scala, condotta da noi, ha indicato cavità sotto la superficie in un’area a est della città ed è stato dimostrato in precedenti ricerche che questi vuoti sotterranei sono passaggi che portano a camere sepolcrali”, afferma Peter Fischer, Professore di archeologia che guida la spedizione svedese insieme alla collega Teresa Bürge, entrambi dell’Università di Göteborg.
L’antica città, che si estende per circa 50 ettari, si trovava sulla riva del lago salato di Larnaca, vicino all’aeroporto, che era il porto della città durante l’età del bronzo. Successivamente, il sollevamento isostatico separò il porto dal mare e ciò potrebbe aver contribuito all’abbandono della città intorno al 1150 aC.
“La situazione protetta del porto ha aiutato Hala Sultan Tekke a diventare una metropoli commerciale per 500 anni, con contatti a lunga distanza evidenti dall’abbondante materiale trovato” – afferma Peter Fischer. -“La guerra e il cambiamento climatico, combinati con il sollevamento isostatico, hanno portato alla scomparsa della città”.
Possiamo immaginare il luogo come una città industriale e commerciale. Un grande porto favoriva gli scambi di merci con i Paesi più lontani. Fiorente industrie del rame e del bronzo lavoravano i metalli per l’esportazione. La città doveva essere bellissima, ma, a quei tempi molto inquinata.
Tonnellate e tonnellate di scorie di rame hanno dimostrato la presenza di centri produttivi su larga scala, con sottoprodotti di piombo e arsenico. Una prosperità economica che non si traduceva in condizioni di vita in grado di agire sulla longevità.
Il tasso di mortalità tra i bambini e i giovani era molto alto e – da ciò che è emerso in questi scavi – “una persona di circa 40 anni era tra le più anziane”.
L’antica città, che si estende per circa 50 ettari, si trovava sulla riva del lago salato di Larnaca, vicino all’attuale scalo aereo, che era il porto della città durante l’età del bronzo.
“La situazione protetta del porto ha aiutato Hala Sultan Tekke a diventare una metropoli commerciale per 500 anni, con contatti a lunga distanza evidenti dall’abbondante materiale trovato”, afferma Peter Fischer. La guerra e il cambiamento climatico, combinati con il sollevamento isostatico, hanno portato alla scomparsa della città”.
Oltre agli scheletri di 155 individui, il team ha trovato anche 500 oggetti. Gli scheletri e gli oggetti funerari rituali erano disposti a strati sopra l’altro, a dimostrazione del fatto che le tombe furono utilizzate per diverse generazioni.
La natura di snodo portuale e commerciale su vasta scala ha portato al ritrovamento, nelle tombe, di materiale prezioso e corredi funebri nei quali si evidenziano anche gioielli egizi o ceramiche della Sardegna. O, ancora, grani d’ambra provenienti dal nord Europa.
Tra i gioielli anche pezzi che si riferiscono ai tempi Nefertiti, la regina che governò l’antico Egitto tra il 1353 e il 1336 a.C. Gli interscambi fecero confluire qui – e sono stati portati alla luce durante gli scavi – oro, pietre preziose e ceramiche scarabei intarsiati con geroglifici. Confrontandoli con reperti simili provenienti dall’Egitto, gli archeologi sono stati anche in grado di datare i gioielli.
“I confronti mostrano che la maggior parte degli oggetti di cultura egizia trovati a Cipro risalgono a Nefertiti e a suo marito Echnaton, intorno al 1350 aC Come un ciondolo d’oro che abbiamo trovato: un fiore di loto con gemme intarsiate. Nefertiti indossava gioielli simili”.
Un ritrovamento particolarmente importante è un sigillo a forma di cilindro realizzato con ematite, che reca un’iscrizione cuneiforme proveniente dalla Mesopotamia (l’attuale Iraq), che gli archeologi sono stati in grado di decifrare.
“Il testo è composto da tre righe e menzionato tre nomi. Uno è Amurru, un dio adorato in Mesopotamia. – dice Fischer – Gli altri due sono re storici, padre e figlio, che recentemente siamo riusciti a rintracciare storicamente in altri testi su tavolette d’argilla della stessa epoca, cioè del XVIII secolo aC. Attualmente stiamo cercando di capire perché il sigillo sia finito a Cipro a più di 1000 chilometri da dove è stato realizzato”. Esistevano, nella zona, fondaci gestiti direttamente da esportatori. importatori che si erano qui trasferiti?
Interessanti saranno i risultati delle indagini del Dna condotte sui resti scheletrici. Saranno utilissime non solo per comprendere i collegamenti familiari tra i sepolti ma per capire se le comunità fossero caratterizzate dall’immissione di presenze straniere e se il porto commerciale avesse favorito uno mix multietnico o se i materiali appasrtenenti a molte culture fosse essenzialmente l’esclusivo risultato di un’intensa attività commerciale svolta su vasto raggio.
“Questo rivelerà come i diversi individui sono collegati tra loro e se ci sono immigrati di altre culture, il che non è improbabile considerando le vaste reti commerciali”, afferma Peter Fischer.
Fonte: www.stilearte.it, 12 dic 2021