Una spaventosa alluvione circa 1800 anni fa sconvolse «Carreum Potentia», la florida Chieri romana. Strariparono i torrenti dei dintorni. Dalla collina di San Giorgio si stacco’ un’impressionante massa di limo. Ricopri’ con un manto fangoso alto due metri parte della citta’.
Abbandonata dagli abitanti, divenne per secoli un deserto di ruderi, fino al 569 dopo Cristo, quando arrivarono alti e aitanti guerrieri longobardi, che la rifondarono. E’ una pagina di storia finora ignota al grande pubblico.
Ne parla un libro, curato dall’archeologa Gabriella Panto’, direttrice del Museo di Antichita’. S’intitola «Archeologia a Chieri. Da Carreum Potentia al Comune bassomedievale». Edito da Agit Mariogros, e’ promosso dal Comune di Chieri e dalla Soprintendenza guidata da Egle Micheletto.
E’ un’opera poderosa. Narra 30 anni di scavi archeologici condotti a Chieri, dai quali sono emerse le memorie dei suoi giorni antichi, infine pubblicati.
Perche’ solo ora?
«Volevamo – spiega Panto’ – concludere prima tutte le indagini. La storia di Carreum Potentia e’ rimasta silente fino a tempi recenti. Le prime vestigia della Chieri romana sono affiorate dal terreno negli scorsi Anni Settanta».
Com’era Chieri romana?
«Era piu’ piccola di Torino, ma benestante. Coloni romani la fondarono alla fine del I sec. a.C.. S’insediarono su un piu’ antico villaggio celto-ligure, gia’ presente da tre secoli sulla collina di San Giorgio. Eressero una citta’ con impianto fognario, servita da un acquedotto che da Pino alimentava una grande fontana. Si trovava in una vasta piazza rettangolare, porticata, con esedra al fondo».
Come si viveva?
«Carreum dominava la strada diretta a Asti e Tortona. Plinio la colloca fra le citta’ nobili della Gallia Cisalpina. Un suo cittadino, un pretoriano chiamato Lusius Proculus, fece carriera militare a Roma. Altri vivevano di commercio, agricoltura e viticoltura. Abbiamo trovato anche un’anfora che spacciava un vino locale per un piu’ blasonato e prezioso vino greco>>.
Cosi’ fu fino all’alluvione?
«Si’, tutto fini’ a all’improvviso. Gli abitanti abbandonarono le case distrutte, Ne costruirono altre nei dintorni, con materiali recuperati nella citta’ d’origine. Rimase desolata per secoli>>.
Quando risorse?
«Nell’anno 569 arrivarono a Chieri i Longobardi. Erano alti anche un metro e novanta, accompagnati da donne appena piu’ basse. Abbiamo trovato le loro tombe, con i resti di 120 persone. Molti erano guerrieri. Lo dicono le ferite riscontrate sui resti. Occuparono il centro deserto di Carreum con capanne, divise da orti e recinti per animali. Poi, nella zona oggi occupata dall’ospedale di Santa Maria della Scala, fondarono una chiesa».
Che aspetto aveva?
«Era grande, ad aula unica, chiusa da un’abside. Misurava 43 metri per 13. Fu fondata con materiale di recupero romano, legato da argilla alluvionale. I muri erano in ciottoli, uniti da malta povera. L’interno era intonacato di bianco. Accoglieva i sepolcri di nobili famiglie longobarde. Quella piu’ importante aveva la tomba nell’abside, ai piedi dell’altare maggiore, che poggiava su una pietra di bionda arenaria, recuperata da un monumento funebre romano. All’esterno vi erano sepolture semplici, in nuda terra, ma con corredi».
Poi che cosa avvenne?
«La chiesa scomparve sotto l’impero dei Franchi, che riorganizzo’ le diocesi. Era una basilica privata. Fu demolita e le tombe nobiliari vennero svuotate. Fu risparmiata la chiesa di Santa Maria, l’attuale Duomo, dove riposavano longobardi d’umili origini, che si erano ormai meticciati con la popolazione locale. Quando nel 1037 il vescovo Landolfo di Torino rifondo’ la chiesa di Santa Maria, dell’altra si era gia’ persa ogni memoria».
Abbandonata dagli abitanti, divenne per secoli un deserto di ruderi, fino al 569 dopo Cristo, quando arrivarono alti e aitanti guerrieri longobardi, che la rifondarono. E’ una pagina di storia finora ignota al grande pubblico.
Ne parla un libro, curato dall’archeologa Gabriella Panto’, direttrice del Museo di Antichita’. S’intitola «Archeologia a Chieri. Da Carreum Potentia al Comune bassomedievale». Edito da Agit Mariogros, e’ promosso dal Comune di Chieri e dalla Soprintendenza guidata da Egle Micheletto.
E’ un’opera poderosa. Narra 30 anni di scavi archeologici condotti a Chieri, dai quali sono emerse le memorie dei suoi giorni antichi, infine pubblicati.
Perche’ solo ora?
«Volevamo – spiega Panto’ – concludere prima tutte le indagini. La storia di Carreum Potentia e’ rimasta silente fino a tempi recenti. Le prime vestigia della Chieri romana sono affiorate dal terreno negli scorsi Anni Settanta».
Com’era Chieri romana?
«Era piu’ piccola di Torino, ma benestante. Coloni romani la fondarono alla fine del I sec. a.C.. S’insediarono su un piu’ antico villaggio celto-ligure, gia’ presente da tre secoli sulla collina di San Giorgio. Eressero una citta’ con impianto fognario, servita da un acquedotto che da Pino alimentava una grande fontana. Si trovava in una vasta piazza rettangolare, porticata, con esedra al fondo».
Come si viveva?
«Carreum dominava la strada diretta a Asti e Tortona. Plinio la colloca fra le citta’ nobili della Gallia Cisalpina. Un suo cittadino, un pretoriano chiamato Lusius Proculus, fece carriera militare a Roma. Altri vivevano di commercio, agricoltura e viticoltura. Abbiamo trovato anche un’anfora che spacciava un vino locale per un piu’ blasonato e prezioso vino greco>>.
Cosi’ fu fino all’alluvione?
«Si’, tutto fini’ a all’improvviso. Gli abitanti abbandonarono le case distrutte, Ne costruirono altre nei dintorni, con materiali recuperati nella citta’ d’origine. Rimase desolata per secoli>>.
Quando risorse?
«Nell’anno 569 arrivarono a Chieri i Longobardi. Erano alti anche un metro e novanta, accompagnati da donne appena piu’ basse. Abbiamo trovato le loro tombe, con i resti di 120 persone. Molti erano guerrieri. Lo dicono le ferite riscontrate sui resti. Occuparono il centro deserto di Carreum con capanne, divise da orti e recinti per animali. Poi, nella zona oggi occupata dall’ospedale di Santa Maria della Scala, fondarono una chiesa».
Che aspetto aveva?
«Era grande, ad aula unica, chiusa da un’abside. Misurava 43 metri per 13. Fu fondata con materiale di recupero romano, legato da argilla alluvionale. I muri erano in ciottoli, uniti da malta povera. L’interno era intonacato di bianco. Accoglieva i sepolcri di nobili famiglie longobarde. Quella piu’ importante aveva la tomba nell’abside, ai piedi dell’altare maggiore, che poggiava su una pietra di bionda arenaria, recuperata da un monumento funebre romano. All’esterno vi erano sepolture semplici, in nuda terra, ma con corredi».
Poi che cosa avvenne?
«La chiesa scomparve sotto l’impero dei Franchi, che riorganizzo’ le diocesi. Era una basilica privata. Fu demolita e le tombe nobiliari vennero svuotate. Fu risparmiata la chiesa di Santa Maria, l’attuale Duomo, dove riposavano longobardi d’umili origini, che si erano ormai meticciati con la popolazione locale. Quando nel 1037 il vescovo Landolfo di Torino rifondo’ la chiesa di Santa Maria, dell’altra si era gia’ persa ogni memoria».
Autore: Maurizio Lupo
Fonte: La Stampa, 29/09/2010