Da lontano sembra quasi una casa degli Hobbit, ma quest’antichissima roccia nei pressi dell’odierna Chester è il luogo designato dagli antichi Romani di Britannia come un santuario alla Dea Minerva, divinità delle guerre giuste, dell’arte, della saggezza e protettrice degli artigiani. E’ proprio quest’ultima sua “vocazione” che la portò ad essere raffigurata a migliaia di chilometri di distanza da Roma, proteggendo i lavoratori che dalla cava di arenaria tagliavano e trasportavano i blocchi verso Deva Victrix, l’originario forte romano da cui prese poi vita l’odierna Chester.
Il santuario si trova precisamente nella zona di Handbridge, che è separata dall’antica Deva Victrix dal fiume Dee. I lavoratori della XX Legione Valeria Victrix (che completarono la costruzione di Deva Victrix dopo i primi lavori della II Legione Adiutrix) portavano i propri omaggi a Minerva e pregavano affinché li proteggesse dal loro rischioso lavoro.
I santuari alle divinità romane non erano rari nel vasto impero, ma una serie di fattori li hanno resi ormai rarissimi. Il tempo e il vandalismo, oltre al fanatismo religioso contro le divinità ritenute pagane, hanno portato alla loro quasi completa distruzione, e anche del santuario di Minerva a Chester ormai non rimane che l’ombra del suo antico splendore.
Un occhio attento però riesce a discernere la figura fiera che impugna una lancia e indossa l’elmo, mentre un gufo le è appoggiato sulla spalla destra. Le colonne di pietra e il tetto sono aggiunte del XIX secolo, realizzate nella speranza di preservare i resti della scultura da ulteriore usura.
A destra del santuario si trova una piccola apertura nota come Grotta di Edgar. Essa, come il parco in cui si trova, è chiamato così in onore di re Edgardo il Pacifico, re d’Inghilterra fra il 959 e il 975, che qui tenne un consiglio nell’anno 973.
Se vi trovate nei dintorni di Chester e sentite la necessità di rivolgere la parola a una Dea antichissima, nel verde parco di Chester troverete una sua rarissima (anche se un po’ sbiadita dal tempo) raffigurazione.
Autore: Matteo Rubboli
Fonte: vanillamagazine.it