A poco più di un mese dalla notizia del sensazionale ritrovamento di due nuove aree archeologiche a circa cento metri a sud della Villa del Casale, a Selinunte, nel trapanese, si annuncia una scoperta destinata anche questa volta a far riscrivere la storia.
Nel corso della campagna di scavi compiuta nell’ambito della convenzione tra il Dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, il Parco Archeologico di Selinunte e l’Institute of Fine Arts della New York University con l’équipe diretta dal professor Clemente Marconi, sono emersi, sotto il pavimento del tempio R, subito a sud di quello C, i resti di un grande tempio arcaico che, alla luce dei dati stratigrafici e dei materiali archeologici risulta essere il più antico dell’area di Selinunte, ma anche di quelli fin qui scavati in Sicilia.
Nei mesi scorsi erano già stati identificati parte del muro e del pavimento, adesso sono stati messi in luce due fori di palo di grandi dimensioni, probabilmente resti del colonnato centrale, presso i quali è stata rinvenuta ceramica datata intorno al 650-625 a.C., tra cui una lekythos (vaso dalla forma allungata) di stile protocorinzio con animali al pascolo.
Dallo scavo si evince che in età ellenistica, verso il 300 a.C., l’interno del tempio R è stato colmato con uno spesso riempimento di tegole, terra e anfore da trasporto, alto più di un metro. Il risultato è stato di avere integralmente sigillato i livelli arcaici e classici del tempio, facendo oggi ritrovare perfettamente conservato il piano pavimentale del V secolo, con abbondanti tracce di incendio e devastazione, e nel quale si sono rinvenute punte di frecce, riferibili alla presa cartaginese della città nel 409 a. C., ma anche i frammenti di una lekythos attica a fondo bianco (circa 480 a.C.) confrontabile in stile con analoghe opere del pittore Douris, o i frammenti delle terrecotte architettoniche policrome del tempio C e di altri edifici arcaici dell’Acropoli.
Particolarmente leggibile il piano pavimentale di età arcaica, che includeva, accuratamente incastrata all’interno della cella, una statuetta in terracotta della dea del tempio (Demetra), con basso polos e ampio mantello, databile al 570 a. C. Sempre all’interno della cella, contro i muri est e sud dell’edificio, sono state rinvenute numerose offerte votive che includono un numero significativo di vasi con funzione rituale, ceramica importata e terrecotte figurate, armi in ferro e in bronzo, ed elementi di ornamento personale, come braccialetti e vaghi di collana o un pendente configurato a torello di produzione egizia o fenicia.
Ben conservato per due terzi della lunghezza originaria, spicca un flauto in osso, deposto attorno al 570 a.C. assieme ad un piccolo vaso corinzio. La dedica del flauto fa chiaramente riferimento a spettacoli musicali e danze collegate al culto della dea, raffigurate su una serie di vasi corinzi dedicati nell’area del tempio R.
Caterina Greco, direttrice del parco archeologico di Selinunte, commenta per noi la scoperta: «Eccezionale per la nostra conoscenza non solo dell’area di studio, ma anche e soprattutto della storia del sito archeologico nella sua totalità. Disponiamo, infatti, di elementi per parlare dell’insediamento protocoloniale sulla collina della cosiddetta acropoli di Selinunte e i dati cronologici (la splendida lekythos del protocorinzio medio o al più tardo) e tipologici (tempio con colonnato interno ligneo, di cui restano i fori di palo) ci riportano a una datazione al 650-630 a.C., che sembrerebbe a questo punto coincidere con la più antica data che le fonti (Diodoro Siculo) ci documentano per la fondazione della colonia di Selinunte. Di particolare interesse l’architettura assai arcaica del primo edificio sacro, che ricorda un raro esempio nell’agorà di Megara Hyblaea (colonia madre di Selinunte), e attestazioni altrettanto arcaiche della Grecia propria (Eubea, Corinto). I nuovi scavi documentano inoltre che i depositi stratigrafici dell’acropoli selinuntina, sostanzialmente intatti per le fasi arcaiche, potranno in futuro svelarci altre sorprese riguardo le fasi più antiche della fondazione megarese».
Caterina Greco sottolinea poi la novità di «una sinergia (fondi della New York University e coordinamento della direzione del Parco) che a Selinunte ha prodotto i primi frutti di un moderno modello di gestione dell’indagine scientifica». Per concludere con «un apprezzamento alla squadra guidata dal professor Marconi, in cui operano fianco a fianco archeologi, architetti, antropologi, restauratori, disegnatori, esperti informatici, un gruppo in grado di elaborare e di disporre in tempo reale dei dati giornalmente acquisiti sul campo».
«Le ulteriori ricerche, spiega quindi proprio Marconi, potranno fornire nuovi chiarimenti circa le dimensioni e la pianta dell’edificio», ma la scoperta dimostra già «come la costruzione dei templi delle principali divinità della polis fosse uno degli atti eseguiti alla fondazione delle colonie, e non piuttosto un fenomeno di una o due generazioni più tardi, come suggerito dalla letteratura più recente».
Infine, l’ex assessore Beni culturali Sebastiano Missineo (dimessosi il 12 luglio, sostituito da Amleto Trigilio, maggiori particolari ne «Il Giornale dell’Arte» di settembre) ha sottolineato come l’importante risultato sia dovuto al «ruolo innovativo dei parchi archeologici (istituiti nel 2010, Ndr) nel settore dello sviluppo della cultura e della ricerca».
Nel corso della campagna di scavi compiuta nell’ambito della convenzione tra il Dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, il Parco Archeologico di Selinunte e l’Institute of Fine Arts della New York University con l’équipe diretta dal professor Clemente Marconi, sono emersi, sotto il pavimento del tempio R, subito a sud di quello C, i resti di un grande tempio arcaico che, alla luce dei dati stratigrafici e dei materiali archeologici risulta essere il più antico dell’area di Selinunte, ma anche di quelli fin qui scavati in Sicilia.
Nei mesi scorsi erano già stati identificati parte del muro e del pavimento, adesso sono stati messi in luce due fori di palo di grandi dimensioni, probabilmente resti del colonnato centrale, presso i quali è stata rinvenuta ceramica datata intorno al 650-625 a.C., tra cui una lekythos (vaso dalla forma allungata) di stile protocorinzio con animali al pascolo.
Dallo scavo si evince che in età ellenistica, verso il 300 a.C., l’interno del tempio R è stato colmato con uno spesso riempimento di tegole, terra e anfore da trasporto, alto più di un metro. Il risultato è stato di avere integralmente sigillato i livelli arcaici e classici del tempio, facendo oggi ritrovare perfettamente conservato il piano pavimentale del V secolo, con abbondanti tracce di incendio e devastazione, e nel quale si sono rinvenute punte di frecce, riferibili alla presa cartaginese della città nel 409 a. C., ma anche i frammenti di una lekythos attica a fondo bianco (circa 480 a.C.) confrontabile in stile con analoghe opere del pittore Douris, o i frammenti delle terrecotte architettoniche policrome del tempio C e di altri edifici arcaici dell’Acropoli.
Particolarmente leggibile il piano pavimentale di età arcaica, che includeva, accuratamente incastrata all’interno della cella, una statuetta in terracotta della dea del tempio (Demetra), con basso polos e ampio mantello, databile al 570 a. C. Sempre all’interno della cella, contro i muri est e sud dell’edificio, sono state rinvenute numerose offerte votive che includono un numero significativo di vasi con funzione rituale, ceramica importata e terrecotte figurate, armi in ferro e in bronzo, ed elementi di ornamento personale, come braccialetti e vaghi di collana o un pendente configurato a torello di produzione egizia o fenicia.
Ben conservato per due terzi della lunghezza originaria, spicca un flauto in osso, deposto attorno al 570 a.C. assieme ad un piccolo vaso corinzio. La dedica del flauto fa chiaramente riferimento a spettacoli musicali e danze collegate al culto della dea, raffigurate su una serie di vasi corinzi dedicati nell’area del tempio R.
Caterina Greco, direttrice del parco archeologico di Selinunte, commenta per noi la scoperta: «Eccezionale per la nostra conoscenza non solo dell’area di studio, ma anche e soprattutto della storia del sito archeologico nella sua totalità. Disponiamo, infatti, di elementi per parlare dell’insediamento protocoloniale sulla collina della cosiddetta acropoli di Selinunte e i dati cronologici (la splendida lekythos del protocorinzio medio o al più tardo) e tipologici (tempio con colonnato interno ligneo, di cui restano i fori di palo) ci riportano a una datazione al 650-630 a.C., che sembrerebbe a questo punto coincidere con la più antica data che le fonti (Diodoro Siculo) ci documentano per la fondazione della colonia di Selinunte. Di particolare interesse l’architettura assai arcaica del primo edificio sacro, che ricorda un raro esempio nell’agorà di Megara Hyblaea (colonia madre di Selinunte), e attestazioni altrettanto arcaiche della Grecia propria (Eubea, Corinto). I nuovi scavi documentano inoltre che i depositi stratigrafici dell’acropoli selinuntina, sostanzialmente intatti per le fasi arcaiche, potranno in futuro svelarci altre sorprese riguardo le fasi più antiche della fondazione megarese».
Caterina Greco sottolinea poi la novità di «una sinergia (fondi della New York University e coordinamento della direzione del Parco) che a Selinunte ha prodotto i primi frutti di un moderno modello di gestione dell’indagine scientifica». Per concludere con «un apprezzamento alla squadra guidata dal professor Marconi, in cui operano fianco a fianco archeologi, architetti, antropologi, restauratori, disegnatori, esperti informatici, un gruppo in grado di elaborare e di disporre in tempo reale dei dati giornalmente acquisiti sul campo».
«Le ulteriori ricerche, spiega quindi proprio Marconi, potranno fornire nuovi chiarimenti circa le dimensioni e la pianta dell’edificio», ma la scoperta dimostra già «come la costruzione dei templi delle principali divinità della polis fosse uno degli atti eseguiti alla fondazione delle colonie, e non piuttosto un fenomeno di una o due generazioni più tardi, come suggerito dalla letteratura più recente».
Infine, l’ex assessore Beni culturali Sebastiano Missineo (dimessosi il 12 luglio, sostituito da Amleto Trigilio, maggiori particolari ne «Il Giornale dell’Arte» di settembre) ha sottolineato come l’importante risultato sia dovuto al «ruolo innovativo dei parchi archeologici (istituiti nel 2010, Ndr) nel settore dello sviluppo della cultura e della ricerca».
Autore: Silvia Mazza
Fonte: Il Giornale dell’Arte.com, edizione online, 21/07/2012