Giovanni Semerano neppure sarebbe d’accordo con l’espressione ‘archeologia linguistica’, che pare un ossimoro, una contraddizione. Lui si dichiarava ‘linguista storico’. «O si capisce o non si capisce» sembra essere il credo del linguista: che cosa racconti se non hai capito?
Io racconto degli indizi. Ho visto, camminando sulla sabbia del tempo, fuoriuscire dalla superficie apparente delle cuspidi, che sembrano apici di piramidi (i nomi degli dèi). Questi indizi segnano l’orientamento dell’ordine delle varie lingue, che sono i sistemi di mattoni che stanno sotto alle piramidi.
Semerano, in realtà, potrebbe venir chiamato ‘onomasiologo’ ovvero studioso del significato dei nomi nelle varie lingue. Ovvero: ci mostra i mattoni; ma non sembra aver individuato bene le piramidi originali.
Io, da sociologo, mi sono addentrato in una onomasiologia speciale, ovvero nella ‘teonomasiologia’, cioè nello studio comparato dei nomi degli dèi –parole che durano millenni-. La loro durata va oltre la vita delle lingue; è tale da indicarci l’ordine delle piramidi (non l’accado, ma il sumero-accado sono le prime piramidi. E sono fonti nonne della nostra lingua).
Una specializzazione così singolare che, però, sembra non interessare a nessuno.
A che cosa serve? Perché dovremmo perder tempo in una cosa così?
Proviamo a rispondere.
L’etimologia è la direttrice dello studio che risponde alla domanda: -Qual è il significato vero, cioè originario di una parola?-.
All’interno di una lingua il significato corrente di una parola è quello più frequentemente riferito dalla maggioranza dei parlanti quella lingua. La stessa parola porta anche altri significati validi per gli specialisti di un ramo oppure in via di obsolescenza per tutti, ma non ancora perduti.
In realtà nulla si crea e nulla si distrugge nei significati di una parola, che può esser vista come una carota temporale. La memoria è ME MUR IA, luogo di vita-morte del ME, il nome che dà nome a tutti i nomi. Quando si dimentica poi ci si dichiarerà inventori di un significato perduto (come fanno certe avanguardie della lingua).
Così come il geologo ricercatore cava dal ghiaccio dell’Antardide una carota geologica capace di mostrarci strato per strato gli accadimenti passati della Terra, allo stesso modo si può esaminare la stratificazione di significati su di una parola.
Abbiamo fatto questo con ‘amore < amor < A MUR’.
A MUR è, secondo noi, ‘seme della vita-morte’.
Questo ultimo significato archeologico è capace di darci ragione forse dei motivi profondi che muovono e concludono i grandi amori della storia, ma è poco utile probabilmente per guidarci nelle scelte quotidiane.
E’ necessario collocare la parola in una rete di termini ben compresi in tutte le loro sfumature per averne un’utilità pratica. Ciò è possibile, in italiano, per un italiano colto in dialogo con un italiano colto. Con un vocabolario ricco di oltre 300.000 significanti il significato correrà univoco tra due parlanti che lo conoscono bene.
Immaginiamo ora lo stesso dialogo, che sarà per forza del tutto ipotetico tra un originario parlante il latino classico ed un italiano capace di esprimersi in latino. La cosa è possibile, ma difficoltosa perché le parole latine hanno perduto almeno le sfumature dei significati.
Facciamo un salto ulteriore; un italiano moderno cerca il dialogo con un prelatino, etrusco, paleoveneto o di altra regione italiana. I pochi riferimenti noti non sembrano consentire questo dialogo. Se poi, con uno sforzo ulteriore, immaginiamo che il colloquio si imposti con un sumero-accado ci viene a mancare anche il consenso per questa ipotesi di essere umano: un parlante una lingua fusione di due lingue storiche.
In conclusione: ogni lingua è unica come una è la madre di ognuno di noi. E’ gran cosa conoscere bene la nostra madrelingua per ridurre gli equivoci nella comunicazione.
Di fronte all’emergenza di equivoci è utile sondare la carota storica ed archeologica che sta sotto alla parola dubbia per cercar di rimuovere l’equivoco.
Se concordiamo sulla fonte (SAG) arriveremo a concordare sulla foce (US).
E saremo saggi.
Autore: Carlo Forin