Antares è il nome, provato da un documento del 1435, del monte Altare a Vittorio Veneto. Il suo collegamento con la stella –a 500 anni luce dal Sole- ha spinto l’autore a cercare in un cammino tra i nomi degli dèi che narra che la lingua ha fatto un percorso storico diverso da quello che raccontano le idee dominanti.
Narro < Narru, uno dei nomi del dio sovrano degli Accadi, En Lil/Antarish. La ricerca di Antares ha fatto emergere il filo: italiano < latino < sumero-accado e ridà vita all’archeologia linguistica.
Indice della pubblicazione:
Indoeuropeismo e Teonomasiologia: Etimo indoeuropeo; Antares; lo studio del nome di un dio: teonomasiologia;
RA SH NA: Ant, formica; Falso dio? Tages; i nomi degli dèi nel fegato; collocazione della società etrusca; Saturno
Monte de Antares e Colo Maledico – Documento Bertucio Nigro.
Saggio di glossario e Bibliografia.
Edizione Collecta, Vittorio Veneto 2005, pp. 64
Il libro non in commercio, può esser chiesto per 10 euro a carlo.forin1@virgilio.it
Nota dell’autore:
Antares e archeologia linguistica.
Narro è la storia della ricerca di Antares che potrebbe finire con Narru (1).
Narru è l’Uno degli Accadi, uno dei tanti nomi del loro dio sovrano, En Lil (EL!), AN TAR ISH, il dio dell’Aria
[Ci sono stati momenti in cui quest’estate ho capito perché l’aria abbia potuto esser sentita come l’ambiente di un dio quando mi spirava fresca nell’afa. Il clima afoso mesopotamico giustifica la visione dell’aria come paradiso].
La ricerca potrebbe finire con l’accettazione dell’identità Narru = narro; dal momento che la vocale ‘u’ maschera la vocale ‘o’, assente in sumero ed in accado, le due parole sono uguali.
Ma riprendiamo il filo daccapo con calma. Sono consapevole di aver già sollevato diffidenza e (forse) tante domande.
Un punto vorrei porre in primis con chiarezza: se oggi chiamiamo Antares la prima stella in basso a destra di un atlante stellare, all’inizio della Via Lattea, ed AN TAR ESH era ad Ebla [unione di Dagan ed Eshtar], la fonìa probabilmente uguale delle due parole fa emergere questo fatto: il nome AN TAR ESH si è mantenuto praticamente uguale ad Antares, anche se il dio è rimasto solo come una stella.
Il nome del dio è identico pur attraverso lingue diverse.
Antares compie 4276 anni nella prossima notte di Halloween (2). Era la fine dell’anno e l’inizio dell’anno nuovo, KAR MUR –la ‘forza della vita-morte’- [Halloween viene collegata ai Celti, ma questi non vengono ancora collegati ai Sumeri].
La persistenza dell’identità della parola sfida la longevità dei pezzi che l’archeologia materiale porta alla luce. La stessa identità è nei nomi di altri dèi che finora sono stati confusi con le parole comuni; è un po’ come confondere l’insalata ed un baobab, dimenticando che quella dura al massimo una stagione e questi vivono millenni. Questa durata dei nomi degli dèi consente paragoni finora mai fatti. Ad esempio possiamo osservare AN TAR ISH sumero e confrontarlo con Taranis celtico o con Antariksha dei Veda indiani; spazi, tempi, civiltà lontani possono venir visti accostati attraverso una specie di telescopio, la teonomasiologia –studio comparato dei nomi degli dèi-: identità e differenze possono essere osservati mettendo alla prova credenze consolidate.
Se si fa archeologia materiale si può fare anche archeologia linguistica fondando sui nomi degli dèi.
E Narru = narro mostra che questa pratica mette in luce, alla fine, cose linguisticamente sorprendenti.
Cose che configurano come favole delle ‘credenze scientifiche’ [meglio dire: accademiche].
E’ morto nel luglio 2005 Giovanni Semerano, dopo aver stampato con Bruno Mondadori La favola dell’indoeuropeo. Questa favola, che il sociologo preferisce chiamare ‘ideologia’ –cioè rappresentazione del mondo falsa- spiega perché l’archeologia linguistica sia rimasta stoppata nell’’800: l’archeologo non trovava riscontri alle disquisizioni letterarie indoeuropee e lo studio della protostoria ha visto divorziare letteratura ed archeologia.
La fine della separazione tra letteratura antica ed archeologia ci ha proposto la figura di Vergilius Maro come sacerdote etrusco (Maru) devoto a Saturno.
Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus,
magna virum: tibi res antiquae laudis et artem
ingredior sanctos ausus recludere fontis
Ascraeumque cano Romana per oppida carmen. (Georgiche, libro II, vv. 173-176)
“Salve, grande genitrice di messi, terra Saturnia,
grande madre di eroi: per te incedo fra antichi
fasti di gloria e d’arte, osando dischiudere le sacre fonti;
e canto il carme di Ascra per le città romane.”
Abbiamo esplorato una conferma in Apuleio che si è rivelato come un sacerdote gnostico di Iside.
I misteri eleusini, analizzati con la TO (teonomasiologia) ci hanno rivelato di fondare nel culto del tempio di En Lil, E KUR: Kore, la figlia cercata da Demetra, rivela con KUR E che il tempio collega agli Inferi.
A questi tre esempi –che abbiamo esplorato in 109 articoli su www.siagrio.it /Antares- aggiungiamo l’ultima scoperta, il fossile Indigitamenta, che sarà on-line la prima domenica di ottobre.
Ai lettori di Archeomedia propongo il dialogo su questa novità: i nomi degli dèi come reperti fossili capaci di darci un’altra immagine della protostoria.
(1) – A cura di Giorgio Castellino, Testi sumerici e accadici, 1977 Utet, Torino.
(2) – 31 ottobre 2006 < 2270 a.C., data fissa convenzionale che ha ‘fermato’ il giro dello zodiaco.
Mail: carlo.forin1@virgilio.it
Autore: Carlo Forin