Abbiamo chiesto alla Regione Veneto di finanziare il convegno di studi su: “Antares, Alle origini perdute della cultura occidentale” (2).
Ho titolato ‘Antares 2007’ in questo aprire (3) al meeting previsto per ottobre (4).
Nel mese concluso (5) si sono verificati eventi che interpretiamo (6) come ‘anticipazioni’ [con i nostri improbabili poteri divinatòri].
Domenica 11 marzo, il prof. Silvano Piccoli ha presentato il suo libro Le poesie di Gaio Valerio Catullo tradotte in dialetto trevigiano (7).
Il prof. Aldo Toffoli, al quale Piccoli aveva illustrato nel 2005 il suo Letteratura vittoriese, ha ricambiato da par suo il favore illustrando i pregi di questa impresa partendo dalla propria reazione di sorpresa alla notizia della traduzione di tutto il carme (8) di Catullo in dialetto veneto, nella parlata di Villa di Villa di Cordignano, sintetizzata da questa espressione:
-Tuut?!-, cioè: Tutto?.
E’ un tutto che comprende e lo stupore per la complessità dell’impresa e, forse, lo scandalo per la licenziosità dei contenuti di alcuni carmi (‘nudo in pubblico?’).
Parte dell’impresa era già stato tradotto in veronese (9), dai suoi ‘concittadini’ (10).
Noi, che in questa rubrica non ci siamo mai avventurati (11) nell’indagine linguistica dialettale, avvertiti delle difficoltà fin grafiche dall’amico Paolo Peruch, autore di Fierùn e La bèla dei sète veli, notiamo ora che l’espressione veneta “tut” (‘tuut’ nelle espressioni enfatiche) è un palindromo (12) che esce dalla lettura dell’espressione sumera UT, il Sole.
Basta leggere circolarizzando l’espressione scritta (13): UT = TU UT.
Stiamo dicendo che l’espressione usata dal prof. Toffoli e corrente nella parlata veneta odierna deve essere stata esattamente la stessa nell’uso dei Veneti Primi.
E qui riferiamo una bella immagine del prof. Toffoli, che condividiamo in toto (ablativo latino, che richiama un’altra lettura ribaltata ed iterata di UT).
‘Tutto’, italiana, mostra una sillabazione tut-to < toto che rimarca il veneto tut (14): tutta la realtà si può ben rappresentare con un panettone (15) del quale noi riconosciamo solo l’uvetta. Il nostro errore, dice argutamente il prof., sta nel voler ricostruire la descrizione di tutto il panettone avendo nozione solo dell’uvetta.
E’ uno splendido esempio descrittivo! Lo giriamo in positivo: e se noi scegliessimo un metodo che ci fa cercare nel panettone della lingua proprio il filo storico dell’uvetta?
Questo metodo è la TO, teonomasiologia – studio comparato dei nomi degli dèi -. I nomi degli dèi sono un’uvetta immarcescibile (16), non tanto per la creduta eternità degli enti nominati, quanto per la loro durata metalinguistica plurimillenaria consolidata dal culto degli indigitamenta (17).
Piccoli ci ha confermato (18) di aver lavorato per cinque anni alla traduzione di Catullo mossa soltanto da affinità elettive col poeta (19), sgombra del tutto da ansie identificative concittadine (20), che saranno da ascrivere ai Veronesi per l’ovvio e ben giustificato orgoglio di campanile.
A ti, Cornelio […] co te fee lèder
le me monade […] (dal carme 1)
‘Monade’ traduce nugae.
Mòna < MU NA, ‘generazione del MU’, ‘nome che immortalizza’. In un circolo, MU NA ha il senso massimo ed il senso minimo (21), di sommo e di nonnulla, nugae.
Le bazzeccole di Catullo, nugae, legano con GA, uno dei monogrammi più diffusi in sumero; GA NU, da leggere NU GA (22), col significato di inglese
Come! / Ga-Nu
‘vieni! Non c’è pericolo… è un nonnulla; E casa, E NU GA = NU GA E sono le nugae, le prime poesie di Catullo.
Inoltre ingl. Nullity / sumero Nugal (A)
dove AL ‘va oltre’ A, il seme pur minimo: è nulla. Si noti che l’aggettivo latino nugalis vale ‘vuoto’, ‘nulla’. Nugamenta è ‘roba che vale nulla’.
Menade!
Menade, tiritere senza senso, potreste dire. E Mena, dea del mestruo, ci riporta al menarca ed al menstruo, ‘colloco il ME’, che abbiamo già visto (23) e che ritroviamo nel KAR ME di Catullo, ‘forza del ME’.
Il veneto sta originando dibattiti in Regione per il suo riconoscimento come lingua. Le numerose invasioni subite dal Venetorum angulus (24) hanno popolato di barbarismi la parlata veneta ed a lungo ne hanno reso incerta anche la sua natura identitaria di lingua.
La lingua sarda ci aveva già esibito una conferma TO col toponimo del tempio ad Antas come Sardus Pater (25). Antas è toponimo che si può leggere in sumero ANTA ASH, Uno d’origine Alto Cielo. Antares etima ANTA RESH dove RE è il Sole e SH la Luna Alto Cielo. Il sardo, grazie
all’insularità, mantiene nei suoi toponimi e nelle sue ‘u’ ricorrenti le caratteristiche storiche dalla civiltà dei nuraghi e preserva, meglio del veneto, il collegamento trimillenario con l’origine quadrimillenaria.
Il toponimo veneto su cui riflettiamo è Zeneda, ovvero ZEN E DA, ‘immagine della Festa’ in sumero.
Combina con cityzen, cittadino, che etima da KI TI ZEN, ‘festa vita Terra’, dalla festa di fondazione di una città / residenza umana.
A questo punto vi invitiamo a far festa allegramente con le ‘monade’ di Piccoli.
Note:
(1) Così, primo vere, al principio della primavera, in Catone. U ER, sumero, si traduce con ‘cammino ER del Cielo U’.
Il Cielo è in AN, sumero per cielo, che si chiude in NUS, immagine della morte: annus. Il giro (GIR U) del Cielo, lo zodiaco, passava dalla morte dell’anno, conservata col nome del dio della morte, MAR TI U, all’apertura dell’anno nuovo in aperilis quando fioriva lo zafferano selvatico e si faceva, nell’impero ittita, la E ZEN AN.TAH-SUM, la festa del serpente Alto Cielo.
(2) Sei importanti studiosi hanno già garantito il loro intervento.
(3) apertura della speranza.
(4) da aperire della farfalla APATURA IRISH, N. 62 dell’Indice. Il meeting potrebbe essere il 26 di ottobre.
(5) Marzo 2007.
(6) Istruiti da sant’Agostino sul concetto di tempo: esiste solo il presente, mentre passato e futuro sono solo categorie mentali che estendono il presente in modo fittizio.
(7) Dario De Bastioni, Godega Sant’Urbano 2007.
(8) Carme < KAR ME, forza del ME.
(9) In dialetto.
(10) le virgolette come captatio benevolentiae nei confronti degli scettici davanti a questa identificazione.
(11) Benché ripetutamente tentati.
(12) Il valore dei palindromi sta nella costruzione simmetrica che rende esplicita all’occhio la possibilità della lettura circolare della scrittura.
(13) Secondo LCSS, Lettura Circolare della Scrittura Sumera, di cui TE MEN > MEN TE è la conferma più clamorosa.
(14) A conferma che la comune origine lontana sumera ricompone nell’unico letto i rami solo temporaneamente separati.
(15) Che a noi richiama principalmente l’idea dell’uvetta.
(16) Fossili linguistici.
(17) Ad Indice col n. 105. Micol Perfigli, autrice di Indigitamenta, Pisa, ETS 2004, sarà con noi al convegno.
(18) E-mail.
(19) Poeta < UP TE A Cielo- connessione- seme.
(20) E quindi non ideologizzato ad un risultato.
(21) Così il verso 21 del carme 39: “ se un ride da mona, nisun de lu pi mona. “
(22) Per la LCSS.
(23) Indice n. 107.
(24) L’espressione è del ‘padovano’ Tito Livio.
(25) Massimo PITTAU, Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi, 1995 Carlo Delfino ed., Sassari, pp. 51-52.
Mail: carlo.forin1@virgilio.it
Autore: Carlo Forin