Da alcune settimane la necropoli fenicio-punica di Tuvixeddu è tornata alla ribalta.
Come noto, ciclicamente il tema ritorna di grande attualità, accompagnato a volte anche da azioni di enorme richiamo e di grande impatto mediatico, per poi scemare nelle contingenze dell’incerto quotidiano.
In particolare da alcune domeniche, prima Amici di Sardegna, poi il Comitato Tuvixeddu Wive, ed infine, Legambiente che, per la verità, specie di recente, cerca di percorrere delle strade aperte da altri, ignorando il loro lavoro, hanno deciso di organizzare delle passeggiate per dar modo ai cittadini di vedere di persona lo ”stato delle cose”, però…
Se esiste un però, perchè bisogna cercare di capire cosa questi ambientalisti vogliano veramente cercare di far vedere.
Secondo alcuni essi sono faziosi, meglio se estremisti di sinistra, rompiscatole e sono responsabili del mancato sviluppo della nostra città. Secondo altri sono dei semplici frustrati, in particolare alcuni loro leader che, vedendosi sfumare la possibilità di ottenere incarichi di consulenze ambientali, si vedono costretti, loro malgrado a vendicarsi dell’ingiusta esclusione.
Altri invece, ammorbiditi “dalle circostanze”, e pensando ai futuri possibili e positivi scenari, presentano l’affare Tuvixeddu minimizzando i possibili danni che il futuro insediamento abitativo potrà creare all’area.
Insomma, per loro, sembra quasi che i costruttori siano diventati, improvvisamente, benefattori e convinti operatori sociali.
Ma prima di dire la nostra in merito voglio ricordare che il caos di Tuvixeddu è stato determinato un po da tutti con azioni e molte omissioni.
Non solo la genetica “miopia” Comune che ha, di fatto, impedito che l’intera area avesse una sorte diversa “dimenticando o ignorando” l’importanza del sito, ma anche della Regione che ha sottoscritto l’accordo di programma e che con il suo inequivocabile agire è di fatto parte in causa di un accordo/contratto di natura privatistica.
Non trascuro certamente la Italcementi, ne la Calcidrata che per decenni hanno devestato l’intera collina, ma va detto e non per giustificare che, allora, non c’erano di certo le sensibilità di oggi e poi …le opportune autorizzazioni le hanno certamente ottentute da qualcuno! E non trascuro neppure la responsabiltà che tutti i cittadini, residenti e non, hanno, la cui indifferenza e ignoranza non potrà essere di certo attenuata dalla recente “presa di coscienza” in merito al problema.
E poi c’è l’altalenante Soprintendenza che, un po si e un po no, ha avallato delle infelici scelte imposte dai “poteri forti”, come dice il Soprintendente Dott. Santoni, a cui, neache essa, ha saputo opporsi.
Della Provincia non parlo, perché visto l’impegno profuso, non ha neppure da essere citata se non per qualche “boutade” giornalistica.
Insomma sembrava che delle sorti di Tuvixeddu non importasse più a nessuno!
Però, nella mattinata di domenica scorsa c’è stata l’apertura a sorpresa della suggestiva cavità di via Veneto per coloro che provenivano dall’area “terra di nessuno” di via Bainsizza.
Questo abile effetto scenico ha fatto da corollario ad una iniziativa che da un lato, pur celebrando il blocco dei lavori attorno alle necropoli, dall’altro non ha chiarito cosa effettivamente vogliano le associazioni che hanno proposto questo appuntamento per Tuvixeddu, anche alla luce del recentissimo blocco e dal successo ottenuto dal Comitato “Tuvixeddu Wive” che proprio la scorsa domenica 14/01 ha realizzato una passeggiata conoscitiva negli stessi luoghi ieri riproposti ma con spirito diverso.
Certo “repetita juvant” dicevano gli antichi ma anche “ne bis in idem” giusto per citare qualche detto in argomento.
Bisogna segnalare in merito che le cavità sotterranee di via Veneto, scavate lungo le pendici calcaree del colle dei Punici, non hanno nulla a che vedere con lo storico degrado che caratterizza questo colle.
Peraltro mi domando: perché questi monumenti vengono dati sempre ai soliti noti, mi sembra anche senza gara d’appalto?” Inoltre, ci risulta che proprio molti di questi monumenti e cavità date in gestione restino sempre chiuse al pubblico. Ma che razza di servizio è questo?
Ma allora, giusto per centrare il problema, cosa vogliamo farne di Tuvixeddu?
Premesso che non potremo tollerare che passino altri 2, 3 o 10 anni, prima che accada qualche cosa di nuovo, senza fare nulla nel frattempo se non consentire con la nostra indifferenza di rendere ulteriormente “blindata” questa importantissima area culturale, credo che dalla legittima o strumentale indignazione e protesta si debba, necessariamente, passare alla proposta.
Dunque?
Sarebbe auspicabile che il Presidente Renato Soru, lasciando da parte consiglieri e avvocati, incontrasse l’ing. Gualtiero Cualbu o chi per esso e alla presenza di una ristretta delegazione di cittadini, per discutere il da farsi, valutando i pro e i contro che ogni eventuale azione di forza comporterebbe a danno, non tanto e non solo per le stesse parti in causa, ma soprattutto per la nostra collettività presente e futura che, in modo diretto, indiretto e indotto, si dovrà accollare tutti gli oneri e costi in senso lato del “loro” operare.
Si pensi solo un attimo a questa circostanza: se per ipotesi la ditta Cualbu avesse ragione (formale o sostanziale poco importa in questo ambito) avete idea di quale cifra risarcitoria potrà chiedere alla R.A.S.?
E poi ci sono dei diritti acquisiti e sarà difficile dimostrare che questi diritti non esistono perché sono “contra legem”, bisognerebbe ritornare indietro nel tempo e ricercare responsabilità fors’anche alla buonanima di Bacaredda o di De Magistris.
Non so se la testa dell’Assessore competente inizi a presentare dei cedimenti, peraltro assai verosimili, resta il fatto che non basta avere ragione, bisogna saperla esporre e, soprattutto, farcela riconoscere dalla collettività.
Quindi, per una volta, meravigliateci con un semplice gesto.
Incontratevi, discutete e trovate un accordo che dica, una volta per tutte, basta alla disdicevole vicenda che, da anni, qualifica Cagliari più che “Capitale del Mediterraneo” alla nefasta “Torre di Babele”.
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Mail: amicidisardegna@tiscali.it
Autore: Prof. Roberto Copparoni – Presidente Associazione Amici di Sardegna
Cronologia: Arch. Italica