L’estate porta la gente a rievocare antichi fasti e gloriosi passati, con l’intenzione di attrarre turismo nella nostra agonizzante realtà.
Carrara ormai scippata, da Pietrasanta, del titolo di capitale della scultura, cerca da anni di incentivare il turismo alle cave di marmo con iniziative collaterali, quali mostre di pregio come la biennale ed il simposio di scultura e non ultima la stupenda Turano giorno e notte, dove un paese intero di cavatori, si mette a disposizione ed espone opere in ogni stradina, in ogni cortile, delle sue case arroccate, scavate ed edificate sul marmo e con il marmo.
La manifestazione principe delle rievocazioni storiche è senza ombra di dubbio, “la lizzatura” cioè l’antico modo di trasporto dei marmi effettuato già in epoca romana, che prevedeva di far scivolare su apposite slitte di legno i blocchi di marmo ancorati tra loro “la carica”, che con mille peripezie i lizzatori cercavano di far giungere a valle non senza pericoli, talvolta anche mortali.
La cosa strana è che tutti si affannano a rievocare il trasporto dei marmi, abbiamo esempi di rievocazioni della lizzatura in tutto il bacino apuoversiliese del marmo, da Pietrasanta a Massa, ma solo nella sua parte iniziale, cioè quando il marmo lascia le montagne per raggiungere le valli, e mai nessuno ha pensato a come i romani facessero giungere il marmo a Roma.
Allora cerchiamo di porre termine a questa dimenticanza.
Intanto dobbiamo premettere che i blocchi trasportati dai romani erano di dimensioni ridotte, perché essi preferivano far lavorare il più possibile i blocchi in cava; trattavasi quindi di una sorta di trasporto di semi lavorato già reso idoneo nelle forme dagli “Spartani” (gli operai del tempo che squadravano i blocchi, adattandoli alla bisogna); alla fine, vediamo come i blocchi prendevano la via del mare.
Al tempo non esistevano ponti caricatori e sono facilmente immaginabili i disagi, che potevano sorgere caricando dei blocchi di marmo sulle navi, perché poi le difficoltà si sarebbero ripresentate al momento dello scarico.
Quindi i romani avevano escogitato questo semplice ma efficace sistema: in prossimità della riva del mare, dopo aver scavato enormi buche entro le quali costruivano una zattera e vi facevano scivolare dentro il blocco; poi, aprendo un varco verso il mare facevano entrare l’acqua ed a questo punto la zattera galleggiava e non rimaneva altro che trainarla lungo la costa.
A riprova di questa procedura, ci sono enormi testimonianze di blocchi affondati lungo la costa in modo particolare nelle secche della Meloria, nel bacino di Livorno.
Sarebbe una stupenda rievocazione quella di ripetere la procedura del trasporto in epoca romana: in piena estate con migliaia di turisti sulla spiaggia, si potrebbe nuovamente far galleggiare le zattere con i blocchi di marmo.
Autore: Brunello Pucci
Cronologia: Arch. Romana