Importanti ritrovamenti e avvio del restauro della casa torre sono segnalati, in queste ore, nell’ambito degli scavi archeologici nel castello di Rontana (Brisighella), in provincia di Ravenna – parte di un progetto di ricerca del Dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell’Università di Bologna.
Un imponente muro che era interamente coperto dal materiale di crollo è stato portato alla luce dai giovani archeologi dell’Università, coordinati dai professori Enrico Cirelli e Debora Ferreri. Gli scavi, conclusi nelle scorse ore, hanno permesso di trovare e indagare tombe dell’VIII secolo – nella parte più profonda e antica dell’insediamento fortificato – con elementi dell’abbigliamento dei defunti, materiali “che abbiamo campionato anche per indagini con isotopi e ricerche relative al dna – dice il professor Cirelli – Indagini che ci consentiranno di comprendere pure come erano alimentate le persone di questa comunità”.
Le ricerche hanno pure permesso di trovare la porta d’ingresso al castello sul lato nord e scavato un segmento di fortificazioni sul banco roccioso tagliato in modo attento. “Il muro, imponente e conservato molto bene – dice Enrico Cirelli – dimostra il notevole investimento compiuto dai Manfredi”.
“Il castello di Rontana è un insediamento medievale che si trova nel Parco della Vena del Gesso Romagnola, sulle alture che dominano la vallata del Lamone, a pochi chilometri da Brisighella. – è scritto nella scheda archeologica dell’Università di Bologna – Il sito è stato frequentato in età protostorica tra IX e VIII sec. a.C. ed in seguito abbandonato. Gli scavi hanno dimostrato che le alture sono state occupate successivamente sul finire del VI e gli inizi del VII secolo, forse con un presidio militare bizantino di cui si stanno documentando nuove evidenze e in seguito da un’area cimiteriale, che ha restituito al momento oltre 60 sepolture, associata a una pieve di altura documentata per la prima volta sul finire del IX secolo e di cui sono state rinvenute tracce soprattutto degli elementi architettonici (capitelli in marmo proconnesio, colonne in breccia rossa di Verona)”.
Già dal X secolo il sito è protetto da una fortificazione in legno e vi risiede una popolazione accentrata. L’area sommitale, su cui si trova anche la pieve di S. Maria, è protetta anche da un fossato tagliato nella roccia (selenite). Nei secoli successivi il sito viene protetto da diversi circuiti murari in pietra e vengono costruite diverse tipologie di abitazione, sia tagliate nel banco roccioso, sia costruite con tecniche miste caratterizzate da basamenti in pietra e alzati in legno e terra, organizzati intorno ad una viabilità interna tipica dei villaggi fortificati contemporanei. Un rinnovamento significativo viene attuato sul finire del XIII secolo, con la costruzione di una potente rocca sull’altura più elevata del sito e con nuove difese articolate con camminamenti su ampie arcate in pietra e tre diverse linee fortificatorie. Al centro del castello viene anche realizzato un piazzale con funzioni produttive legate alla lavorazione di strumenti in ferro, oggetti in osso, in vetro e con un forno per la produzione di pane ad uso comunitario.
Altri adattamenti vengono realizzati nel XV secolo, con il potenziamento delle mura difensive attraverso cortine laterizie e con la realizzazione di torri ogivali gli angoli della rocca e postazioni da archibugiere adatte alle nuove tecniche di assedio. Il castello viene distrutto nel 1591 ed in seguito definitivamente abbandonato.
Fonte: www.stilearte.it, 26 giu 2022