Una foresta pluviale «deserta» che ospitava in realtà un milione di persone, in villaggi fortificati risalenti fra il 1250 e il Cinquecento. È questa l’inaspettata scoperta fatta dagli archeologi dell’Università di Exeter nel cuore dell’Amazzonia, nel Mato Grosso, in Brasile.
I ricercatori hanno trovato i resti di centinaia di villaggi immersi nella foresta pluviale, in cui vivevano popolose comunità che parlano lingue diverse. Popoli che vivevano in zone ancora inesplorate, probabilmente decimate dalle malattie portate dai coloni europei.
Stiamo parlando di un milione di persone, suddivise in centinaia di villaggi fortificati, lontani dai principali fiumi, sfatando così il mito che le comunità antiche preferissero vivere vicino ai corsi d’acqua.
A stupire maggiormente gli archeologi è stato il ritrovamento di misteriosi lavori in terra chiamati geoglifi, ovvero dei fossati di forma quadrata, circolare o esagonale, il cui scopo è ancora sconosciuto, anche se probabilmente collegato a dei rituali cerimoniali.
La ricerca, finanziata da National Geographic e dal progetto del Consiglio europeo della ricerca, è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications e rivela la presenza di 1.300 geoglifi in 400 mila chilometri quadrati dell’Amazzonia meridionale. «Solo» 81 sono stati esaminati finora, il che fa pensare che la ricerca – così come le scoperte – sarà ancora lunga e fruttuosa.
«Esiste un malinteso comune secondo cui l’Amazzonia è un paesaggio incontaminato, sede di comunità nomadi. Questo invece dimostra il contrario. Abbiamo scoperto l’esistenza di popolazioni stanziali, in zone completamente diverse da dove ci aspettavamo di trovarle», ha affermato il dottor Jonas Gregorio de Souza.
«Siamo entusiasti di aver trovato una tale ricchezza di prove e reperti», ha riferito invece il professor José Iriarte, secondo cui «La maggior parte dell’Amazzonia non è stata ancora scavata, ma studi come il nostro indicano che stiamo percorrendo la strada giusta per ottenere maggiori informazioni sulla storia della più grande foresta pluviale del pianeta».
Autore: Noemi Penna
Fonte: www.lastampa.it, 31 mar 2018