L’archeologia subacquea nacque a Bolsena. Corre l’anno 1959 e in località Gran Carro, sulla sponda orientale del lago e sette chilometri a sud del paese, avviene un’importante scoperta. Un intero villaggio villanoviano. Il ritrovamento segna in Italia la nascita dell’archeologia subacquea.
L’abitato si trovava in origine sulle rive del lago, su delle palafitte. Poi l’innalzamento del livello delle acque l’ha completamente sommerso. Qui sono stati condotti studi e recuperi per vent’anni: dal 1960 al 1980. Sono venuti alla luce grossi contenitori di forma sferica per alimenti, vasi biconici e urne cinerarie. Ma anche ami in bronzo, macine di pietra, pesi da telaio e anche armi: coltelli e lance. Tutto questo ha avuto origine dalla passione di un uomo, al secolo Alessandro Fioravanti.
Ingegnere, nato a Bolsena nel 1917, fu lui a scoprire il villaggio del Gran Carro. Tutto ebbe inizio dal suo amore per il lago e dalla passione per la pesca subacquea.
Fioravanti raccontò la sua scoperta così: “Era l’estate del 1958. Io con Gabriella, mia moglie, e i nostri figli Giuliano e Fabrizio facevamo il bagno sulla costa rocciosa del lago, in località Grancaro (così detto perché ci sono i granchi). Osservammo i solchi incisi nella roccia da un antico passaggio di ruote di carro a pelo d’acqua. L’estate seguente, dopo avere esaminato presso l’Aerofototeca di Stato le foto aeree del sito che mostravano strane “tracce” nelle acque, tornammo sul posto e, con semplici maschere subacquee, esplorammo il fondale intorno ai cinque metri di profondità. Gabriella per prima gridò: “un coccio!”. Avevamo scoperto un abitato palafittico villanoviano. Questa era l’epopea dell’archeologia subacquea”.
Autore: Roberto Pomi – roberto.pomi@lafune.eu
Fonte: www.lafine.eu, 8 ago 2020