Per raggiungere il fiume sacro Irrawaddy da Shwebo, una cittadina nel nord della Birmania, si deve procedere faticosamente su strade infuocate verso est.
All’alba le gocce di sudore già bagnano le palpebre. Un’ora più tardi, il calore del sole sfuma tutti i colori del panorama sullo sfondo. Un fabbro all’angolo utilizza un asciugacapelli elettrico come mantice. Ne portiamo il rumoroso sibilo nell’orecchio per chilometri: la fine del nostro universo, il suo incenerimento, avrà questo suono.
Senza rendercene conto, siamo arrivati barcollando a Pyu, impero dell’età del ferro. Questa civiltà di 2.000 anni fa aveva città fortificate, alti stupa e strade lastricate. Tutto questo oggi riposa sotto i campi color argilla della valle Mu.
La vita allora era spaziosa e ricca: una specie di Xanadu del sudest asiatico.
I cittadini benestanti vivevano in case di legno con tetti rivestiti in metallo. Utilizzavano utensili in oro per mangiare, indossavano gioielli fra i capelli e creavano opere d’arte in vetro verde, cristallo e giada. I loro rapporti commerciali arrivavano fino ai lontani porti degli attuali Vietnam, Indonesia e Filippine.
Nel I secolo d.C., gli ambasciatori romani diretti in Cina si fermarono qui…
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Autore: Paul Salopex
Fonte: www.nationalgeographic.it, 17 nov 2020