Se ne discute animatamente ancora oggi. Con qualche accenno da circa dieci secoli ma con più approfonditi studi da almeno due secoli. E’ il problematico tema della collocazione del Foro dell’antica città di Casinum. Dentro le mura cittadine in località Crocefisso? Laddove la via Latina si incrociava con quella per Interamna e quindi per la via Appia e con la via che per Atina si inoltrava nel Sannio? Nell’area oggi occupata dalla Chiesa Madre di Cassino moderna? Non è facile districarsi fra tradizioni, epoche, personaggi e resti archeologici o presunti tali.
Cerchiamo di capirci qualcosa. Nell’epigrafe CIL X 5204 rinvenuta nel 1805 vi si leggerebbero il nome di un Console e quelli di due Questori al tempo della lastricatura di una strada di Casinum: ……/L.CALPVRNIO PISONE COS/L.C.C.P. VIAM SILICE/STERNENDAM A PORTA CAMPANA AD FORVM/P.SELLIVS P.F. SPELLIANVS/SABINVS Q/C. SATTIVS C.F. CALATRO II Q/CVRAVERVNT. Ad eccezione del primo rigo abraso e quindi illeggibile che noi abbiamo indicato con dei puntini, per il resto vi si leggerebbe: ……./L. Calpurnio Pisone essendo consoli, per decreto del Senato tramite finanziamento pubblico, i questori P. Sellio Spellano Sabino e C. Sattio Calatro curarono la pavimentazione della via che da Porta Campana andava al Foro.
All’epoca si vollero leggere nelle lettere abrase del primo rigo il nome di Nerone e cioè: NERONE ET L. CAPURNIO PISONE COS……. In epoca imperiale, infatti, l’imperatore romano assumeva anche la carica di Console e in questo caso Nerone con L. Calpurnio Pisone, forse un tale Lucio Calpurnio Pisone. Era l’anno 57 d.C. ma di questo Lucio Calpurnio Pisone console, ad oggi non si hanno notizie precise. Sembra anzi, secondo molti storici, che non sia mai esistito. Anche nei Fasti Consulares appare come incerto. Ne parleremo meglio in seguito.
Sembra che Casinum, avesse il suo forum all’interno dell’abitato, forse nell’area antistante all’augusteo Teatro Romano. Ed è già epoca tarda. La Porta Campana si apriva alla sinistra dall’attuale Museo Archeologico. A guardar bene sembra che la strada che l’attraversa volga leggermente verso destra ed è basolata, cioè, come dice l’epigrafe, pavimentata. Dove era diretta? O da dove proveniva? L’epigrafe dice che la strada andava “dalla Porta Campana al Forum”. E perché dice da Porta Campana al Foro e non viceversa?
Le guerre sannitiche erano da oltre due secoli concluse. Annibale e Pirro avevano attraversato la campagna cassinate da circa due secoli. Era da tre secoli sorta la colonia di Interamna Lirenas. Le colonizzazioni del cassinate e della valle del fiume Rapido ad opera di Silla, nell’ 89 e 82 (I sec. a.C.), e di Giulio Cesare, nel 58 a.C., erano già felicemente portate a termine. Marco Terenzio Varrone aveva già la sua villa fra le acque sottostanti alla città.
Insomma: Casinum si andava estendendo fuori dalle mura di cinta, lungo la via Latina e le strade per Atina e per Interamna. Con l’evolversi della città, intanto, il foro ne seguiva e si adattava alle sue nuove configurazioni. Si scelse alloro un luogo posto all’incontro fra le grandi arterie stradali: nel nostro caso la via Latina, la via per Atina e la strada per Interamna. Lo confermano anche gli studi di Gaetano Lena e di Pier Giorgio Monti oltre che di Gianfilippo Carettoni.
La via sternendam usciva da Porta Campana e volgeva verso l’area poi occupata dall’Anfiteatro (foto) e scendeva al nodo di incrocio delle strade suddette: lì il Foro del mercato (nundinae). E’ l’attuale via basolata che sovrasta e aggira l’Anfiteatro che sarebbe sorto diverso tempo dopo. Ma che anno era? Si diceva di un console di nome L. Calpurnio Pisone. Ma dicevamo dell’evolversi di Casinum in epoca repubblicana e si parlava anche di questori., amministratori dell’erario pubblico. Un importante Lucio Calpurnio Pisone, di parte cesariana, lo troviamo console nel 58 a.C. assieme al pompeiano Aulo Gabinio Anicio. Era l’epoca del primo triumvirato: Cesare, Pompeo e Crasso e a Casinum c’erano i questori che curarono i lavori della strada.
In epoca neroniana, invece, e precisamente nel 56 d.C., le funzioni dei questori municipali furono soppresse e assegnate a prefetti dell’erario. Quindi nulla ebbero a vedere quei magistrati, l’anno successivo 57 d.C., con la pavimentazione della strada del foro di Casinum.
Dobbiamo concluderne che la lastricatura di quella strada diretta da Porta Campana e al Foro fu opera fatta nel 58 a.C. al tempo del Triumvirato Cesare-Pompeo-Crasso e dei consoli Lucio Calpurnio Pisone (cesariano) e Aulo Gabinio Anicio (pompeiano ma anche personaggio controverso): di qui pare che derivi l’abrasione del suo nome sull’epigrafe.
Ma c’è anche chi sostiene che il foro cassinate di epoca romana era posto nell’area dell’attuale Chiesa Madre, zona che però all’epoca era inospitale perché acquitrinosa e melmosa per via delle acque delle sorgenti dell’attuale Gari che la allagavano. Di lì certamente passava la strada da Casinum per Atina e verso il Sannio ma si parla anche di resti di epigrafi dedicate alla dea Concordia e al dio Ercole e forse anche ai Lari e a Venere. In particolare il culto per la dea Concordia, voluto da Augusto dal 10 a.C., era diffuso in ogni angolo, provincia, colonia e municipi e Casinum non fu a meno per volere della Gens Ummidia. Era d’altronde uso fra i romani dedicare spazi selvatici, boscosi e con fluttuanti sorgenti d’acqua, anche lontani dai centri abitati, per la costruzione di templi a dei e ninfe. In particolare il poeta Silio Italico, del I secolo d.C., così scriveva, a proposito, di Casinum: “…et nebulosi rura Casini Nymphisque abitata”.
Fu su queste basi che Domenico Romanelli nel 1819, e sulle antiche Chronica di Leone Ostiense, ragionò sul foro romano casinate. Leone Ostiense aveva descritto San Germano (Cassino) come città medievale grandissima, con strade selciate, ospedali, molte chiese, locande e con un contado in ricca ripresa. Romanelli, come detto, visitò San Germano nel 1819, grande e moderna città ottocentesca di provincia, con il fiume che gli dava vita lavorativa e alimentare, un ricco e fiorente artigianato, un ricco mercato ortofrutticolo e di prodotti di vicinissime industrie laniere e cartarie e una grande fiera di animali da soma oltre a bovini, ovini e pollame. In quegli anni, e da secoli, l’antica Casinum, quella sul colle del Crocefisso, era ormai l’ombra di se stessa, saccheggiata e distrutta più volte da invasioni barbariche.
L’attuale via del Foro allora? Ciò che resta dei romanzati racconti tramandatici da Romanelli e raccontatigli dal canonico Masciola, di San Germano, mentre visitavano la città nuova, San Germano. E poi, per concludere: vi immaginate il foro romano cittadino dell’antica Casinum posto a circa due chilometri di distanza dalla città? Ma facciamoci un’altra domanda: perché Casinum avrebbe dovuto avere due fori, uno dentro la città e uno fuori? L’epigrafe parla di un “foro” raggiunto da una via selciata: non dice “forum novum” distinto quindi da un “forun vetus” (foro antico). Ci si sofferma sulla parola “cascum” usata da Varrone per indicare Casinum.
La parola cascum derivava dalla lingua dei Sabini ma in latino significava semplicemente antico o vecchio e non foro antico o vecchio. Era dunque la città di Casinum ad essere antica e non un ventilato foro. Cosa si vuole che si vendesse in un vecchio villaggio affacciato su un territorio infido e fino meno di un secolo prima attraversato da guerre, saccheggi e distruzioni?
Autore: Benedetto Di Mambro – benedettodimambro62@gmail.com