Uno scavo archeologico a Basiliano porta alla luce reperti d’epoca romana.
Il sito, importante per l’estensione, la qualità e la quantità dei materiali rinvenuti, si colloca in aperta campagna, nella propaggine settentrionale del territorio del Comune di Basiliano ed in parte in quello di Mereto di Tomba.
La sua rilevanza è strettamente legata alla vicinanza della strada che in età romana attraversava il territorio ad ovest dell’area archeologica, collegando Concordia al Norico. Va inoltre ricordato che immediatamente a sud dell’evidenza archeologica di Grovis si trova uno dei tratti più lunghi e meglio leggibili della centuriazione aquileiese, da identificarsi con il decumano impostato sull’incrocio di Gradisca di Sedegliano, conservatosi fino a Blessano.
Tutta l’area doveva dunque beneficiare di un articolato sistema di strade: le ricognizioni nei dintorni hanno, infatti, portato all’individuazione di un’altra superficie di affioramento di frammenti fittili ad una distanza di circa 400 metri a ponente del sito considerato. Numerose sono, inoltre, le testimonianze raccolte in riferimento all’insediamento intorno alla chiesetta campestre di Sant’Orsola di Villaorba di Basiliano, situata a circa un chilometro dalla località di Grovis.
Le prime segnalazioni di ritrovamenti archeologici nel sito di Grovis risalgono al 1902, quando – come risulta dall’Archivio dei Civici Musei di Udine – fu localizzata una vasta area caratterizzata dall’affioramento di laterizi e ciottoli corrispondenti a resti di strutture abitative, a poca distanza dal “Mulino Romano”. Sopralluoghi effettuati successivamente consentirono l’acquisizione di un cospicuo numero di reperti, quali numerose tessere di mosaico erratiche, indicative di ambienti residenziali, frammenti di vasellame e anfore, di produzione italica e di importazione dalle coste settentrionali dell’Africa, un braccio di statuetta in bronzo, una fibula di schema tardo “La Tène”, alcune monete in bronzo e un denario in argento di Marco Aurelio. Cospicua la presenza di piombo, sia con elementi che rimandano a saldature per le strutture architettoniche, sia con semplici scarti di lavorazione. Di un certo rilievo, un sigillo plumbeo di forma rettangolare riportante la scritta “QVR”.
A fronte della considerevole mole di elementi raccolti e in considerazione della presenza di resti in situ – sia pure modesti alzati in laterizi e ciottoli o crolli – ancora visibili in sezione lungo i confini dei campi della zona, all’inizio del 1999 si ritenne opportuno procedere ad una serie di prospezioni geofisiche fino ad una profondità di due metri con il metodo G.P.R. (Ground Penetrating Radar), da poco impiegato in campo archeologico. Grazie a tali indagini fu possibile il riconoscimento di un elevato numero di anomalie verosimilmente ricollegabili a muri e pavimenti sepolti a diverse profondità.
Da qui la scelta di avviare alcuni scavi in uno dei settori maggiormente interessata da queste anomalie, con l’obiettivo primario di verificare i dati rilevati dal georadar e quindi di valutare l’effettiva presenza di resti strutturali, nonché di definire la loro consistenza e il grado di conservazione in vista di ulteriori indagini future. L’esito della ricerca, iniziata nell’estate 1999, proseguita per un breve periodo nell’agosto 2001 e ripresa per tre settimane nello scorso settembre, si è rivelato incoraggiante, su una superficie di oltre 150 metri quadrati, è stata evidenziata una complessa sovrapposizione di strutture e che risulta riferibile ad almeno tre fasi edilizie seguite da una fase di abbandono e di asportazione dei materiali costruttivi.
Si tratta di strutture murarie conservate a livello di fondazione e realizzate in ciottoli, secondo una consuetudine largamente attestata nella medio-alta pianura friulana. Sono stati inoltre individuate diverse tipologie di piani pavimentali, tra cui un acciottolato e un cocciopesto; un esteso livello di malta, sabbia e ghiaia forma il piano di calpestio di un ambiente a pianta absidata. Da rilevare la significativa presenza di tessere musive erratiche. I materiali recuperati (ceramica da cucina, vetro, anfore, quattro monete e un “simpulum” (mestolo) in bronzo testimoniano un lungo periodo di vita dell’insediamento, che copre l’arco di almeno cinque secoli, tra la fine dell’epoca repubblicana (I sec. a.C.) e l’età tardoimperiale (IV-V sec. d.C.).
La prosecuzione dello scavo nei prossimi anni dovrebbe consentire la collocazione degli edifici individuati in un contesto più ampio, tale da permettere la ricostruzione dell’assetto planimetrico generale e delineare le caratteristiche tipologiche dell’insediamento. Non è, infatti, ancora chiaro se ci troviamo di fronte ad un complesso abitativo unitario di notevoli dimensioni (villa rustica) o ad una serie di strutture abitative distinte, forse facenti parte di un piccolo villaggio ubicato lungo la strada verso il Norico.
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Fonte: Redazione 18/10/02
Cronologia: Arch. Romana