Per orientarci e districarci tra i labirintici trapassi ed evoluzioni dell’arte egizia al fine di comprendere le prime mosse della decorazione parietale nella terra del Nilo e dei papiri, sceglieremo il nostro punto di riferimento nell’Egitto che tutti conoscono, quello delle piramidi a facce triangolari: l’Egitto della IV dinastia.
Dopo l’utilizzo delle mastabe, Snofru, fondatore della IV dinastia, riempì i dislivelli tra i diversi gradoni ottenendo quattro facce triangolari su una base quadrata di circa 147 m di lato, con un’altezza originaria di 93 m. La piramide di Meidum, oggi smantellata non mostra più il suo antico aspetto ma può considerarsi in ogni caso uno dei passi più rilevanti verso l’Egitto che i più conoscono.
L’arte parietale della IV dinastia eleva a suo tema principe la figura umana, il defunto, rappresentato in posizione eretta oppure seduto ad accogliere il tributo dei suoi poderi (rappresentati anch’essi sotto spoglie umane) o seduto davanti ad una tavola secondo un tema che rimanda alle più antiche rappresentazioni funerarie e che si rintraccia già in lastre risalenti all’età tinita.
L’Egitto della V dinastia e l’età menfitica coincidono con l’ampio utilizzo di decorazioni a rivestire le strutture architettoniche che si contrappongono alla scarsa volontà decorativa dei tempi della IV dinastia, quando si preferiva esaltare la semplicità delle strutture portanti evitando l’inserimento di elementi che potessero essere fonte di distrazione.
Sin dal tempio funerario di Sahurâ compaiono nella temenos della piramide scene con divinità che portano offerte: nel cortile si rintracciano scene di vittorie del sovrano sui nemici, mentre nel corridoio che circonda questo spazio ci si imbatte in scene di caccia e nell’arrivo di una flotta siriaca carica oggetti preziosi.
Di particolare significato è la Sala delle Stagioni del tempio solare del re Neuserrâ: sulle sue pareti vi è un elenco dei vari frutti e mutamenti della natura lungo le varie stagioni dell’anno. Questo fregio a bassorilievo riveste una particolare importanza nella storia della figurazione egiziana per le numerose iconografie che si affermano qui per la prima volta e per la successiva influenza che questa decorazione eserciterà sul gusto e sull’ornamentazione successiva.
Il tema dell’avvicendamento delle stagioni verrà ripreso a Saqqara nella tomba di Mereruka, riconducibile al periodo della VI dinastia. Nei rilievi di questa tomba si ravvisa un elemento interessante: la commistione tra figura e parola scritta, che ritroviamo anche in altri fregi decorativi presenti in luoghi sepolcrali di età coeva, o di poco antecedente, come attestano alcuni esempi riferibili alla V dinastia.
Un prototipo di questo connubio tra immagine e segno è la tomba di Ti, appartenente alla V dinastia e ubicata a Saqqara: alla scena del guado della mandria vengono unite delle iscrizioni con la finalità di vivificarla e completarla.
Il realismo delle scene presenti nella tomba di Ti, nonostante la tipica stilizzazione di quest’arte, è forte, e si avverte preponderante come del resto avviene anche nei rilievi di Mereruka quali, ad esempio, quelli che rimandano all’attività piscatoria.
La caratteristica tipica di questa prima forma di arte parietale egizia risiede nel far combaciare i suoi interessi narrativi con tutta una serie di strutture statiche, di direttrici verticali o orizzontali, con le quali la IV dinastia aveva saputo a suo tempo manifestare la sua energia creatrice e la sua virulenta razionalità.
E’ attraverso questa via che l’intensa forza che le figure promanano trova un suo equilibrio nel bilanciamento tra gli assi della rappresentazione: la dinamicità delle narrazioni viene imbrigliata nella forma compositiva.
Per esemplificare potremmo notare come gli uomini intenti nel raccolto nella tomba di Ti, siano insieme realistici e irrigiditi nel compimento dei loro gesti: la narrazione è vivificata dal realismo degli oggetti, dei tratti somatici, dai tratti connotativi di una quotidianità realmente vissuta, ma è al contempo bloccata nella forma.
La stessa cosa la si può affermare riguardo ai pescatori dei rilievi di Merureka: il pescatore con la schiena ricurva per lo sforzo sembra doversi rialzare da un momento all’altro, sembra essere stato colto dal flash di una macchina fotografica poco prima che lasciasse quietare la tensione dei suoi arti. La forma, colta in un momento così determinato lascia presagire un dopo di cui la pietra non reca traccia: il presente ed il futuro si coniugano in quest’arte degli esordi, insieme, paradossalmente, realistica e ieratica.
Proprio questa vocazione narrativa che si giova della conciliazione degli opposti e che lascia gran parte della scena al reale, sembra essere la peculiarità della decorazione egizia della V dinastia, elemento che di certo si è travasato, con indubbie varianti, nell’arte parietale della VI dinastia fino alla rottura di questo precario equilibrio nella volontà di privilegiare un gusto descrittivo che indugia maggiormente sul particolare per perdere di vista il referente principale della decorazione, come si avverte nei rilievi conservati a Berlino prelevati da una tomba della VI dinastia che mostrano una defunta su una barca su un lago disseminato di fiori di loto: l’elemento floreale sovrasta nell’immaginazione dell’artista il tema stesso del rilievo assurgendo a nuovo soggetto della rappresentazione.
La rottura dell’equilibrio a fatica conquistato dal rilievo parietale attraverso la IV, ed in particolare attraverso la V e la VI dinastia, palesa in quest’ultima, estrema appendice dell’età menfitica, il suo avvento imminente che si diparte da Tebe e che porterà alla creazione di un nuovo stile in cui campeggiano elementi singoli, aggregati attraverso colori e macchie, preannuncio di una nuova era del rilievo che presenterà tratti sostanzialmente diversi nella corte e nella provincia.
Autore: Barbara Carmignola
Cronologia: Egittologia