Abbiamo sognato Atlantide e non ci eravamo accorti che ne abbiamo una sotto di noi, appena oltre le coste tormentate dell’Europa. Adesso che il clima e’ argomento da apericena e che il vertice di Copenhagen non smette di far litigare, un dubbio collettivo si agita intorno al volubile livello dei mari: che cosa succederebbe davvero se alzassero la testa di un po’ di metri? Per quanto sinistre, le previsioni degli scienziati non riescono mai a evocare l’idea concreta di una catastrofe data per imminente. Finora l’unica alternativa era godersi gli effetti speciali di kolossal come «2012».
Finora. Ci sono alcuni team di archeologi che una risposta la danno con la loro personale macchina del tempo. Stanno raccogliendo prove su prove sull’altra Europa, quella che come Atlantide si e’ inabissata, ma che a differenza della cugina piu’ nobile non ha avuto l’omaggio del mito: e’ successo 11 mila 500 anni fa, quando si eclisso’ l’ultima glaciazione e i mari cominciarono la corsa al rialzo, cancellando un mondo e spalancandone un altro.
Fu un processo lungo e contrastato, con miliardi di metri cubi di ghiacci disciolti nel ruolo di protagonisti. Finche’ 4 mila anni fa, all’incirca, gli effetti del riscaldamento globale – che a quell’epoca fu un evento naturale al 100% e di cui sfuggono ancora molte meccanismi – diventarono definitivi. L’Europa preistorica non era piu’ la stessa: il 40% delle terre graffiate dall’impronta umana si era inabissato.
Un disastro che a Hollywood non e’ stato ancora raccontato. I dati, intanto, si accumulano e rivelano l’energia spaventosa di quell’abbraccio liquido. Dal Mediterraneo al Baltico il balzo fu di una cinquantina di metri, come un mezzo grattacielo. Golfi e pianure svanirono e anche molte paludi e foreste che avevano disegnato i panorami del continente. Fini’ come un miraggio Doggerland, la piattaforma che saldava l’attuale Danimarca con l’Inghilterra, ma la «Grande Onda» sconvolse ogni bordo sabbioso e roccioso dell’Europa. E le civilta’ del Mesolitico si sbriciolarono.
Adesso l’inglese Garry Momber e lo scandinavo Harald Lubke sono tra i ricercatori che si immergono nelle acque fredde e sempre piu’ inquinate del Canale della Manica e del Mare del Nord per esplorare l’Atlantide perduta. Spesso sono alcuni di quegli aspetti ostili – la carenza di ossigeno e la geografia dei fondali – a custodire i reperti molto meglio della terraferma, offesa da secoli di attivita’ umane. «E’ li’, sott’acqua, la prossima ”grande storia” che ha in serbo l’archeologia», ha annunciato alla rivista «New Scientist» Jeffrey Rose della Oxford Brookes University.
In effetti l’avventura e’ appena agli inizi ed e’ un motivo per cui non ha ancora conquistato la fantasia del pubblico, ma l’altra Europa, quella degli abissi, sta gia’ svelando alcune promettenti porte d’accesso: si chiamano Bouldnor Cliff e Howick in Inghilterra, Tybring Wig in Danimarca e Wismar Bay in Germania, oltre alla piu’ famosa Doggerland. E’ in ciascuno di questi indirizzi, sospesi tra terra e acqua, che la macchina del tempo macina meraviglie: tracce di foreste e segni di insediamenti, depositi di ami da pesca e mucchi di rifiuti, canoe scavate nei tronchi e grandi capanne di legno.
A Bouldnor Cliff e’ stata addirittura trovata una specie di piattaforma che, secondo gli studiosi, serviva per assemblare e «varare» le imbarcazioni. «Una vera gemma», la definiscono, non meno stupefacente del villaggio di pescatori che emerge dal fango di Tybring Vig. Li’ merluzzo e crostacei rappresentavano la dieta standard, ma tutti gli europei del lungo disgelo – quello tra 11 mila 500 e 4 mila anni fa – sarebbero vissuti in una sorta di Eden, scandito dalla pesca e da un pacifico seminomadismo, via terra e via mare. I nostri progenitori – sostengono gli archeologi – erano navigatori piu’ che abili e le «tribu’ delle onde» devono essere riuscite a costruire uno simulacro di globalizzazione ante-litteram, a base di coraggiose esplorazioni e di intensi scambi.
Finche’ un doppio disastro mise fine a tutto. Mentre i mari un tempo benigni si ribellavano, si materializzarono da Est le invasioni delle «tribu’ della terra». I motivi del loro arrivo e cio’ che fecero – confessano i ricercatori – e’ uno dei numerosi misteri di un lontano passato, ma si sicuro si diedero da fare per buttare tutto all’aria.
Finora. Ci sono alcuni team di archeologi che una risposta la danno con la loro personale macchina del tempo. Stanno raccogliendo prove su prove sull’altra Europa, quella che come Atlantide si e’ inabissata, ma che a differenza della cugina piu’ nobile non ha avuto l’omaggio del mito: e’ successo 11 mila 500 anni fa, quando si eclisso’ l’ultima glaciazione e i mari cominciarono la corsa al rialzo, cancellando un mondo e spalancandone un altro.
Fu un processo lungo e contrastato, con miliardi di metri cubi di ghiacci disciolti nel ruolo di protagonisti. Finche’ 4 mila anni fa, all’incirca, gli effetti del riscaldamento globale – che a quell’epoca fu un evento naturale al 100% e di cui sfuggono ancora molte meccanismi – diventarono definitivi. L’Europa preistorica non era piu’ la stessa: il 40% delle terre graffiate dall’impronta umana si era inabissato.
Un disastro che a Hollywood non e’ stato ancora raccontato. I dati, intanto, si accumulano e rivelano l’energia spaventosa di quell’abbraccio liquido. Dal Mediterraneo al Baltico il balzo fu di una cinquantina di metri, come un mezzo grattacielo. Golfi e pianure svanirono e anche molte paludi e foreste che avevano disegnato i panorami del continente. Fini’ come un miraggio Doggerland, la piattaforma che saldava l’attuale Danimarca con l’Inghilterra, ma la «Grande Onda» sconvolse ogni bordo sabbioso e roccioso dell’Europa. E le civilta’ del Mesolitico si sbriciolarono.
Adesso l’inglese Garry Momber e lo scandinavo Harald Lubke sono tra i ricercatori che si immergono nelle acque fredde e sempre piu’ inquinate del Canale della Manica e del Mare del Nord per esplorare l’Atlantide perduta. Spesso sono alcuni di quegli aspetti ostili – la carenza di ossigeno e la geografia dei fondali – a custodire i reperti molto meglio della terraferma, offesa da secoli di attivita’ umane. «E’ li’, sott’acqua, la prossima ”grande storia” che ha in serbo l’archeologia», ha annunciato alla rivista «New Scientist» Jeffrey Rose della Oxford Brookes University.
In effetti l’avventura e’ appena agli inizi ed e’ un motivo per cui non ha ancora conquistato la fantasia del pubblico, ma l’altra Europa, quella degli abissi, sta gia’ svelando alcune promettenti porte d’accesso: si chiamano Bouldnor Cliff e Howick in Inghilterra, Tybring Wig in Danimarca e Wismar Bay in Germania, oltre alla piu’ famosa Doggerland. E’ in ciascuno di questi indirizzi, sospesi tra terra e acqua, che la macchina del tempo macina meraviglie: tracce di foreste e segni di insediamenti, depositi di ami da pesca e mucchi di rifiuti, canoe scavate nei tronchi e grandi capanne di legno.
A Bouldnor Cliff e’ stata addirittura trovata una specie di piattaforma che, secondo gli studiosi, serviva per assemblare e «varare» le imbarcazioni. «Una vera gemma», la definiscono, non meno stupefacente del villaggio di pescatori che emerge dal fango di Tybring Vig. Li’ merluzzo e crostacei rappresentavano la dieta standard, ma tutti gli europei del lungo disgelo – quello tra 11 mila 500 e 4 mila anni fa – sarebbero vissuti in una sorta di Eden, scandito dalla pesca e da un pacifico seminomadismo, via terra e via mare. I nostri progenitori – sostengono gli archeologi – erano navigatori piu’ che abili e le «tribu’ delle onde» devono essere riuscite a costruire uno simulacro di globalizzazione ante-litteram, a base di coraggiose esplorazioni e di intensi scambi.
Finche’ un doppio disastro mise fine a tutto. Mentre i mari un tempo benigni si ribellavano, si materializzarono da Est le invasioni delle «tribu’ della terra». I motivi del loro arrivo e cio’ che fecero – confessano i ricercatori – e’ uno dei numerosi misteri di un lontano passato, ma si sicuro si diedero da fare per buttare tutto all’aria.
Tra 6 mila e 4 mila anni fa, infatti, imposero stili di vita stanziali contro quelli seminomadi e alla pesca intensiva sostituirono l’agricoltura e l’allevamento. Resta controverso se si sia trattato di una transizione violenta o pacifica e quanto le due tribu’ si siano mischiate. Gli archeologi di terraferma, pero’, continuano a portare alla luce asce e punte di frecce di una civilta’ ormai irrimediabilmente diversa. E’ quella del Neolitico, che della perduta Atlantide cancello’ ogni memoria.
Autore: Gabriele Beccaria.
Fonte: La Stampa, Tuttoscienze, 16/12/2009