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ARTEGNA (Ud). Colle di San Martino spuntano i resti dell’antico castello.

Verso la creazione di un polo archeologico sul colle di San Martino in grado di offrire qualcosa di unico tra ritrovamenti, paesaggi, ambiente e panorami da ammirare.
A due anni dall’inaugurazione del castello Savorgnan ricostruito dopo il crollo del 1976, sul colle di San Martino le scoperte continuano.
E proprio durante l’ultima campagna archeologica avviata alcuni mesi fa dal Comune in accordo con la Soprintendenza regionale sono venute alla luce le fondamenta dell’antico castrum sul lato nord ovest dove un tempo era localizzato l’accesso al castello: «In realtà – spiega Luca Villa, l’archeologo che segue gli scavi – il castello Savorgnan è una dimora costruita secondariamente, mentre prima sul colle c’era l’antico castrum distrutto a causa delle lotte di potere nel XIV secolo. Bisogna immaginare che il colle anticamente era un complesso interamente costruito e abitato».
Sono proprio una parte consistente della prima costruzione datata intorno al V secolo a essere venuta alla luce in questi mesi: si trova sul lato nord ovest dove originariamente c’era l’accesso a quel punto strategico visto che il colle di San Martino si trova all’incrocio delle strade che un tempo collegavano Concordia, Cividale e Aquileia.
Nel corso di questi mesi, le consistenti murature che facevano da basamento alle abitazioni localizzate su quel lato sono comparse grazie all’attento lavoro di scavo: ora si punta a procedere ancora, con il fine di realizzare un nuovo percorso che conduce direttamente alla terrazza del castello Savorgnan, già meta di molti visitatori in questi anni.
«Da quando è stato inaugurato – spiega l’assessore alla cultura Beatrice Rinaldis – contiamo dai 3 ai 400 visitatori al mese ma anche alla luce di queste scoperte pensiamo a un polo archeologico vista l’unicità che questo colle può offrire.
Per realizzare ciò avremo bisogno della collaborazione della Regione anche perché un Comune piccolo come
il nostro non può disporre delle risorse necessarie per terminare gli scavi ma anche per tutti quegli interventi di mantenimento da realizzare nel tempo. Quello che è certo è che si tratta di un luogo unico e allo stesso tempo molto facile da raggiungere».

Autore: Piero Cargnelutti

Fonte: www.messaggeroveneto.it, 7 dic 2016

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