Santa Rosa de Tastil è un piccolo paese situato nella provincia di Salta, Argentina, nel quale si trova il più grande sito archeologico pre-inca del paese con il maggior numero di pitture rupestri che rappresentano una grande attrazione turistica.
Il sito venne scoperto nel 1903 dall’archeologo Eric Boman, successivamente nel 1997 fu dichiarato Monumento Storico Nazionale.
Tra il 1000 e il 1400 d.C. Tastil rappresentava una città prospera di 3.000 abitanti situata a 3.200 metri sopra il livello del mare.
Tastil fu probabilmente una delle città lungo il cammino cosiddetto Qhapaq Ñan, ovvero una rete di strade che gli Incas crearono per poter collegare i centri di produzione e di culto su oltre 40.000 chilometri in Sud America. Questo grande insieme di sentieri, conosciuto anche come Inca Trail, si espandeva negli attuali territori di Argentina, Cile, Perù, Bolivia, Colombia ed Ecuador.
Proprio in Argentina, la lunghezza di questo percorso raggiunge i 3000 km distribuiti in sette provincie e con 32 siti archeologici associati. Questa maestosa infrastruttura stradale è tale che l’UNESCO la dichiarò, nel 2014, Patrimonio dell’Umanità.
Secondo l’archeologo Christian Vitry, direttore del progetto Qhapaq Ñan Salta, i costruttori ed i primi abitanti della città di Tastil furono i cosiddetti Diaghiti (popolazione pre-inca), i quali parlavano la lingua kakán. Questi vissero in pace ed armonia fino a quando arrivarono gli invasori inca che li sottomisero. Di conseguenza questi furono costretti a spostarsi oltre i limiti ed a lavorare per l’impero di Cusco.
Oggi si possono vedere una serie di muretti in pietra accatastati senza l’utilizzo di malta, ma di grande solidità – che ha permesso il loro mantenimento per secoli – che si innalzano a circa un metro da terra e formano diversi recinti di varie dimensioni per le unità famigliari. Questi erano separati da corridoi rialzati che funzionavano da strade comuni caratterizzate da una distribuzione concentrica attorno a quella che era la piazza centrale. Proprio in quest’ultima si trovava la wanka, ovvero una pietra sacra in cui avvenivano le pratiche rituali.
In questa immenso labirinto di strade si trovavano luoghi di macinazione del grano e di allevamento di lama, abitazioni i cui tetti erano composti da pelle animale e corda, ed una serie di sepolture. A proposito di quest’ultime, l’archeologo Virty sottolineò che nelle sepolture delle famiglie le tombe erano uguali per tutti; questo suggerisce che esistevano criteri di uguaglianza sociale, ad eccezione, però, del capo tribù in quanto la sua sepoltura si trovava al centro della piazza principale ed era accompagnata da un corredo funebre.
Nella stessa zona nel 1975 venne fondato il Museo di Santa Rosa de Testil, in cui vengono raccolti i reperti emersi durante gli scavi: manufatti legati alle attività quotidiane, armi, ossa animali e umane.
Oggi il BID, Banco Interamericano de Desarrollo, si occupa della valorizzazione e delle attività di scavo di questa zona. Il BID finanzia le sue attività attraverso i suoi programmi di turismo sostenibile per la provincia di Salta. A differenza dei lavori del secolo scorso, oggi gli scavi, le iniziative di valorizzazione e conservazione archeologica avvengono grazie all’opera della stessa comunità locale.
Queste attività hanno permesso soprattutto ai giovani archeologi, che hanno aderito alle campagne di scavo, di conoscere la storia e di entrare in contatto con ciò che non si conosceva della propria regione. Infine, ha consentito loro di toccare con mano una storia molto lontana nel tempo ma indispensabile per conoscere le proprie radici.
Autore: Thea Federica Zacherl – thea.fe.zacherl@gmail.com
Fonte: iadb.org, elPatagónico