Le lettere “X” e “P” (chi e ro) intrecciate, ovvero il monogramma di Gesù Cristo in greco, su ognuno degli otto petali (contornati di rosso) di un fiore inserito in un ottagono, a sua volta compreso in un pavimento in cotto riaffiorato dopo un secolo nel corso dei lavori di riqualificazione di piazza Capitolo ad Aquileia.
Il manufatto musivo è tornato alla luce assieme al quadriportico del IV secolo che si trova di fronte alla basilica post-teodoriana nord e a pochi passi dal complesso attuale. Il monogramma è un simbolo forte, che conferma l’antica presenza del Cristianesimo nella città dei patriarchi.
L’aspetto che colpisce è l’insistenza sul numero 8: «Riflette – dice la Soprintendenza, che si occupa della parte archeologica dell’intervento – il messaggio di salvezza diffuso da Ambrogio, vescovo di Milano, presente spesso ad Aquileia, e i cui riflessi sono percepibili nello spazio ottagonale interno al battistero e nella primitiva vasca battesimale».
Torniamo al discorso della piazza. Una volta approvato il piano di sistemazione, tre mesi fa è partito il primo lotto di lavori, diretti dall’architetto Giovanni Tortelli, che ha anche firmato il progetto. Nelle città d’arte e nei centri storici è consuetudine chiamare gli esperti, in questo caso la Soprintendenza, per dei sondaggi che possano arricchire il patrimonio documentario e conoscitivo del sito. Di questa parte dei lavori – sotto la direzione scientifica della dottoressa Franca Maselli Scotti, direttrice del Museo di Aquileia – si è occupata l’Arxe di Trieste, che opera da tempo qui e in altre località della nostra regione. Al quarto, quinto saggio sono riaffiorati il quadriportico e il mosaico.
L’archeologo Cristiano Piussi, titolare dell’Arxe: «Lo scavo è stato effettuato sulla documentazione austro-ungarica del precedente intervento, datato 1909, che non aveva immagini e che ci ha lasciato in eredità soltanto qualche disegno. L’intervento sulla piazza ha offerto dunque l’occasione per allargare le conoscenze sul porticato di fronte all’aula basilicale nord. Sono affiorate diverse cose, fra cui il mosaico, che è stato un po’ una sorpresa. Le spiego il perché. Nei primi anni Settanta, l’allora direttrice del Museo di Aquileia, Luisa Bertacchi, condusse non molto distanti scavi analoghi e trovò un pavimento simile, ma senza simboli. Qui invece siamo stati più fortunati. E poi abbiamo trovato altro, come alcuni basamenti di colonne e lo scolo delle acque piovane, il pavimento del portico vero e proprio, in cubetti di cotto grossolano, ma anche il famoso lacerto musivo. Inoltre sono venuti alla luce resti di abitazioni romane databili attorno al I-II secolo dopo Cristo e un pozzetto per la fusione di campane risalente al 1400-1500, unico esempio del genere ad Aquileia».
Lo scavo è ampio e siamo al primo lotto di lavori, che dovrebbero essere completati entro la fine di luglio. E poi? La Soprintendenza, vista l’importanza dell’antico simbolo cristiano ritrovato e che «potrebbe presto non essere più visibile, risepolto sotto la nuova sistemazione della piazza», auspica che «una nuova modifica all’originale progetto permetta di mantenere in luce questa antica testimonianza di fede».
Siamo ancora in tempo? È possibile lasciare in vista – con i dovuti accorgimenti – questi nuovi gioielli, arricchendo ancor di più la già amplissima offerta di turismo culturale (e non solo) del complesso della basilica di Santa Maria Assunta? È possibile, eventualmente, spostare il mosaico e collocarlo, per esempio, in Museo? A questa seconda domanda possiamo rispondere di sì.
La rimozione pone problemi, ma con le tecnologie di oggi questa è una strada praticabile. Siamo di fronte a un importante ritrovamento che non cambierà il corso della storia di Aquileia e della fede che qui è sbocciata e da qui si è irradiata tanti secoli fa, ma l’esito di questi scavi dà comunque un ulteriore contributo alla conoscenza della sua storia, religiosa e artistica.
Fonte: Messaggero Veneto 01/07/2008
Autore: Nicola Cossar
Cronologia: Arch. Romana