Nuove importanti scoperte nella città romana. Grazie alle ricerche emerge la stretta connessione fra il fiume Natissa, le mura e le piazze. Un’équipe di studenti, dottori di ricerca e dottorandi dell’Università di Verona, sotto la direzione di Patrizia Basso, in collaborazione con Diana Dobreva, ha avviato lo scorso mese di giugno, una ricerca archeologica nell’area del Fondo ex-Pasqualis, all’estremità sud-occidentale di Aquileia. L’area è stata conferita alla Fondazione Aquileia nel 2008.
I lavori sono stati condotti su concessione ministeriale, in accordo con la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del FVG, in collaborazione con il direttore della Fondazione Aquileia, Cristiano Tiussi, e con il sostegno della Fondazione. Dopo aver condotto un rilievo delle murature rimaste in luce dopo gli scavi novecenteschi e dopo una prospezione geofisica su tutto l’areale, con la campagna 2018 si sono aperti due ampi settori di scavo. Il saggio aperto sul lastricato più occidentale ha messo in luce almeno tre fasi di frequentazione precedenti, che coprono un arco cronologico che va dal I al V sec. d.C. Di grande interesse è un livello di travi bruciate, dove si sono raccolti cumuli di semi di cereali, che potranno fornire dati di grande utilità sull’alimentazione del tempo. Il saggio aperto tra le due cinte murarie ha fissato la datazione di quella più interna al IV secolo e quella più esterna al V d.C., rivelandone le tecniche di fonazione e aprendo nuove riflessioni sul loro significato nel quadro della storia urbana: il possente muro interno fu realizzato recuperando i materiali costruttivi da altri monumenti urbani per realizzare così una robusta struttura fortificata.
Di grande importanza per ricostruire l’alzato è stato il rinvenimento del crollo di un ampio settore della facciata, costituita da ricorsi di mattoni e altri di blocchi lapidei e dotata di una piccola feritoia. Il muro più esterno, invece, costruito mediante un preliminare consolidamento del terreno con pali di legno e anfore rinvenuti in ottimo stato di conservazione, era caratterizzato da alcune aperture con rampe di risalita verso le piazze, con buona probabilità connesse ad approdi sul fiume.
I risultati preliminari dei due saggi confermano la stretta connessione fra il fiume, le mura e le piazze: il complesso unitario, a sud della Basilica, doveva giocare un ruolo cruciale nell’urbanistica e nella vita economica e sociale.
Durante lo scavo l’area è sempre rimasta aperta al pubblico e con l’aiuto degli studenti sono state organizzate visite guidate.
Il direttore della Fondazione Aquileia, Cristiano Tiussi, ricorda che “è fondamentale per la fondazione, oltre al raggiungimento degli obiettivi di ricerca, indirizzare le indagini pensando alla futura valorizzazione dei siti, senza interdire, l’accesso alle aree aperte al pubblico.
Autore: Elisa Michellut
Fonte: www.messaggeroveneto.it, 6 luglio 2018