La domus dei putti danzanti.
Così è stata soprannominata la grande casa del IV secolo dopo Cristo la cui pianta è stata riportata alla luce ad Aquileia, in via Gemina, nel corso della campagna di scavi avviata nel 2005 dagli archeologi dell’ateneo di Trieste, gestita dal Dipartimento di scienze dell’antichità.
Si tratta di un’altra perla archeologica, presentata ieri ufficialmente, scoperta a pochi metri di distanza dall’importante strada ciottolata, sempre risalente al periodo tardo-antico, fatta riemergere qualche tempo fa sempre dai ricercatori giuliani.
Fra le parti più preziose della domus, sicuramente lo splendido mosaico policromo con le ghirlande che racchiudono i putti danzanti (da qui la denominazione data alla casa), ma anche le altre stanze, complessivamente ne sono state individuate sei-sette, più i vani di sfogo, contengono elementi di grande importanza.
Globalmente, le scoperte fatte dai ricercatori dell’Università triestina – l’iniziativa è anche una grande palestra per i giovani archeologi – saranno sicuramente utili a chiarire meglio l’intera stratificazione di vita nella città collocata fra Foro e porto fluviale, punti nodali della struttura urbanistica dell’Aquileia antica.
La campagna di scavo effettuata quest’anno ha permesso di chiarire, infatti, la planimetria della domus tardo-antica, con l’individuazione dei muri perimetrali di diversi ambienti arricchiti da pavimenti con mosaici interamente ricostruibili. Una rinvenimento che si può sicuramente definire eccezionale è quello riguardante alcune stanze dotate di riscaldamento.
È stato infatti scoperto un vano che conserva i piastrini ancora in situ e il muro con la risega su cui poggiava il pavimento, sotto il quale passava l’aria calda per il riscaldamento prodotta attraverso il fuoco costantemente alimentato in uno specifico ambiente.
«Nel corso dell’ultima campagna – ha raccontato Federica Fontana, ricercatrice del Dipartimento di scienze dell’antichità e direttrice dello scavo di Aquileia –, svuotando la terra sterile dentro il portico della domus abbiamo rinvenuto, inoltre, un pavimento in opus spicatum a forma di U che forse faceva parte di una latrina di vaste dimensioni. Si tratta probabilmente della base su cui si potevano posare i piedi. Vicino al pavimento si trova una cabaletta di scolo che scorreva sotto i sedili in pietra, ora asportati. La latrina – queste le conclusioni della dottoressa Fontana – sembra riferibile al periodo tardo-repubblicano e, in quel caso, sarebbe la più antica finora ritrovata in Italia».
Le sorprese della domus, che visto il numero delle stanze e la ricercatezza dei pavimenti è appartenuta, molto probabilmente, a una personalità di rilievo del periodo, forse un funzionario imperiale, sono davvero numerose. A nord sono stati messi in luce mosaici geometrici, con fini motivi in bianco e nero, probabilmente parte di una nuova domus sempre risalente al IV secolo dopo Cristo, collocata però dall’altra parte della strada che divideva il quartiere residenziale. Si tratta di una casa leggermente meno ricca ma molto curata, dove si scaverà nei prossimi anni. Ad ammirare la nuova, straordinaria scoperta archeologica c’erano ieri anche delle istituzioni culturali e politiche: il prorettore dell’ateneo triestino Fabio Ruzzier, la rappresentante del Centro di Villa Manin di Passariano, Mariella Moreno, il direttore dei Musei Civici di Udine, Maurizio Buora, l’assessore provinciale al turismo, Franco Mattiussi, il sindaco di Ruda, Palmina Mian, e naturalmente quello di Aquileia, Alviano Scarel.
«È giusto che Aquileia sia un cantiere aperto – ha rimarcato Scarel – e che si evidenzi lo straordinario panorama archeologico presente, ma non posso non esprimere comunque una forte preoccupazione per il destino di queste nuove scoperte che una volta emerse, per evitare la loro rovina, hanno assoluto bisogno di cure e coperture adeguate. Non vedo però, al momento – ha lanciato l’allarme il sindaco –, progetti di restauro e di valorizzazione del patrimonio oggi presentato. Voglio ricordare che la Fondazione di recente costituita non ha in programma iniziative in questa zona di Aquileia, ma in altre aree, dove si deve assolutamente intervenire per non rischiare di perdere altre preziose scoperte fatte in scavi di cinquant’anni fa, già in parte compromesse. Per cui altri devono pensare al futuro della domus dei putti danzanti».
E a tale riguardo va ricordato che la questione sollevata dal sindaco Scarel rappresenta, di fatto, uno dei nodi principali che la stessa Fondazione per Aquileia dovrà affrontare. Infatti, come ha rilevato a più riprese dalla stesso primo cittadino, buona parte del patrimonio archeologico emerso ha assoluta necessità di interventi di conservazione e valorizzazione per evitare il suo parziale o completo degrado. Considerando che questi interventi richiedono costi molto elevati, gli stessi vertici della Fondazione hanno dovuto compiere scelte precise, individuando specifiche aree e opere per i lavori conservativi, e duque escludendone altre. E, fra queste ultime, come ha ribadito il sindaco, c’è anche la zona in cui si trova la pianta della domus presentata ieri e la strada acciottolata che dovranno, quindi, in assenza di nuove iniziative economiche che non si sa però, a questo punto, chi intraprenderà, rimanere coperte dai teli degli archeologi. Com’è accaduto in altri casi, sotto quei teli potrebbero rimanerci decenni: con ciò rischiando – in tutta evidenza – di subire un danno che potrebbe essere irreversibile.
Fonte: Messaggero Veneto 08/08/2008
Autore: Patrizia Artico
Cronologia: Arch. Romana