Mi chiamo Usai Antonio, nato ad Assemini (Ca) il 13/10/1957 ed ivi residente in via E. d’Arborea n. 9. Forse sarò monotono, ma anch’io vorrei dire la mia sulle colonne d’Ercole e precisamente sul I posizionamento delle colonne, che il giornalista ed autore del libro ”Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta” Sergio Frau colloca al canale di Sicilia.
Leggendo libri di storici antichi si capisce, in effetti, che le colonne d’Ercole fino alla fine del IV sec. a.C. erano al canale di Sicilia e non a Gibilterra. Ma c’è un libro, su tutti, nel quale in un capitolo che si titola ”descrizione geografica della terra”, è descritta perfettamente e chiaramente la prima posizione delle colonne d’Ercole.
Il libro si titola ”trattato SUL COSMO PER ALESSANDRO, attribuito ad Aristotele”, di Giovanni Reale. Anche Sergio Frau, prima di me, ha attinto a questo libro per le sue ricerche, solo che per Frau, Aristotele le colonne le mette prima al canale di Sicilia (Aristotele dice che, attraversate le colonne d’Ercole, ci sono le due Sirti), poi subito dopo, Frau le fa piazzare ad Aristotele a Gibilterra, perché non sa spiegarsi, almeno così si capisce, cosa ci facciano certi mari al di là delle colonne, e anche a causa dei confini che Aristotele da alla Libia.
Possibile che Aristotele si sia contraddetto mettendo le colonne prima al canale e poi le abbia tolte per metterle a Gibilterra? No, infatti le cose stanno diversamente.
Non ricordo quante volte ho letto la descrizione geografica che Aristotele fa della terra; ma ogni volta che la leggevo oltre che confermarmi ulteriormente che le colonne d’Ercole non sono assolutamente a Gibilterra ma al canale di Sicilia in tutta la descrizione geografica, si capisce chiaramente come, nella sua mente, Aristotele vedeva il mondo che lo circondava; e si può anche intravedere che questo “trattato”
Di questa sua visione del mondo ne ho fatto due cartine che ho allegato a questo mio scritto. E per essere più sicuro di tutto questo, ho portato il testo Aristotelico, solo la versione in greco, a una professoressa di latino e greco antico, la quale molto gentilmente me l’ha tradotto e la sua traduzione, che è più letterale, rispecchia quella di G. Reale ad eccezione di quel <te kaì> menzionato anche da Frau, che la professoressa traduce in “e anche”
Esempio: “io mi chiamo Usai e anche Antonio”
Tutta la descrizione dipende da poche e semplici parole, 4 nella traduzione di G. Reale, 6 in quella della professoressa alla quale avevo portato il testo in greco: <<All’interno verso Occidente, facendosi strada con uno stretto passaggio alle cosiddette Colonne d’Ercole, l’Oceano penetra nel mare interno…>>(G.Reale) <<Al di qua, invece, verso Occidente,….>> (professoressa).
Queste semplicissime parole, su cui tutti sorvolano, dicono chiaramente, categoricamente, senza ombra di dubbio che le colonne d’Ercole non sono a Gibilterra, perché stando a Gibilterra come si riuscirebbe a entrare nel Mediterraneo andando verso Occidente? Da Gibilterra si entra verso Oriente. Dove sono allora le colonne? Lo dice Aristotele stesso (anche Frau): “All’interno verso Occidente (verso la sponda occidentale) facendosi strada con uno stretto passaggio alle cosiddette colonne d’Ercole, l’Oceano penetra nel mare interno come in un porto, e allargandosi a poco a poco si estende, abbracciando grandi golfi collegati l’uno con l’altro, ora sboccando in strette aperture, ora nuovamente allargandosi.
Certo sembrerebbe che Aristotele abbia fatto un errore mettendolo al di là delle colonne, ma Aristotele, se leggiamo attentamente non lo sta mettendo al di là, infatti il testo recita: “Orbene, in primo luogo, si dice che, dalla parte destra –
Bisogna ricordare che lo stesso Aristotele in ”Meteorologia” 354a quando recita:”Ancora, dal momento che molti mari non sono comunicantim fra loro … “
Ora parlerò dei mari al di qua e al di là delle colonne; il mare al di qua é chiamato interno e come fa capire la parola stessa e lo stesso Aristotele, é un mare chiuso (ovvio non del tutto); mentre il mare al di là, l’esterno, per l’autore é un mare aperto, e lo si capisce chiaramente quando dice: £Il mare che sta all’esterno della terra abitata si chiama Atlantico o Oceano, e ci bagna tutto intorno. All’interno verso Occidente … le due Sirti”
Ed ecco che ancora una volta quelle 4 o 6 semplicissime parole sono determinanti per la descrizione geografica di Aristotele. Questo vuol dire che per Aristotele la Libia finisce alle colonne d’Ercole del canale di Sicilia,oltre le quali (e adesso davvero verso Occidente, verso l’America) non ci sono, o meglio non in quella posizione che conosciamo, la Tunisia, l’Algeria e il Marocco, ma solo l’Atlantico te kaì Oceano che tutto circonda e che forma (verso oriente) i 3 mari e tutto il resto. Quindi é chiarissimo quando scrive: “la Libia è quella regione che si estende dall’istmo Arabico (o dal Nilo) fino alle colonne d’Ercole”
Addirittura l’Iberia Aristotele la cita una sola volta e non certo come sede delle colonne. E infine quando dice: “l’Europa è quella terra che ha come confini tutt’intorno le colonne d’Ercole, le insenature del Ponto, il mare d’Ircania nel punto…”
Tutto inizia e tutto finisce in un mondo tutto e solo greco. E per finire mi sia consentito dire “..e aveva un’isola innanzi a quella bocca, che si chiama, come voi dite, colonne d’Ercole.” (Platone-Timeo)
E così, sia nel mare Atlantico chiuso di Platone, sia nell’Oceano Atlantico, dove la mettono la maggior parte degli studiosi moderni, ma purtroppo per loro nell’Atlantico di questo Aristotele, al di là delle colonne d’Ercole c’é sempre un’isola: la mia Sardegna.
Bibliografia:
– Sergio Frau “le Colonne d’Ercole un’inchiesta” ed. Nur Neon srl Roma 2002;
– Giovanni Reale-A.P.Bos: ”il trattato Sul cosmo per Alessandro attribuito ad Aristotele” ed.Vita e Pensiero Milano1995;
– Lucio Pepe ”Aristotele Meteorologia” libro 2 cap I 354 ed. Bompiani Milano 2003;
– Luigi Annibaletto “Erodoto Storie” II, par.33 storie III par.115 ed. Oscar Mondatori Cles (Tn)1985;
– Roberto Nicolai “Polibio Storie” libro XXXIV par.6 ed. Newton Roma1998;
– Platone Opere complete vol.6° Timeo par. 25e ed.Laterza Bari 2003.
Autore: Antonio Usai