Tutto quello che ci circonda è governato da due forze, due principi chiamati frettolosamente nella cultura Occidentale con il termine di “Bene” o “Male”, elementi spesso visti in contrapposizione l’uno l’altro.
Nietzsche ce li presenta sotto la veste dell’Apollineo o luce e del Dionisiaco o caos, due aspetti in realtà non contrastanti ma facce diverse di un “apeiron” primordiale che è monade Leibniziana di tutte le cose.
E’ proprio seguendo questo duplice aspetto che arriviamo nella città di Torino, omphalos primordiale da dove si dipartono misteriose energie.
Secondo diverse leggende esoteriche Torino farebbe parte di un doppio triangolo magico, uno positivo, ai cui vertici si troverebbero Torino, Praga e Lione, e uno negativo composto da Londra e San Francisco.
La magia di Torino risiederebbe nella sua posizione, essa sorgerebbe su di un nodo geomantico, un “omphalos” appunto, punto di intersezione tra le tante correnti energetiche terrestri chiamate leys, spesso caratterizzate dalla presenza di correnti d’acqua come avviene proprio nel caso della città piemontese che sorge appunto alla confluenza di due fiumi, il Po, fiume maschile, il Sole, e la Dora, elemento femmineo, la Luna, che formano un mistico anello d’acque attorno alla città. Anche la localizzazione di Torino non è casuale, essa sorge perfettamente sul 45° parallelo, segnalato proprio dall’obelisco situato in piazza Statuto, luogo di cui parleremo in seguito.
Alcune leggende vogliono che la fondazione della città risalga al periodo egizio, lo stesso nome avrebbe origini nord africane e in particolare deriverebbe da “Thwt Rym”. La studiosa Alessandra Luciano nel suo libro “I magici misteri di Torino” afferma, ad esempio, che la città fu fondata da un mitico sacerdote-faraone chiamato Pheaton, che letteralmente significa “qui è Aton”, e la cui etimologia ci riporterebbe al mitico Fetonte greco che tante leggende legano alla città. Fetonte era figlio di Apollo e della bella ninfa Climene, il ragazzo, orgoglioso di esser il figlio di un dio si vantava spesso delle sue origini e così, un suo amico invidioso, il malvagio Epafo, gli raccontò che sua madre aveva mentito e che il padre era invece un comune mortale. Fetonte deluso chiese subito conferma alla madre che, per tutta risposta, lo mandò dal dio Apollo in persona.
Il giovane, per avere una prova di quello che gli veniva raccontato chiese ad Apollo un atto d’amore paterno e gli chiese di promettergli qualunque cosa egli avesse chiesto. Il dio accettò di buon grado ma, il figlio fece una richiesta molto pericolosa, gli chiese che gli lasciasse guidare il carro del Sole. Il dio non poté tirarsi indietro e così Fetonte salì sul mistico cocchio ma, non abituato a guidarlo, iniziò a perdere il controllo delle redini e il sole si avvicinò così tanto alla terra che Zeus, preoccupato per le sorti del mondo, fu costretto ad ucciderlo con un fulmine.
Sempre secondo la leggenda il carro finì tra le acque del Fiume Eridano, nome che ricorda strettamente “iw ra danit”, il fiume sacro a Ra e dunque ancora richiami all’ energia solare e al dio egizio Aton.
Torino così è la città “solare”, legata all’aspetto maschile, ma il suo duplice aspetto la lega anche alla terra, al principio femminile e creatore e dunque alla grande madre. Ed ecco così che la luce fa posto al buio, il “sopra” lascia spazio al “sotto” al magico ed impenetrabile sottosuolo della città ove troviamo gallerie, mura difensive, grotte alchemiche e antri ipogei in parte naturali in parte realizzate dall’ uomo e dove si perpetuavano misteriosi rituali legati ai culti orfici importati nel periodo dell’impero romano dall’ oriente come quelli dettagliatamente descritti da Ovidio nelle “metamorfosi” o ancora da misteriosi alchimisti medievali.
Si dice che esisterebbero più di una trentina di antri di cui molti posti sotto il Duomo e sotto la chiesa della Grande Madre. Dopo questa virtuale discesa nel cuore della città torniamo in superficie, soffermandoci proprio su quest’ultima chiesa il cui nome già rievoca strani culti legati alle vergini brune, del resto il tempio, costruito nel 1814 al ritorno dei Savoia dopo l’occupazione napoleonica, sorgerebbe su di un luogo dedicato ad Iside.
La chiesa sarebbe anche legata al mito del graal e così, alzando il nostro sguardo sull’ingresso del tempio troviamo due stranissime statue, la Religione e la Fede, realizzate da Carlo Chelli.
Particolarità delle due rappresentazioni è il fatto che esse sono rappresentate da due donne prosperose, la prima possiede in fronte un triangolo divino e ai piedi una tiara papale mentre un angelo inginocchiato le tocca la veste, l’altra statua rappresentata appunto dalla Fede sorregge invece con la mano sinistra un calice attorno al quale appunto nasce la leggenda legata al Graal, infatti, secondo la tradizione gli occhi della statua indicherebbero il luogo ove il calice sarebbe tuttora custodito.
Avvicinandoci così con occhi curiosi capiamo come tutto nella città è visto in una chiave duale, Uomo-Donna, Sole-Terra, un dualismo esasperato poi verso il 1800 in ambienti massonici e anticlericali, proprio quando il “doppio”, inizia ad esser concepito non più come aspetti diversi di una stessa realtà ma come contrapposizione di forze: “Bene e Male”.
Ecco che leggende parlano così di porte per gli inferi e per il paradiso, verosimilmente gli ingressi ad antri alchemici o a grotte legate ad antichi culti pagani, di cuori “neri” e “bianchi” della città come Piazza Statuto considerato uno dei punti più negativi di Torino e ancora oggi amata dai cultori della magia nera come luogo ideale per i loro macabri rituali. Questa zona rappresenta il “negativo” della città essa si trova ad occidente e quindi in posizione infausta perché qui tramonta il sole e perché qui vi era la “vallis occisorum” luogo ove venivan sepolti i morti nell’ antichità. Nell’eterna lotta tra le due forze, però, esisterebbe una “porta positiva” posizionata nel mezzo alle statue dei due Dioscuri, letteralmente “figli di Zeus”, Castore e Polluce.
Strane energie, mutevoli sensazioni, antichi culti e tradizioni, questo è il fascino intramontabile di Torino, mistico Omphalos ove non Bene e Male, ma Luce e Buio si incontrano per creare mutevoli sensazioni, sottili giochi d’ombre nel crepuscolo oltrepassato il quale, la realtà può esser vista con occhi diversi, gli occhi di “colui che sa” e che può ancora ritrovare tra le vie e le strade alberate della città, ai piedi della fantastica Mole Antonelliana o sulle rive del Po ancestrali ricordi di culti oramai perduti.
Autore: Andrea Romanazzi