Scoperte nel mare di Nora, dagli archeologi subacquei, due dighe sommerse per fermare l’impeto delle onde e bloccare l’erosione. L’erosione costiera non è solo un’emergenza di oggi. L’avevano già individuata, tentando di porvi rimedio, gli antichi Romani. Almeno dalle parti di Nora, davanti alla città fondata dai Fenici, passata nelle mani dei Punici e che i discendenti di Romolo avevano poi conquistato, il mare ruggiva con forza, ingoiandosi spiagge e scogliere, minacciando l’ urbe.
Ed è qui, a poca distanza dal litorale, che gli archeologi hanno scoperto una diga sommersa, grosse pietre non regolari ma chiaramente sistemate dall’uomo per smorzare le onde di duemila anni fa.
Una vera massicciata non diversa da quelle erette a Perd’e Sali e che ora anche Capoterra vuole innalzare a Frutti d’Oro.
«Sono blocchi di arenaria ricavata nelle cave della vicinissima penisola di Fradis Minoris, opere di rinforzo della costa», racconta l’archeologo della Soprintendenza di Cagliari, Ignazio Sanna, che nelle acque di Nora ha, insieme alla collega Manuela Solinas e ai sommozzatori della Guardia di Finanza, svolto una serie di indagini subacquee per mettere in evidenza le emergenze celate sul fondo del mare.
«Uno studio cominciato nel 1996 e che ancora prosegue», racconta il ricercatore. «Siano intervenuti in maniera sistematica dai zero ai 15- 16 metri, per poi portarci fino ad una profondità di 28 e trenta metri, ed è proprio qui che ci siamo avvalsi della professionalità delle Fiamme Gialle».
È proprio durante questa lunga prospezione subacquea che l’équipe della Soprintendenza archeologica ha scoperto le barriere frangiflutto. Una all’altezza dell’isolotto del Coltellazzo e Capo Pula, simile a quelle individuate nel recente passato a Malfatano. L’altra, più spostata verso la zona delle terme. Ma il mare di Nora ha restituito anche due importanti relitti sommersi. Una nave fenicia, adagiata su un fondale di 28 metri che aspetta soltanto di essere scavato.
Si tratta di una nave da trasporto che custodisce anfore resinate, dunque utilizzate per il trasporto del vino. «Anche se questa tecnica di costruzione veniva sfruttata per conservare anche altri tipi di alimenti come per esempio le carni, come abbiano avuto modo di constatarlo in altri importanti rinvenimenti e ricerche a Santa Giusta e nella stessa Nora», ricorda Sanna.
«Le anfore recuperate nel relitto dell’ottavo secolo avanti Cristo a Nora provengono dalla zona meridionale della Spagna dove si trovavano le prime colonie fenicie, e questo conferma quanto era stato ipotizzato: cioè la relazione tra Nora e le colonie iberiche ».
La costa sud occidentale continua dunque a restituire testimonianze antiche, “pezzi” del passato che di volta in volta consentono di scrivere (a volte riscrivere o almeno correggere) la storia della Sardegna. E proprio nella baia di Agumu a saltar fuori dal fondale roccioso è stato anche un altro scheletro ligneo di una nave di epoca ben più recente di quella fenicio-punico-romana.
«È un relitto del settecento », dice ancora l’archeologo subacqueo, «ma tutta la baia di Agumu come quella più estesa verso Nora conserva parecchio materiale che per ora abbiano censito e il cui lavoro di indagine consentirà, in futuro, di programmare eventuali interventi di recupero».
Anfore, ancore, magari l’intero scafo di una bellissima nave da esporre nei locali del futuro Parco archeologico di Nora, Sant’Efisio e dei Quattro mari.
Fonte: L’Unione Sarda 04/06/2008
Autore: Andrea Piras
Cronologia: Arch. Romana