Settemila opere d’arte trafugate, la maggior parte ritrovata in Francia, Regno Unito, Belgio, Svizzera, Grecia e Spagna e in un’ altra quindicina di Paesi esteri. Con gli Stati Uniti a rappresentare da soli circa il 40% del mercato mondiale sottratto all’Italia. Dati di un vero e proprio saccheggio compiuto negli ultimi vent’anni ai danni dell’ Italia. E le Marche non sono da meno. Secondo un’interrogazione dei consiglieri Prc della Provincia di Pesaro Alessio Mangani e Orlando Lustrissimini, sarebbero duemila le opere trafugate nel 1811 dal principe Eugenio Bonaparte. E da allora le cose non sono andate migliorando. Fino al Lisippo di Fano custodito al Paul Getty Museum, l’ultimo esempio.
Ed è proprio la villa di Malibù oggi ad essere messa sotto accusa. A gridare allo scandalo, il Los Angeles Times in un’inchiesta ripresa da Repubblica. Secondo il quotidiano gran parte della collezione del petroliere americano è stata acquistata da “tombaroli” e ricettaroli internazionali”. Il che dimostra che Getty sapeva che i suoi principali fornitori vendevano oggetti molto probabilmente trafugati ma che nonostante questo continuò ad acquistarli. E la polemica si riaccende.
“Sono contenta, qualcosa finalmente si sta muovendo”, dice Maria Luisa Polichetti già sovrintendente delle Marche e oggi consulente per i beni artistici del presidente Spacca. Non che sia una gran novità, aggiunge, di “acquisti avventati” sono pieni i musei di tutto il mondo. Ma la vicenda, Lisippo in primis, “è da seguire con attenzione”. Per la statua ripescata nel 1964 dal motopeschereccio fanese “Ferri-Ferruccio”, può aprirsi uno spiraglio “ma – avverte la Polichetti – serve un’azione forte, coinvolgendo tutte le istituzioni. Una task force che si muova sulla base di principi giuridici”.
E’ infatti la legislazione che è diversa in ogni Paese a creare l’intoppo. “Il nostro Ministero sta lavorando da decenni in questo senso – ricorda il soprintendente ai Beni Archeologici Giuliano de Marinis – ma di fatto una normativa protezionistica è solo in Italia, Grecia e Turchia che sono i Paesi più esposti. Il resto è terra di conquista. Oggi – spiega ancora – gli scenari clandestini non ci sono più, il business rientra in quello più vasto di droga e traffico d’armi. Solo in tempi recenti, grazie a convenzioni internazionali, è possibile procedere al recupero delle opere trafugate. E solo in casi in cui si può provare l’ illegalità della provenienza. E questo – ribadisce – non è il caso del Lisippo”.
A questo proposito De Marinis è categorico: “Bisognava pensarci per tempo. Le lacrime da coccodrillo non servono”. La statua, messa all’ asta con finte certificazioni dopo un passaggio in Svizzera per “ripulirla”, ha perso – dice De Marinis – ogni pretesa di tornare in patria.
Invita a non darsi per vinti l’onorevole Vittorio Sgarbi, già sottosegretario ai Beni Culturali. “Ci vuole una determinazione del governo – ripete – le strutture ci sono. L’inchiesta pubblicata dal Los Angeles Times? Può avere un peso, sì. Può essere lo spiraglio per rialzare la testa. Ma se la questione non finisce sulla scrivania di qualche funzionario finisce qui”. E ancora: “Nel quadro generale di una rivendicazione dell’Italia, il Lisippo può rientrare. Ovunque l’abbiano ripescato. Perché dal punto di vista giuridico l’importante è che abbia messo piede in Italia. E a quel punto è difficile dire che il trafugamento non c’è”.
Buone novità intanto sul fronte della prevenzione e della lotta ai traffici illeciti di opere d’arte. A fine anno sarà istituita la sezione marchigiana del Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri, finora accorpata a quella dell’Emilia Romagna. Secondo i dati forniti dal comando regionale dei carabinieri, dal primo gennaio ad oggi sono 35 i colpi messi a segno a danni delle opere d’arte custodite nelle Marche. Mobili antichi, quadri, oggetti sacri dal valore di svariate migliaia di euro che hanno preso la via dei ricettatori. Diversi i rinvenimenti, poca cosa però rispetto alla gran mole dei pezzi rubati. Il colpo più eclatante, il 21 gennaio ad Ascoli con mobili antichi, armi da collezione e oggetti sacri di grande valore asportato e poi recuperato. A luglio è toccato a Recanati. L’ultimo colpo messo a segno è stato il 17 settembre alla chiesa di Cagli.
Fonte: Corriere Adriatico 27/09/2005
Autore: Pia Bacchielli