Un viaggio sotto il segno della preistoria e di Ciccillo. La zona di Altamura, dall’ottobre 1993, è diventata una importantissima mèta del turismo culturale, soprattutto degli appassionati di preistoria.
Dal Parco dei dinosauri all’«Uomo di Altamura», paesaggi ed emozioni si susseguono sul filo della «macchina del tempo» che scorre indietro non già di secoli, ma di millenni.
È in contrada Lamalunga che, durante alcune attività di ricerca degli speleologi del «Centro altamurano ricerche speleologiche», vennero rinvenuti i resti fossili di un uomo arcaico.
La sensazionale scoperta ha riportato indietro gli orologi della esistenza della stessa zona – ritenuta invece sommersa dalla acque – alla notte dei tempi.
I resti sono stati attribuiti a quello che è stato battezzato «Uomo di Altamura» – poi soprannominato familiarmente da alcuni «Ciccillo»- appartenente alla specie dell’«Homo arcaicus». La scoperta è avvenuta in una grotta carsica tipica dell’Alta Murgia barese. Secondo l’equipe del prof. Vittorio Delfino Pesce dell’Università di Bari, dalle prime rilevazioni la data dei resti dovrebbe risalire a circa 250 mila anni fa, ponendo l’«antenato altamurtano» fra l’Homo erectus (400 mila anni fa) e l’Homo neanderthalensis (250 mila anni fa).
Millennio su, millennio giù, di certo si tratta di uno dei pochi ritrovamenti al mondo del paleolitico medio – inferiore, che presenta lo scheletro completo in tutte le sue parti, interamente mineralizzate e calcificate. A regalarci questa preziosa testimonianza è stato un insieme di fenomeni carsici correlati tra loro: le ossa, infatti, sarebbe state rapidamente avvolte da una sottile pellicola di calcite e questo ne ha consentito la perfetta conservazione. Tra i resti è ben visibile il cranio, la cui immagine è diventata il simbolo di questo sito, un cranio attualmente incastrato nella pietra.
Ma se Lamalunga è la valle dell’«Uomo di Altamura», la cava in località Pontrelli a circa cinque chilometri da Altamura, sulla strada che collega quest’ultima a Santeramo, rappresenta la riproposizione pugliese della «Valle incantata».
Scoperte sei anni più tardi, ma di qualche milioni di anni più vecchie, le quasi trentamila orme di dinosauri, rinvenute su un’area di dodicimila metri quadrati rappresentano una scoperta eccezionale, avvenuta nel 1999, resa possibile grazie al lavoro di rilevamento geologico effettuato dal prof. Nicosia dell’Università «La Sapienza» di Roma. Un lavoro di ricerca che ha reso la cava il sito più ricco e importante d’Europa e forse del mondo.
Le impronte risalgono a circa 70 milioni di anni fa, e testimoniano la presenza di oltre duecento animali, appartenenti almeno a cinque gruppi diversi di dinosauri, erbivori e carnivori come i teropodi. simili ai tirannosauri.
Le dimensioni delle impronte variano dai 5 – 6 cm fino ai 40 – 45 cm, facendo supporre di trovarsi di fronte ad animali alti fino a 10 metri, in un eccezionale stato di conservazione delle impronte, dovuto molto probabilmente alla presenza di un terreno paludoso dal fondo fangoso, con tappeti di alghe che hanno permesso la cementazione dell’impronta.
L’eccezionale scoperta permette di rileggere la storia del paesaggio pugliese: si pensava infatti che circa 70 milioni di anni fa nell’area pugliese non esistessero terre emerse, mentre le testimonianze paleontologiche dimostrano la presenza di isole circondate dal mare.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno 17/07/2006
Autore: Paolo Pinnelli
Cronologia: Preistoria