Furono due le migrazioni che consentirono all’uomo moderno di uscire dall’Africa e colonizzare l’Eurasia: lo conferma una nuova analisi di dati genetici e somatici di varie popolazioni asiatiche e oceaniche condotta da una collaborazione internazionale a cui ha partecipato anche il gruppo di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara.
Secondo le conclusioni dello studio, pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” a prima firma Hugo Reyes-Centeno dell’Eberhard Karls University di Tubinga, in Germania, la prima avvenne tra 100.000 e 50.000 anni fa verso l’Eurasia del sud, l’altra 50.000 anni fa verso l’Eurasia del nord.
I dati paleontologici e genetici sono concordi nell’individuare gli antenati dell’essere umano moderno in un’unica popolazione ancestrale vissuta in Africa tra 200.000 e 100.000 anni fa. Ciò che invece è ancora materia di dibattito è in che modo sia avvenuta la diaspora di questa popolazione dal continente africano. Le ipotesi in campo sono soprattutto due: la prima prevede una singola migrazione verso l’Eurasia avvenuta nel Tardo Pleistocene, tra 75.000 e 50.000 anni fa, la seconda una serie di migrazioni successive a partire da 130.000 anni fa.
Il dato di partenza su cui si confrontano i genetisti è che, via via che ci si allontana dall’Africa sub-Sahariana, diminuisce sia la variabilità genetica delle popolazioni, sia la loro variabilità fenotipica, in particolare della conformazione del cranio. Il fenomeno è stato interpretato da alcuni studiosi ipotizzando che la popolazione iniziale degli esseri umani si sia allontanata rapidamente dall’Africa procedendo verso est, e si sia poi suddivisa in diversi piccoli gruppi, formati da un numero limitato di individui. Da ciascuno di questi gruppi si sarebbero sviluppate delle sottopopolazioni che conservano solo un piccola parte della variabilità genetica e somatica della popolazione originaria, secondo il cosiddetto “effetto del fondatore”.
La diminuzione di diversità genetica e somatica con l’allontanamento dall’Africa è però compatibile anche con un altro modello di diaspora, che prevede una prima migrazione tra 100.000 e 50.000 anni fa, lungo una rotta costiera verso sud, seguita da una seconda migrazione, avvenuta circa 50.000 anni fa, che, attraverso l’attuale Medio Oriente, portò i primi umani verso l’Eurasia del nord. Questa doppia migrazione avrebbe dovuto lasciare una traccia genetica nelle popolazioni dell’Asia e dell’Oceania.
In quest’ultimo studio Reyes-Centeno e colleghi hanno usato un’ampia base di dati genetici e somatici, in particolare della forma del cranio, delle popolazioni moderne per mettere a confronto i due modelli. Secondo le loro conclusioni, sia i dati genetici sia quelli somatici supportano l’ipotesi della doppia migrazione. In particolare, le popolazioni dei nativi australiani, del melanesiani, dei papuani e altre popolazioni dei Sud-Est asiatico sarebbero dirette discendenti della prima migrazione verso sud, mentre il resto delle popolazioni dell’Asia sono il frutto della seconda migrazione e di successivi mescolamenti con individui della prima.
Fonte: www.lescienze.it , 22 apr 2014