Fluorescenza a raggi X, analisi materiche non invasive e datazioni radiometriche dei pigmenti preistorici di grotte e ripari. Tutto per capire con certezza con che materiali sono state dipinte queste opere antichissime. E per comprendere, con esattezza, quando sono state realizzate.
Questi sono solo alcuni degli obiettivi principali del programma di ricerca scientifica internazionale incentrato sullo studio dell’arte rupestre della Maiella. E l’iniziativa è importante perchè indica strade avanzate alla ricerca sulla paleo-pittura in Italia. Un metodo sempre più oggettivo, che consentirà di esplorare con massima precisione la storia più arcaica dell’evoluzione del linguaggio espressivo umano. Meccanismi remoti che possono far luce anche su comportamenti presenti, che sono rimasti strutturalmente invariati.
L’iniziativa, patrocinata dall’Ente Parco Nazionale della Maiella, ha l’obiettivo di approfondire le conoscenze materiche e cronometriche – cioè di misurazione del tempo – sulle pitture abruzzesi che, recentemente, sono state collocate nell’ambito dell’arte rupestre schematica Mediterranea neolitica e protostorica (VI – I millennio a.C.).
La ricerca affidata all’archeologo Guido Palmerini, ricercatore presso il laboratorio CEPAM – UMR7624 dell’Université Côte d’Azur di Nizza, viene svolta in stretta collaborazione, oltre che con il Servizio Biodiversità e Ricerca Scientifica del Parco, con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Chieti, Pescara e L’Aquila e con i ricercatori del prestigioso Muséum national d’Histoire naturelle – UMR 7194 di Parigi.
Proprio l’Istituto parigino ha messo a disposizione dell’equipe di ricerca un innovativo strumento di analisi non invasiva in grado di determinare con grande precisione la composizione dei materiali con i quali sono state realizzate le pitture rupestri.
La prima campagna di ricerca, durata 3 settimane e appena conclusasi, ha permesso di analizzare circa un terzo dei siti attualmente censiti che, nella loro totalità, costituiscono il più grande archivio d’arte rupestre dell’Italia appenninica. Inoltre, nel corso di questa missione, senza precedenti in Italia, è stato possibile determinare la presenza di depositi residui di carbonio all’interno delle superfici dipinte, indispensabili per eseguire le datazioni al radiocarbonio delle pitture rupestri. Cosa significa? Che la macchina è in grado di segnalare la presenza di materiale organico nelle pitture. Dove c’è materiale organico è possibile giungere a una datazione relativamente precisa attraverso indagini al radiocarbonio, come quelle che vengono praticate per la datazione dello strato in cui avvengono gli scavi archeologici. L’esame di materiale di derivazione animale o vegetale come carboni residui di un fuoco antico, schegge di legno, resti ossei eccetera consente – normalmente negli scavi . di giungere – se il prelievo è stato eseguito correttamente – a una datazione del reperto e di tutto ciò che c’era attorno a lui e che è rimasto nello stesso strato dello scavo. Quindi: individuando materiale organico nei dipinti è possibile datarli in modo molto preciso, evitando i possibili errori legati alla valutazione stilistica.
In questo modo anche rispetto alle pitture rupestri si potrà essere più precisi. Dopo le ricerche sul sito preistorico della Valle Giumentina (610 mila anni fa), il Parco Nazionale della Maiella si conferma, anche con le sue grotte decorate, un prezioso archivio di informazioni per lo studio sulla colonizzazione umana dell’Appennino in epoca preistorica e un partner di riferimento per lo sviluppo di programmi di ricerca internazionale altamente specializzati.
Fonte: www.stilearte.it, 3 nov 2021