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ROFRANO (Sa). La via delle Grangie: dall’incastellamento longobardo alle fattorie monastiche tra VI e XII secolo. Il progetto MWA Museums per Rofrano.

Rofrano è un borgo collinare in provincia di Salerno, di origine altomedievale, nella parte meridionale del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano, e Monti Alburni. E’ l’area dove pulsa il cuore di roccia del monte Cervati (1900 m), il tetto della Campania. E’ l’area che si affaccia sul golfo di Policastro, e che sin dall’epoca dei Lucani ha visto svilupparsi e crescere centri dominanti come Roccagloriosa e Bussento (attuale Policastro), fondamentali per lo sviluppo sociale, culturale, artistico, spirituale ed economico del Cilento, strutturando una vasta area, tra le valli del fiume Mingardo ed il fiume Bussento, al pari di quanto più a nord hanno fatto Velia alla foce del fiume Alento, e Paestum alla foce del fiume Sele.

Affacciato a circa 450 m slm, sulla valle del fiume Faraone che gli scorre ad occidente, affluente del Mingardo che sfocia nel mar Tirreno a sud di Palinuro a circa 22 km in linea d’aria, Rofrano è un borgo di appena 1250 abitanti, che nonostante in via di spopolamento, ha il privilegio di svilupparsi per 64 kmq in una delle aree più incontaminate d’Italia, con scorci paesaggistici e ricchezza naturalistica da restare incantati. E altrettanto la sua storia altomedievale, trascurata da enti pubblici e privati, o comunque non degnamente esplorata, eppure si tratta di pagine di una storia straordinaria, legata all’incastellamento longobardo dell’Italia meridionale da cui è nata la storia del ducato di Benevento, il più vasto, ricco, e potente ducato del regno longobardo d’Italia.

Come ogni altro borgo storico italiano, considerato minore per pura valutazione numerica della popolazione residente, ma di certo non minore per importanza storica e ricchezza di patrimonio culturale, artistico, architettonico, e naturalistico, Rofrano è vittima di una cultura di pianificazione degli investimenti pubblici che non solo sono ancora troppo lenti e con visioni poco sistemiche, ma indirettamente disincentivano anche gli investimenti privati che non sono e non possono essere attratti da territori dove la spesa pubblica si limita a garantire la sopravvivenza, ed in molti casi neppure quella.

E’ da tali considerazioni, e nel tentativo di dare una mano ai borghi storici con potenziale museale medievale ma in difficoltà a creare progetti e ad attrarre investimenti, che a Dicembre 2023 White Oak Arkitecture ha ideato e sviluppato il progetto MWA Museums, un progetto privato a cui hanno aderito fino ad oggi trentuno Comuni, e dall’11 Febbraio 2024 anche Rofrano.

L’ambizione è creare un modello di sviluppo per il pubblico, e di attrazione d’investimento per il privato, al fine di aiutare i borghi storici in via di popolamento, non puntando al ripopolamento decontestualizzato, facendone una pura questione di numero, ma associando piani di rigenerazione urbana sistemica ai progetti museali, e chiudendo il territorio, blindandolo, proteggendolo, contro la speculazione del turismo di massa.
In tale ottica, anche un borgo la cui storia medievale è stata funzionale ad un centro di maggior peso, può tornare a partecipare allo sviluppo del territorio, sebbene con ruolo da satellite, come è accaduto nella prosperità dei secoli altomedievali con l’incastellamento longobardo, una storia che per la maggior parte d’Italia, non solo per i borghi del Cilento, può ancora considerarsi ignota, lasciata al caso, trascurata, oggetto di ricerca di una minoranza accademica che sebbene altamente specializzata è penalizzata nei fondi che sono dirottati quasi tutti verso etrusco, greco, e romano, lasciando il resto della storia, ed in particolare l’alto medioevo, come un libro in cui la straordinaria storia culturale italiana, senza pari, con la più alta concentrazione territoriale al mondo di patrimonio UNESCO, è scritta con pagine miniate e curate in ogni dettaglio per i primi capitoli, abbozzata per gli ultimi, e nel mezzo, un alto medioevo fatto per lo più di pagine bianche.

A seguito dell’adesione di Rofrano, il fondo privato che supporta MWA Museums nelle investigazioni storiche preliminari al fine di verificare le potenzialità museali e le condizioni di fattibilità, ha avviato le prime ricerche, e dai dati raccolti è nato il progetto “La via delle Grangie: dall’incastellamento longobardo alle fattorie monastiche tra VI e XII secolo”. Per ora si tratta di un progetto di ricerca, ma l’ambizione è di trasformarlo presto nel progetto museale con cui Rofrano sarà partner operativo della rete MWA Museums.

Fino ad oggi è emerso che della Rofrano altomedievale anche la letteratura già prodotta conosce ben poco, ma dalle indagini preliminari è già abbastanza chiaro che deve essere stato un insediamento fortificato longobardo sin dalla fine del VI secolo. L’ipotesi è che fu funzionale alla protezione di Corleto, attuale Corleto Monforte, sede di contea longobarda sin dal 572-574 [Thomas Allocca (2024)], svolgendo funzione di insediamento di sbarramento per i nemici che potevano accedere alla valle del fiume Calore provenendo dal mare, risalendo il fiume Mingardo e poi passando da Laurino. In tale contesto, il ruolo di Roccagloriosa era fondamentale, a controllo di entrambe le valli fluviali, del Mingardo e del Bussento, relegando a Sanza e Sassano sul versante del vallo di Diano, per chi risalisse il Bussento, il ruolo di sbarramenti militari.

Se nel VI-VII secolo Rofrano non aveva ancora una struttura proto-urbana, di certo ha iniziato ad averla con l’incastellamento longobardo, che è mia ipotesi fu voluto dal conte di Corleto nell’espansione verso la costa meridionale, lasciando quella settentrionale alla contea di Capaccio.

Rabano Mauro, De Rerum Natura, cod. cassinese, by Thomas Allocca

Nell’anno 1131, il normanno Ruggero II re di Sicilia dona al monastero bizantino di Grottaferrata il feudo di Rofrano, che comprende il monastero benedettino di Santa Maria. Risulta un monastero indipendente, vasto e ricco, Ha alle sue dipendenze undici grangie [Domenico Martire Cosentino (1876), p. 150]. Da questa donazione si comprende che Rofrano arriva alla conquista normanna con un potere feudale ed economico molto forte, motivo per cui Ruggero II decise di usare questo feudo come dono ad una Chiesa che lo aveva aiutato a diventare re, appena un anno prima nel 1130.
Le undici grangie di Rofrano sono sparse su un territorio vastissimo, ma la produzione a vasta scala è sicuramente il risultato di una strutturazione territoriale precedente, di matrice longobarda, poiché in appena mezzo secolo i nuovi conquistatori non avrebbero potuto strutturare una così vasta area produttiva ed una fitta rete di strade necessarie alla convergenza delle produzioni presso le grangie ed agli scambi commerciali.

Non si hanno date di fondazione del cenobio iniziale, ma è mia ipotesi che fu fondato sin dai primi anni della cristianizzazione longobarda, non più tardi della metà del secolo VII. Conoscendo la grande opera di integrazione che i Longobardi fecero tra monaci benedettini e monaci basiliani, se all’epoca della donazione del 1131 il monastero di Rofrano aveva già una comunità basiliana al suo interno, questa non è certamente precedente l’incastellamento longobardo. Se lo fu, era di tipo anacoreta, non cenobita.
Numerose comunità di monaci basiliani migrarono dall’oriente in fuga dall’iconoclastia, e poi dal sud Italia in fuga dalle incursioni saracene, tra VIII e X secolo, ed i Longobardi sono stati grandi integratori di comunità religiose, ma erano filo benedettini, e se ci furono basiliani a Rofrano li devono aver integrati nel monastero che era comunque benedettino. Credo dunque che le grangie prima della donazione all’abbazia di Grottaferrata, siano state non con regola basiliana ma benedettina.

Dalla donazione del 1131 risulta che l’abate di Rofrano controllava le grangie Santa Maria De Vita a Laurino, San Zaccaria a Teggiano, San Pietro del Tomusso a Montesano, Sant’Arcangelo a Campora, San Matteo a Policastro, San Pietro a Ravello, San Nicola De Saracusa a Scalea, e poi Portanova e San Nicola di Benevento e Santa Lucia nella città di Salerno, e Santa Maria de Siripi a Sanza [Domenicantonio Ronsini (1873), p. 15].
Il progetto per Rofrano si occuperà della fase tra l’insediamento longobardo di VI-VII secolo e le grangie benedettine fino alla donazione del 1131.

Anche sul toponimo Rofrano ho iniziato a formulare ipotesi, ad oggi senza ipotesi convincenti, o comunque non per me, poiché trascurano tutte la lunga storia longobarda durante la quale si è formato l’insediamento proto-urbano e che inevitabilmente doveva avere un nome longobardo. Qualunque nome avesse avuto precedentemente, in qualunque lingua, di certo con l’arrivo dei Longobardi la comunità locale ha preso un nome longobardo, e se non c’era nessuno, il nome era quello della fara o del leader militare della fara di primo insediamento.

La lingua che parlano i Longobardi di VI-VII secolo non certamente più quella originale scandinava, ma nel loro germanico c’è ancora traccia della lingua della terra dei ghiacci, e la ricostruzione di ipotetici toponimi per translitterazione inversa ne deve tener conto.
La mia ipotesi è che il toponimo Rofrano deriva dal nome del capo della fara, un nobile militare di alto rango distaccato dalla fara di Corleto. Ad esempio, il toponimo Sesta Godano in provincia di La Spezia, che ha stesso suffisso ano–, deriva dal nome Wotan > Gotan > Godan > Godano [Giovan Battista Pellegrini (1990), p. 267], che potrebbe essere stato o una dedica dell’insediamento al dio Odino, o derivare dal nome del militare in comando a capo della fara.
Non bisogna inoltre trascurare che il nome del fiume Faraone ha un prefisso longobardo, fara–, e il vicino borgo Alfano, al pari di Rofrano, potrebbe derivare dal nome di un militare in comando Alfradhr > Alfradr > Alfadr > Alfadro > Alfado > Alfano.
Per Rofrano, la mia ipotesi è che deriva dal nome Worfridhr > Rorfridr > Rofrid > Rofrido > Rofrino > Rofrano.

References:
– Domenicantonio Ronsini (1873), Cenni storici sul Comune di Rofrano, published by Stabilimento Tipografico Nazionale, Salerno, Italy
– Domenico Martire Cosentino (1876), La Calabria Sacra e Profana, published by Davide Migliaccio Editore, Cosenza, Italy
– Giovan Battista Pellegrini (1990), Toponomastica Italiana, published by Editore Ulrico Hoepli, Milano, Italy
– Thomas Allocca (2024), Krunatun. Corleto Monforte nell’alto medioevo longobardo, published by White Oak Arkitecture, Italy

Testo e immagini di Thomas Allocca:
founder/director MWA Museums
http://www.whiteoak.it/mwa

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