Il vaso di Entemena fu il risultato, insieme con tanti altri reperti, delle ricerche e degli scavi eseguiti da Gustave Charles Ernest Chocquin de Sarzec di Rennes, nell’antica città di Lagash (l’odierna Al-Hiba nel Governatorato di Dhi Qar), un’antica città-stato esistente non lontano dalla confluenza fra i due fiumi Tigri ed Eufrate.
Esso prende il nome del sovrano della città, cioè il quinto re della prima dinastia di Lagash.
Sarzec, che oltre essere un diplomatico era pure archeologo, fu invogliato ad approfondire quanto gli era stato riferito dal Guillotti, direttore delle poste e dei telegrafi di Baghdad, il quale, durante un controllo lungo le linee telegrafiche, aveva notata la presenza di statue lungo le rive del fiume Chatt-el-Hai, non lontano dalla città di Telloh. E, dopo aver ottenuta l’autorizzazione dalle autorità ottomane a eseguire scavi in quel luogo, iniziò i lavori nel 1877, affrontandoli con fondi personali. Ed ebbe la soddisfazione di portare alla luce la città di Lagash ed i resti di una civiltà della quale, sino ad allora, non si avevano notizie, vale a dire quella dei Sumeri.
Il contenitore, scoperto nel 1888, è in argento ed è istoriato da leggere incisioni che rappresentano l’aquila con la testa leonina Anzud, che prevale nella lotta contro due leoni, e attorno sono animali bovini e caprini. La realizzazione dell’incisione è un esempio delle realizzazioni da attribuire all’arte toreutica, cioè quella che prevede la lavorazione del metallo a incisione o a rilievo.
La simbologia sta a evidenziare la protezione nella natura, secondo il volere delle divinità. Sulla bocca è un’iscrizione dedicata dal sovrano Entemena al protettore della città di Lagash, il dio Ningirsu.
Il vaso, che ha una base bronzea con tre piedi, si ritiene sia stato costruito attorno all’anno 2400 a.C.
Interessante fu il commento dell’archeologo e assiriologo Leonard William King, vissuto a cavallo fra il XIX e il XX secolo, che studiò presso la Rugby School e insegnò archeologia assira e babilonese al King’s College, sul vaso di Entenema: infatti, secondo il suo parere, era il migliore esempio di lavorazione dei metalli sumeri sino ad allora recuperati.
Oggi, è possibile ammirare quell’importante reperto al Museo del Louvre a Parigi, al quale fu dato in regalo dal sultano Abdul Hamid II, nel 1896.
Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it