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SORRENTO (Na). La Valle dei Mulini, tra giochi di luce, ombre e…speranze di recupero.

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Beni da salvare, recuperare e valorizzare. Lo splendido Vallone dei Mulini è una delle affascinanti attrazioni paesaggistiche della Penisola Sorrentina, un sito tra i più fotografati (e instagrammabili!), a livello mondiale.
Questa profonda gola della celeberrima Costiera, sarebbe il risultato di un’antica eruzione dei Campi Flegrei (le origini risalgono a circa 37mila anni fa), con l’accumulo di detriti (da Punta Scutolo a Capo Sorrento), e l’azione erosiva dei ruscelli, denominati : “Casarlano” e “Sant’Antonino”, che hanno plasmato il territorio, creando un suggestivo solco per trovare il naturale sbocco verso il mare, ma restando purtroppo in uno stato di abbandono, avvolta da una fitta vegetazione, causata dall’alto tasso di umidità, che la renderebbe inabitabile per gli esseri umani.
sorrentoIl Vallone, del resto, non può che essere ammirato dall’alto, visto che il cancello di accesso è chiuso, si dice, da quasi due secoli, mentre il nome richiama l’antico mulino (ne restano visibili solo i ruderi, come pure quelli di altre strutture di seguito citate), che è rimasto attivo fino ai primi del Novecento.
In epoca romana, dunque, Sorrento era attraversata da tre valli, collegate tra loro: il Vallone dei Mulini, al centro di questo sistema, era affiancato da una valle che conduceva a Marina Grande e da un’altra, coltivata ad agrumi, che si estendeva verso l’interno fino alle colline della città. Queste due valli, oggi in parte scomparse, lasciarono spazio a strade ed edifici grazie a diversi interventi di riempimento.
sorrentoNel Cinquecento, la zona divenne proprietà delle famiglie nobiliari prima dei Tasso e poi dei Correale, che avviarono la costruzione del porto del già Capo Cervo, oggi noto come Marina Piccola. Successivamente, sul fondo, fu costruito appunto un mulino che, sfruttando le acque del torrente, macinava il grano destinato alla vendita ai sorrentini. Accanto ad esso sorse una segheria, dove venivano lavorati legni pregiati come ciliegio, ulivo e noce, poi trasformati dagli artigiani locali in manufatti di pregio. Il complesso includeva anche un lavatoio pubblico, dove le donne si riunivano per il bucato.
Intanto, nel 1842, Enrico Falcon, un ingegnere napoletano di origini francesi, acquistò una parte del Vallone con l’intenzione di riqualificare il vecchio mulino e convertirlo in uno a vapore. Ma non se ne fece più niente.
In passato, Sorrento era collegata al resto della costiera da un ponte stretto lungo la valle, che nel 1866 l’amministrazione comunale decise di demolire, per sostituirlo con una piazza, ottenendone lo spazio necessario grazie al parziale riempimento della gola, trasformazione questa che divise il Vallone dei Mulini in due parti: da un lato lo sbocco verso il mare, poi occupato dalla strada per il porto, e dall’altro un piccolo complesso industriale. Quest’ultimo cessò di funzionare all’inizio del XX secolo, sia a causa della mancanza d’acqua, ormai incanalata altrove, sia per ragioni climatiche, tanto che gli abitanti (particolarmente contadini e pescatori), abbandonarono la valle, che si trasformò presto in un luogo incontaminato e selvaggio, come del resto appare ancora oggi.
Ne seguirono dei lavori di restauro per prevenire crolli, ma ogni progetto di valorizzazione sarebbe reso complesso dalla frammentazione (o confusione?), della proprietà: mentre una parte del Vallone appartiene allo Stato, la maggioranza risulterebbe in mani private.
Come già detto, è bene tener presente che questo luogo suggestivo non è visitabile, preservandone così la natura rigogliosa, tra la cui vegetazione spontanea cresce anche una particolare specie di felce (la Phyllitis Vulgaris), priva di fiori e semi, caratterizzata da foglie intere.
Oggi il Vallone dei Mulini, immerso in un’atmosfera che sembra ferma nel tempo, resta uno spettacolo da ammirare e da fotografare dall’alto. Scendendo per via Fuorimura verso Piazza Tasso, a Sorrento, si scorge, sulla sinistra, una ringhiera che affaccia sulla caratteristica gola, un sito che resta “catalizzatore di sguardi”, cornice di un’atmosfera fiabesca.
Si consiglia, quindi, di osservarlo in momenti diversi del giorno, facendo attenzione ai giochi di luce e ombre che variano insieme al sole. Una buona prospettiva dall’alto, da dove sarà possibile immaginare un luogo pieno di vita fino agli inizi del Novecento, con la sua attività produttiva ed i corsi d’acqua che, secondo l’archeologa Paola Zancani Montuoro, hanno dato a Sorrento il suo nome: niente a che vedere con le sirene, l’etimologia deriverebbe dal greco surreo, nel significato di scorrere insieme o confluire.
Una città, dunque, plasmata dall’acqua dolce e resa unica dalla splendida vista che gode sul mare.
“Una città che non è semplicemente sole, agrumi e limoncello, ma anche storia, tradizione e… incanto”.
Insomma un vero angolo di paradiso in terra, tale da restare semplicemente estasiati.

Autore: Gennaro D’Orio – doriogennaro@libero.it

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