Affacciandosi alla Piazzetta dal loggiato di Palazzo Ducale, a Venezia, se ne coglie meglio l’imponenza: un dado di quattro metri di lato; scende in profondità per quasi due. Non smettono di sorprendere i cantieri per il restauro del lastricato e la difesa dell’area di San Marco dalle maree intermedie, sotto la quota minima sperimentale di operatività del Mose, il sistema di dighe mobili ai tre varchi fra Adriatico e laguna. Archeologia e contemporaneità hanno fatto un patto. I lavori rallentano lo stretto necessario, perché la Soprintendenza veneziana abbia il tempo di indagare, documentare, ricoprire.
Riaffiora, qui come in Piazza, la pavimentazione del Dodicesimo Secolo. Non era in pietra, ma in mattoni, posati di taglio a spina di pesce. Il dado parrebbe precedente. Devono aver convissuto prima del Ducale in versione trecentesca, aspetto mantenuto nell’insieme fino ad ora. Anche se risulta staccata dai resti del largo muro che corre lungo la facciata del palazzo attuale, la struttura potrebbe aver fatto parte del complesso dogale più antico.
La cautela è d’obbligo per gli archeologi in un quadro avaro finora d’indizi.
La suggestione corre: immagina Marco Polo in partenza per l’Oriente, passare ragazzo sotto la torre e rivederla uomo al ritorno. Magari avrà indugiato proprio lì, sul rosso dei mattoni. Frammenti che sembrano isole nel tempo.
Autore: Luca Colombo
Fonte: www.rainews.it 27 nov 2024