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Gennaro D’Orio. Chiesa di Sant’Eligio Maggiore al Mercato (Na) torna (forse) a splendere.

eligio maggiore

La Cultura con la maiuscola non si ferma, non deve fermarsi.
Una meraviglia, uno scrigno straordinario di arte religiosa, sarebbe tornato a risplendere da alcuni mesi per fedeli e visitatori. Il condizionale è d’obbligo ben conoscendo “uomini e cose”, per quanto poi andremo a spiegare.
Parliamo della parrocchia di Sant’Eligio Maggiore, sita dalle parti della storica piazza Mercato a Napoli, una delle prime chiese angioine realizzata nella città partenopea, significando uno degli esempi del gotico meridionale, che più si avvicina a quello d’oltralpe.
Per tale sacra testimonianza, il tempo sembrava (e ancora sembra?), essersi fermato in termini di auspicata valorizzazione “in fieri”. Troppe le traversie, le disavventure, sofferte. Il complesso monumentale, costruito per la sua funzione anche di ospedale e cimitero, appena al di fuori della cinta muraria di Napoli, fu infatti colpito e in parte danneggiato da un bombardamento (2a Guerra Mondiale), nel pomeriggio del 28 marzo 1943.
Il “tradizionale”, contiguo, orologio bi-direzionale, trafitto da una lamiera, rimase fermo all’orario dell’esplosione ed è tornato in funzione solo nel 1993, grazie al lavoro sinergico di un’associazione culturale, della parrocchia e dei cittadini. Inoltre, un restauro riportò il tempio alla originaria linea gotica, liberandolo degli stucchi apposti nei secoli. Ma, purtroppo, non finiva lì. Altri sfregi strutturali ed un paio di incendi da falò accesi in piazza (appena nel 2022!), che bruciarono ed annerirono le facciate esterne, fecero il resto, piombando l’importante complesso in condizioni di degrado ed abbandono.
Intanto, tornando agli aspetti storici della chiesa in parola, va rilevato che ogni città ha un angolo, uno scorcio in cui ci si astrae dal tempo, di colpo si respira l’atmosfera di un’altra epoca, viaggiando a ritroso nei secoli. Napoli abbonda di tali luoghi, capaci di indurre un senso di spaesamento, sospensione ed estraneità, includendo in questi l’area di sant’Eligio, comprendente la chiesa ed il complesso addossato a essa. I suoi archi acuti e la sua atmosfera gotica “ci portano immediatamente al Medioevo, con storie di pie devozioni e cupi traffici d’amore”.
I due enigmatici orologi sull’arco furono testimoni di eventi secolari, prima come detto di interrompersi per sempre: qui veramente il tempo pare essersi fermato. Per capire meglio l’atmosfera, sarebbe opportuno per un po’ farsi guidare da alcuni “ciceroni d’eccezione”, tra Benedetto Croce che, famoso per le sue passeggiate in Napoli, quando scrisse il suo articolo per “Napoli Nobilissima”, intitolato “L’arco di sant’Eligio”, i due grandi e famosi orologi funzionavano ancora. Ma ecco nel 1943 l’esplosione della nave Caterina Costa, che lanciò una delle sue impazzite schegge metalliche “contro” e bloccò per sempre il meccanismo, fermando “eternamente” quell’ora. L’illustre filosofo, trovatosi a passare per il vicino Borgo degli Orefici, non poté regolare la cipolla tirata fuori dal taschino del panciotto… Una storia probabilmente unica. La storiella dell’arco di sant’Eligio non poteva essere vera, è dato leggere altresì, perché “nessun grande scrittore della storia di Napoli o cancelliere regio ne parla”, tanto da far ritenere che appartenesse quindi più alla fantasia popolare.
Quella di “Sant’Eligio” è la prima chiesa gotica di Napoli. Austera come tutti gli edifici del Duecento angioino, fu apprezzata dal re Carlo d’Angiò, il quale concesse lo spazio pubblico per la sua edificazione, nel 1270. Strutture come un ospedale, un banco dei pegni, un Conservatorio, un educandato femminile, che nel corso dei secoli andarono ad ingrossare il complesso di Sant’Eligio Maggiore al Mercato, furono poi sequestrate dai francesi quando a Napoli scoppiò la Rivoluzione napoletana del 1799.
A seguito della soppressione degli ordini religiosi e del sequestro di conventi e monasteri, anche “Sant’Eligio” perse la propria identità e, nei locali sacri, vi si impiantò una caserma. Solo nel 1815, con la Restaurazione borbonica, l’imponente edificio riprese il suo ufficio sacro, la sua autonomia ed i suoi privilegi, sempre seminascosto e all’ombra tra i vicoli circostanti. Dopo continue aperture e chiusure seppur temporanee ma alternatesi per anni, la chiesa di Sant’Eligio, sita nella via omonima del popoloso quartiere Mercato, ha riaperto i suoi battenti a maggio scorso.
In concomitanza eccezionale, forse, dell’evento di un concerto di musica sacra o, questa volta, lo si spera per sempre? Fatti e concrete prospettive di riqualificazione, significheranno che si è voltata davvero pagina.

Autore: Gennaro D’Orio – doriogennaro@libero.it

 

 

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