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Gennaro D’Orio. L’Apollo del Belvedere, restauro e nuova vita del “bello ideale”!

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Uno dei tanti gioielli archeologici dei Campi Flegrei, un tempo dimenticati o “nascosti” alla visibilità comune, è andato in…decisivo soccorso della tenuta di un altro scrigno/meraviglia del passato: l’Apollo del Belvedere, considerato l’esempio del “bello ideale”, recuperato e ristrutturato dopo cinque anni, per essere poi inaugurato presso i Musei Vaticani di Roma.
Si è trattato, nel caso di specie, di aver restituito alla statua, per la sua si può dire completa tenuta, la mano “originale” ricavata dal calco in gesso, rinvenuto negli anni ’50 del secolo scorso, tra le rovine appunto del Palazzo imperiale della storica Baiae (Bacoli), in provincia di Napoli.
Dopo cinque anni (tra cui il “fermo” della pandemia da Covid!), si è svelato quindi il sipario sull’Apollo del Belvedere, una volta rimossi dal “Cortile Ottagono” i pannelli del cantiere di restauro che, ovviamente, oscuravano la bellezza eterea, senza tempo, di una delle sculture – simbolo dei Musei Vaticani, scoperta tra le rovine di una domus sul colle romano del Viminale nel 1489, e poi collocata in Vaticano da Papa Giulio II tra le statue che “dovevano celebrare la continuità tra la Roma antica ed il suo pontificato”.
apolloIl monumento, si evince, è stato oggetto di un lodevole lavoro di squadra, frutto di un sapiente equilibrio tra tecnologia e filologia. <<Un’operazione che esprime ciò che vorremmo fossero i Musei Vaticani oggi, ha affermato il direttore Barbara Jatta: “sintesi di tradizione ed innovazione con uno sguardo sempre aperto alle nuove tecnologie”>>.
La Vigilia di Natale del 2019, ha ricordato ai media vaticani Claudia Valeri, curatrice del Reparto di Antichità Greche e Romane delle Collezioni Pontificie, “il Gabinetto di Ricerche Scientifiche al termine di un monitoraggio rilevò un impercettibile movimento della scultura. Questo ci ha messo subito in allarme. Siamo dovuti subito intervenire: la statua è stata messa in sicurezza con un sistema d’emergenza e purtroppo chiusa al pubblico. Bisognava capire perché si stesse, sebbene impercettibilmente muovendo e individuare una strategia che fosse la meno invasiva possibile e potesse sostanzialmente ristabilire un fermo equilibrio”.
apolloIl capolavoro scolpito nel marmo, a partire dalla sua scoperta in epoca rinascimentale, era divenuto il “motore immobile”, ispiratore di tanta produzione artistica, ha osservato da parte sua il vice direttore artistico-scientifico dei Musei Vaticani Giandomenico Spinola, “si era purtroppo mosso” ed era urgente intervenire “come fa un medico con un paziente”. Le fratture e le criticità, soprattutto nella zona delle caviglie e delle ginocchia, richiedevano un intervento risolutivo, considerato altresì, si legge, che gravare sullo stato di salute della scultura sono state sicuramente l’esposizione all’aperto, ininterrotta fin dal suo rinvenimento, ma anche le manomissioni e movimentazioni non indolori, cui è stata sottoposta: prima fra tutte la depredazione napoleonica, ma anche la più recente trasferta, negli anni Ottanta del secolo scorso, in occasione delle mostre negli Stati Uniti. Il complesso progetto di studio, reso possibile grazie al generoso sostegno dei “Patrons of the Art in the Vatican Museums”, ha consentito di individuare le più opportune metodologie di intervento: “Abbiamo vagliato varie possibilità e alla fine ci siamo convinti che bisognava tornare ad un escamotage che era stato già perseguito in passato”, aggiunge Claudia Valeri. La fragilità dell’Apollo ha infatti imposto, tra circa 15 soluzioni prese in esame, la scelta adottata da Antonio Canova di riproporre un sostegno, “utilizzando fori e incassi già presenti sul marmo”. Si è trattato di “un lavoro manuale, ma al contempo intellettuale”, ha spiegato il responsabile del Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei dei Musei Vaticani, Guy Devreux: “Abbiamo interpellato ingegneri e tecnici e tra le varie proposte abbiamo scelto quella di un’asta, curva ellittica fatta di fibra di carbonio e acciaio, che avesse un ruolo di sostegno della scultura, ma non abbiamo praticamente toccato l’opera”. La barra leggermente arcuata, fissata al basamento ed ancorata al dorso della statua, riesce ad alleggerire l’Apollo Belvedere del peso di circa 150 chilogrammi senza comprometterne la godibilità estetica. “È stata una decisione importante”, spiega ancora Claudia Valeri: “Avevamo la consapevolezza che esteticamente la statua sarebbe un po’ cambiata, ma l’intervento ha assicurato la conservazione anche per gli anni futuri. Grazie al tiraggio effettuato dalla barra inoltre è stato attenuato lo sbilanciamento del baricentro della scultura appesantito dal mantello”. Va ricordato, in effetti, che la scenografica postura da arciere dell’Apollo Belvedere, ardita per un’opera in marmo, fu ideata per una invece “plastica in bronzo”.
apolloLa statua vaticana è infatti copia romana dell’originale opera del 330 a.C., attribuita all’ateniese Leochares. L’artista sfruttando la leggerezza del bronzo ideò la posa della divinità ritratta nell’istante immediatamente successivo ad aver scoccato una freccia. “Nel corso del restauro – aggiunge la curatrice – ci siamo resi conto che, come già altri in passato avevano notato, la mano ricostruita nel Cinquecento da Giovannangelo Montorsoli era piuttosto grande, con una posizione non proprio corretta per un arciere. Soprattutto abbiamo avuto la possibilità di provare sull’Apollo del Belvedere il calco della mano di Baia. Il gesto è diventato più naturale, la mano proporzionata e leggera”.
In fase di pulitura il modellato dell’Apollo ha acquisito nuova morbidezza e tra i riccioli è riemersa la policromia violacea che tradisce la preparazione per la doratura delle chiome. Un aspetto, quest’ultimo, messo in luce nel suo intervento da Fabio Morresi, responsabile del Gabinetto Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani che, dopo un vero e proprio intervento di “pronto soccorso” messo in moto cinque anni fa, continua a monitorare l’opera da un punto di vista strutturale e chimico. E per il futuro non si escludono proposte di ulteriori provvedimenti, tra cui anche quella di una eventuale copertura del Cortile Ottagono che limiterebbe i danni causati da agenti atmosferici alle statue.
Per i Musei Vaticani restituire questo capolavoro al pubblico, è stato ed è motivo di grande soddisfazione. L’ Apollo del Belvedere torna dunque a splendere. Ovvero, la nuova vita dell’icona della bellezza classica greca, una delle più affascinanti opere scultoree di tutta l’antichità.

Autore: Gennaro D’Orio – doriogennaro@libero.it

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