San Michele Arcangelo, Archistratigos delle milizie celesti, custode del sacro bema, aveva un ruolo di rilievo nella liturgia e nella iconografia bizantine.
Anche presso i Longobardi l’Arcangelo ebbe subito un enorme seguito per alcune sue caratteristiche che condivideva con Godan/Wotan/Odino: l’essere guerriero, la capacità di dominare gli elementi e lo stretto legame col mondo dei defunti, essendo anch’egli psicopompo (ha inoltre come attributo la psicostasìa, ossia la facoltà di pesare le anime dei trapassati).
Nell’VIII secolo il culto per l’Arcangelo e la fama della sacra montagna del Gargano crescono e si espandono per l’intera Europa grazie al forte impulso da parte dei sovrani longobardi, primo fra tutti Grimoaldo, proclamatosi il protetto ed il difensore dell’Arcangelo, il quale così divenne il protettore ed il santo della nazione longobarda.
La devozione all’Arcangelo continuò e si intensificò col figlio Romualdo e la duchessa Teoderada. Anche in Terra d’Otranto ed in Terra di Bari il culto per l’Arcangelo Michele si diffuse a partire dall’VIII-IX secolo.
Innumerevoli sono le chiese, rupestri e sub divo, dedicate all’Arcangelo. Chiese in grotta sono a Matera, a Triglie presso Statte, a Calsalrotto presso Mottola, a Santeramo, a Gravina ed a Massafra.
Qui, pur se sancito formalmente nel XVIII sec., il culto per San Michele risale al pieno Medioevo quando il Castello Massafra ospitava gli uffici del Gastaldo di Taranto, ove viveva una Comunità di diritto, usi e costumi longobardi, tramandati sino al 1800. Ivi il culto per l’Arcangelo Michele è testimoniato da alcuni documenti, da toponimi e da diversi monumenti. Cominciamo col dire che l’Angelo per eccellenza è l’Arcangelo Michele sicchè, quando troviamo un pittaggio, una contrada o una chiesa rupestre chiamata ‘Sant’Angelo’, siamo certi che fossero dedicati all’Arcangelo Michele.
Circa i pittagi, un documento del 1 ottobre 1641 ci informa che «il pittaggio di Sant’Angelo confinava con una casa di proprietà del Monastero di S. Maria della Giustizia di Taranto, prope castrum di detta Terra di Massafra». Tale pittagio prendeva nome dalla chiesa di S. Angelo intra moenia, da non confondere con quella in contrada Torella. Detta chiesa già esistente nel Medioevo è citata nelle Rationes decimarum del 1324, tra le chiese e benefici (ecclesiae et beneficia) che pagavano la decima alla Camera Apostolica, ove era tassata per sette tarì. Si tratta ovviamente, al pari delle altre, di una chiesa privata (ecclesia dominicalis o titulus minor) in quanto all’epoca non c’era ancora un ente ecclesiastico assimilabile ad una parrocchia. In seguito, la ritroviamo tra le chiese unite, incorporate ed annesse al patrimonio della mensa capitolare con bolla del papa Gregorio XIII del 15 marzo 1582. Infine viene citata nelle Visite pastorali dei vescovi di Mottola, in quelle del 1606 (mons. Russo) e del 1649 (mons. Aquino). Rimane incerta la sua esatta ubicazione in quanto col tempo essa rimase abbandonata, non più officiata e quindi distrutta.
Ma all’Arcangelo Michele è dedicata anche una delle più estese contrade extraurbane di Massafra. La contrada Sant’Angelo (Sànt’Àngele), nota anche come Serra di Sant’Angelo, costeggia per un lungo tratto la Gravina Madonna della Scala ed è limitata ad ovest da quella di Colombato. Vi si rinvengono, oltre al complesso della chiesa rupestre di Sant’Angelo a Torella (di cui si dirà oltre), la Grotta delle Navi, quella del Miele, la Masseria S. Angelo costituita da due corpi separati. Oltre alla chiesa di S. Angelo all’interno dell’abitato, abbiamo altri due luoghi di culto dedicati a San Michele.
A nord della masseria Varcaturo esiste la grotta carsica di San Michele, citata quale cappella nel Catasto Onciario 1749 tra i beni feudali del marchese Michele Imperiali. Nel 1974 fu oggetto di indagine archeologica da parte dell’Archeogruppo di Massafra.
Sant’Angelo a Torella è un complesso monastico ipogeico con vari ambienti disposti sui lati di un vasto cortile centrale che ospitavano le celle, i servizi e, naturalmente, la chiesa. È datato al XI sec. ed è scavato con la tecnica delle case grotte in vicinanza del centro storico di Massafra. La chiesa presentava ingresso ed abside affiancati, separati da un pilastro prima che la costruzione di un muro, avvenuta nel XV secolo, li separasse. In una nicchia di fronte all’ingresso si conserva l’affresco dell’Arcangelo Michele, datato al XII secolo, una prova dell’antichità del culto per il nostro Patrono.
Non è l’unica rappresentazione dell’Arcangelo nel nostro territorio. Infatti nella chiesa rupestre di San Simeone in contrada Famosa si conserva un altro magnifico affresco dell’Arcangelo Michele a figura intera, in abiti militari di Archistratigos delle milizie celesti. Nel Medioevo l’Arcangelo assunse un complesso di attributi, alcune pagane, altre cristiane, riflesse nell’iconografia. La principale è di guardiano armato del sacro bema nelle chiese contro i demòni nonché di difensore dei deboli.
In occidente è rappresentato con la lancia, e talvolta anche con la spada in una mano, e con un globo nell’altra, come è raffigurato non solo a San Simeone a Famosa ed a S. Angelo a Torella a Massafra ma anche nella cripta di San Nicola e in quella di Santa Margherita a Mottola.
Il culto per San Michele era legato in antico anche alla pastorizia, alla transumanza ed alla locazione dei terreni pascolativi.
Non solo a Massafra, ma anche nell’intero territorio pugliese, due sono le feste del Santo: il 29 settembre e l’8 maggio.
Si usava dire che le locazioni per l’erbaggio duravano da un Sant’Angelo all’altro, nel senso che le greggi entravano nei pascoli il 29 settembre, festa di San Michele Arcangelo, e ne uscivano l’8 maggio, festa dell’apparizione dell’Arcangelo Michele sul Gargano.
Autore: Giulio Mastrangelo – giuliomastrangelo@libero.it