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Mario Zaniboni, OLPE CHIGI. Quando il talento è eccezionale.

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L’Olpe Chigi è una specie di brocca, formato da un corpo allungato, molto bello e aggraziato, con un’imboccatura rotonda. L’origine è corinzia e attica e spesso era metallico. La sua funzione era quella di raccogliere e versare liquidi e preferenzialmente era utilizzato per servire vino ai commensali durante i sontuosi banchetti.
Era una produzione specifica di Corinto, una polis della Grecia antica, situata sull’omonimo istmo, che poi veniva venduta nel mondo antico e pertanto anche in Etruria. Corinto fu, infatti, un centro commerciale, politico ed artistico di grande rilievo nel mondo antico, come, a questo proposito, lo dimostra la produzione ceramica di allora. Non a caso si trova, nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, la descrizione del tornio verticale usato in quella città.
L’Olpe Chigi è un oggetto databile fra il 650 e il 630 a.C., periodo in cui governava la dinastia dei Cipselidi, che favorirono le arti dando lavoro ai migliori artigiani. Si è rinvenuto nel 1882 durante ricerche e scavi insieme con altri reperti in una tomba del Tumulo, chiamato Chigi, perché in terreni di proprietà dei principi Chigi, che è una delle necropoli di Veio situata nel comune romano di Formello e dal quale dista circa 5 chilometri. Quel tumulo si trova nel Monte Aguzzo, un’altura compresa nel Monti Lucretili.
La tomba era costituita da tre ampi spazi, di cui il primo sicuramente era stato saccheggiato da tombaroli che, senza tanti complimenti, avevano asportato tutto quanto vi avevano trovato, il secondo era vuoto mentre il terzo, che non fu toccato essendo difeso, per cui era rimasto integro, consentì ai ricercatori di recuperarne il contenuto. Qui, essi trovarono l’olpe di cui si sta parlando ed un bucchero.
L’olpe, che oggi è ospitato presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, è alto 26 centimetri ed è stato prodotto nel periodo fra il protocorinzio medio e quello tardo, che fu un dei migliori per l’arte ceramica di Corinto.
Esaminando l’olpe, ci si rende conto di quanto grande fosse la capacità tecnica e la grande maestria da parte del miniaturista, purtroppo rimasto anonimo, di raccontare storie affollate in spazi limitatissimi, con una rappresentazione chiara e meravigliosa. Sulle sue origini si sono fatte diverse supposizioni: qualcuno ritiene che provenisse dall’Isola Egina, situata di fronte ad Atene, mentre qualcun altro è dell’avviso che si trattasse di un greco immigrato in Etruria, ma, considerate le sue opere, forse non poteva essere altro che di Corinto.
Delle opere che sono giunte sino a noi, pare che solamente quattro abbiano le caratteristiche che non possono essere che sue, però non è detto che non ce ne siano altre, anche considerando il fatto che sono tantissimi gli artisti di ogni epoca che, con la maturità, cambiano soggetto e tecnica espressiva.
La decorazione è molto abbondante – magari forse per qualcuno lo è troppo – ma è veramente molto bella, comprensiva di tutti i dettami forniti dalla iconografia della Corinto di quei tempi.
Il decoro è riassunto in quattro settori. Nel primo, si trovano gruppi di opliti, cioè di guerrieri pesantemente armati, e nel secondo orde di cani all’inseguimento di animali vari. Nel terzo, è rappresentata la scena nella quale Paride, considerato il più bello dei mortali, doveva decidere quale delle tre dee, Atena, Era e Afrodite, era la più bella e queste, per essere scelte, gli fecero diverse promesse: Atena promise che lo avrebbe reso sapiente e invincibile in guerra, Era gli garantì poteri e ricchezze immensi ed Afrodite gli assicurò l’amore della donna più bella del mondo, vale a dire Elena. Paride diede la preferenza a quest’ultima, consegnandole il pomo d’oro e scatenando le ire delle altre due.
Oltre a ciò, il miniaturista ha rappresentato la caccia a un leone, un carro, un gruppo di cavalieri ed una sfinge con due corpi, tipo quelli usati negli stemmi araldici, e un solo volto. Gli spazi vuoti di ogni settore sono riempiti da decorazioni floreali o altri motivi.
Nel quarto, infine, si trovano cani all’inseguimento di lepri.
Oggetto meraviglioso, con decorazioni e figure colorate, di cui purtroppo qualche frazione è andata perduta, merita una visita nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, dove è gradito ospite.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

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