Nel XII secolo, come si ritrova in vecchi documenti di quell’epoca, al confine fra Ferrara e Mantova, ad una trentina di chilometri dalla prima, nella località Stellata, era stata elevata una fortificazione sulla sponda destra del fiume Po. Era una posizione strategica per tenere sotto controllo il movimento dei natanti che transitavano dal Mare Adriatico fino alla Lombardia e viceversa per scopi commerciali e militari. Ma soprattutto la sua funzione era quella di difendere il territorio del marchesato di Ferrara dai tentativi, da parte della Serenissima Repubblica di Venezia, di allargare i suoi possedimenti.
A dare manforte alla rocca di Stellata, di fronte alla stessa, sulla sponda sinistra del Po, ne era stata costruita un’altra, nella località di Ficarolo: pertanto, per distinguerle, la prima era detta “Rocca Possente di Stellata” e l’altra “Rocca Benedetta di Ficarolo”. Erano due stazioni di controllo, munite di un punto d’approdo, sul fiume che era la via percorsa dal maggiore traffico di uomini e di merci dell’intera Pianura Padana.
Nelle sue cronache, lo storico ferrarese Cittadella ricorda che, nel 1139, i Veneziani, che avevano l’idea fissa di impossessarsi dei territori ferraresi, attaccarono in forze la Rocca Possente, ma, grazie alla strenua difesa opposta dai soldati del marchesato di Ferrara, furono sconfitti e ricacciati a casa loro.
Sino ad allora, in quelle località, il fiume Po deviava il suo corso verso sud, per riprendere a scorrere verso oriente dopo l’abitato di Bondeno, passando a valle della città di Ferrara e lambendone le mura. E il porto, che vi era stato allestito, aveva assunto una grande importanza, giacché era divenuto il sostituto dei due porti precedenti della Pianura Padana orientale: questi erano stati quello di Spina, scomparso perché la costa adriatica si era allontanata troppo verso est a causa dei depositi di materiali portati in sospensione dai fiumi provenienti dagli Appennini e dalle Alpi, e quello di Voghenza, che aveva persa ogni importanza a causa dell’interrimento subito dal ramo del Po che l’attraversava.
Tutto procedeva tranquillamente finché, nel 1152, si verificò la cosiddetta “rotta di Ficarolo” che, secondo quanto raccontato, fu una catastrofica alluvione, che scompaginò l’assetto del Fiume. Le acque, che fuoriuscirono precipitosamente, sfruttando la spinta iniziale, si diressero verso oriente, aprendosi in tal modo una nuova via verso il mare, che fu quella che oggi prosegue dopo Ficarolo verso est, con il nome di Po di Venezia, per suddividersi, più avanti, nei diversi rami che costituiscono il Delta. Naturalmente, venendo a mancare l’ansa, il nuovo ramo del Po, essendo diretto, invitava il flusso dell’acqua a seguirlo, e si allargava sempre di più, a scapito del Po di Ferrara, il cui porto, pertanto, subì la drastica riduzione del flusso idrico, favorendo l’interrimento, per cui andò praticamente in malora, com’era successo ai due precedenti. Sembra di poter citare il famoso proverbio della cultura popolare italiana “non c’è due senza tre!” E nel frattempo il Po di Venezia aveva accresciuto il pericolo di invasione, perché consentiva a imbarcazioni veneziane di navigare lungo il confine fra i due stati.
In effetti, ora, dov’era l’alveo del Po di Ferrara, c’è il canale di Burana che prosegue in quello di Volano, che giunge al mare: questi due insieme non sono altro che i raccoglitori delle acque piovane e di annaffiatura delle coltivazioni dei territori modenesi a nord del Reno, di quelli mantovani a sud del Po e di quelli ferraresi occidentali.
Tornando al posto di guardia con le rocche, non è dato sapere più di tanto sulla storia del luogo, però nel 1362 – e questo si sa con certezza – il marchese Nicolò II d’Este si interessò per rimettere in sesto la Rocca di Stellata, che era gravemente danneggiata a causa degli attacchi incendiari effettuati dai Veneziani nel 1306 e nel 1309.
Il 1385 fu un anno di paure da parte della corte estense per due pericoli incombenti.
Il primo riguardava le velleità espansionistiche della città lagunare che non demordeva mai dal suo intento di annettere i territori ferraresi e per questo il marchese intervenne sulle due rocche, facendole ripristinare e migliorare le strutture, senza badare a spese, mettendo in sicurezza i confini verso il nord.
L’altro pericolo era in casa. Infatti, a Ferrara bolliva un grande malcontento che rendeva la popolazione sempre più ostile e violenta nei confronti della corte estense. Era una legittima reazione all’entità esosa delle tasse e alle angherie del Signore della città, per difendersi dalla quale fece costruire il Castello di San Michele.
Con questi due interventi, Nicolò III si ritenne abbastanza al sicuro.
Ma, a seguito delle minacce che provenivano dalla Laguna, nel 1433 il marchese fece ulteriormente rinforzare la Rocca Possente, comprendendone l’importanza strategica.
Del resto, era continua l’avversità che proveniva dal dominio del doge e questa volta, nel 1482, fu tirata in ballo la concorrenza esistente nella produzione e nella commercializzazione del sale. In effetti, le saline di Comacchio, che funzionavano a pieno ritmo, davano fastidio a quelle del Veneto, per cui Venezia puntava al loro possesso. Così scoppiò la cosiddetta “Guerra di Ferrara” o “Guerra del Sale” e i Veneziani tentarono di penetrare nei territori ferraresi, attaccando e assediando la Rocca Benedetta di Ficarolo che, dopo una resistenza che durò cinquanta giorni, dovette cedere. A quel punto, le armate del generale veneziano Roberto di San Severino e dell’ammiraglio Moro rivolsero le loro attenzioni alla Rocca Possente, assediandola dalle truppe di terra sotto il controllo di molte galee. I difensori, ben agguerriti e dotati di una buona riserva di armi, riuscirono a tenere duro fino all’arrivo dei soldati del duca di Urbino, Federico di Montefeltro, comandante in capo della Lega che si era costituita proprio per contrastare le mire espansionistiche dei Veneziani. Ma il loro aiuto non fu sufficiente a smorzare la potenza nemica e la Rocca subì la stessa sorte di quella di Ficarolo.
Si deve ricordare, qui, che il Ducato di Ferrara, Modena e Reggio dipendeva, con vincolo di vassallaggio, dallo Stato Pontificio a partire dal 1471 per concludersi con la devoluzione del 1598, quando tornò sotto il suo governo diretto. Ciò significa che il papa andò su tutte le furie, tanto da lanciare il cosiddetto “interdetto”, inducendo Venezia a lasciare la presa. E così, nel 1484, Venezia dovette cedere parecchie terre conquistate e pure la Rocca Possente al duca Ercole I d’Este.
Le Rocche furono risistemate e, inoltre, per impedire il libero passaggio di natanti sconosciuti provenienti dall’Adriatico e diretti in Lombardia o viceversa, fra le due fu steso un passa catena lungo 600 metri, che veniva sollevato fino al pelo dell’acqua, impedendo la navigazione; era poi abbassato se, dopo il controllo obbligatorio, tutto si dimostrava regolare, liberando la via. Che il passa catena funzionasse fu dimostrato nel 1509, quando alcune galee veneziane tentarono di passare per raggiungere Polesella, dove era in atto, tanto per cambiare, un ulteriore tentativo di attraversare il Po con destinazione la città di Ferrara. In questo modo, i difensori ferraresi, mancando l’aiuto previsto, riuscirono a fermare il tentativo, facendo tornare le truppe di occupazione a casa loro.
Ma ti pareva? Macché, i Veneziani non demordevano, non volevano saperne di mollare la presa, tanto che nel 1510 ritornarono all’attacco, ebbero la meglio e per una ventina di anni la Rocca fu in loro possesso, finché decisero di abbatterla. E per un po’ nessuno ci pensò più.
Ma nel 1510, siccome c’era stata la batosta subita dai Francesi da parte degli Spagnoli a San Quintino, il duca Alfonso I d’Este, temendo che questi continuassero ad avanzare e occupare i territori ferraresi, fece ricostruire la rocca, dandole la forma “a stella” a quattro punte, inseribile in un quadrato, con l’andamento dei bastioni obliqui, meno aggredibili dalle cannonate.
Non si hanno notizie in merito, ma sicuramente è stata distrutta ancora una volta, giacché nel 1557, il duca Ercole II d’Este, d’accordo con il figlio Alfonso, la fece ricostruire, per essere distrutta un volta ancora nel 1587 e poi ricostruita. Insomma, un tira e molla da far perdere la testa.
Il 3 maggio 1567, il papa, che allora era Pio V, emise la bolla pontificia Prohibitio alienandi et infeutandi civitates et loca Sanctae Romanae Ecesiae, con la quale si chiariva che gli Estensi avrebbero mantenuto il potere fino a quando ci fosse stato un erede legittimo. Sembrava che avesse avuto un presagio. Infatti, la situazione era tutt’altro che rosea. Il duca Alfonso II, malgrado i suoi tre matrimoni, non ebbe il desiderato erede. Pertanto, propose alla sua successione il cugino Cesare, che era figlio di Alfonso, fratello del padre Ercole II d’Este; ma, mentre questa scelta fu accettata dall’Impero, non lo fu dalla Chiesa, in quanto suo zio era figlio naturale del duca precedente Alfonso I e di Laura Dianti, cioè era nato al di fuori del matrimonio. Quindi, quando nel 1598 mancò proprio un erede legittimo alla successione nella gestione del Ducato di Ferrara, il papa Clemente VIII colse l’occasione per ricondurlo sotto il suo controllo, instaurando la Legazione di Ferrara, che non era altro che una suddivisione amministrativa dello Stato del Vaticano: praticamente, Ferrara era diventata una città di confine di scarso valore. E per Ferrara fu veramente un disastro, tanto che il seguito fu definito quello dei “secoli bui”, che cessarono solamente nel 1859, quando, sconfitti gli Austriaci, si instaurò un governo provvisorio, che consentì a Ferrara di riprendere un certo peso.
E lascia un po’ perplessi il fatto che già precedentemente anche Ludovico Ariosto sembrava aver presentito il possibile verificarsi di tale triste eventualità; infatti, egli scrisse:
“Ferrara, Quando i Duchi fra le mura tue – Dimoreranno, decadrai e i tuoi – Palazzi senza vita saranno. – Che ruine sgretolate, e la ghirlanda – Di un poeta sarà la tua corona – Unica…”
E che ne fu della Rocca Possente di Stellata? Il Papa, avendo capito che Venezia non avrebbe mai abbandonata l’idea di allargare i propri territori a sud del Po, ritenne che la Rocca avesse un’importanza strategica nella loro difesa, per cui non solo decise di tenerla, ma pure di sistemarla e potenziarla, cosa che fece a sua volta nel 1629, il suo successore Urbano VIII.
Nel 1670, il Po ebbe una piena al di fuori della norma che causò la rottura degli argini: la Rocca Benedetta di Ficarolo fu completamente distrutta, mentre la Rocca Possente di Stellata resistette, dimostrando che veramente possente lo era.
Quando nel 1708 a Roma stava avvenendo la successione del papa, l’Austria consentì il mantenimento in piedi della Rocca Possente, purché fossero eliminati i bastioni difensivi.
Oggi, la Rocca è ancora lì, a fare bella mostra di sé, a disposizione dei turisti che amano ammirare quanto ci ha lasciato il passato e che possono rifocillarsi nelle locande del luogo in grado di offrire una genuina gastronomia locale di tutto rispetto.
Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it
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