Nell’antichità, durante l’età del ferro, la costa adriatica della pianura padana era molto più arretrata verso ovest rispetto ad oggi, con il litorale non molto distante dalla città etrusca di Spina, sorta presso l’antico ramo del Po, lo Spinetico, destinato all’insabbiamento successivo.
Ma il Po e gli altri fiumi, che scorrevano più a sud, continuavano a portare in sospensione detriti lapidei provenienti dagli Appennini e dalle Alpi, che depositavano gravimetricamente lungo gli alvei, con i più leggeri che si inoltravano nel mare; e il litorale continuò a spostarsi sempre più verso est, allontanandosi da Spina, mettendone in difficoltà i commerci e facendola decadere a favore di Ravenna e successivamente facendola scomparire del tutto dalla superficie della terra.
Durante l’impero romano, l’avanzamento della linea di costa verso oriente lasciò dietro di sé una estesa laguna, che fu poi occupata dalle popolazioni locali quale sito meglio difeso e difendibile contro le scorrerie dei pirati balcanici e delle orde di barbari che scendevano dal nord. Si rimboccarono le maniche e riunirono i primi tredici cordoni dunosi che erano il risultato di tutti i cambiamenti al suolo derivanti dalla volubilità comportamentale del Po.
Inizialmente è da presumere che l’abitato vero e proprio sia nato come un castrum romano, cioè un accampamento protetto da una palizzata, magari con torri e bastioni e altre trovate difensive quando doveva durare a lungo, a partire dal V o VI secolo, periodo le cui testimonianze sono date dai monasteri di Santa Maria in Padovetere, situato nella Valle Pega, e di Santa Maria in Aula Regia, costruita nella parte occidentale della città di Comacchio e realizzata fra il VII e l’VIII secolo.
La diocesi è di un’epoca successiva ed il primo vescovo si ritiene sia stato Vincenzo, ai primi del secolo VIII.
Nel 586, ci fu la discesa dei longobardi con a capo Alboino, che invasero una buona parte dei territori italiani, dove fondarono uno stato indipendente. Ma Comacchio non fu toccata perché strenuamente difesa e con successo dai Bizantini. La città divenne un centro commerciale dell’area, continuando a ricevere olio e spezie, cioè prodotti orientali preziosi, trasportati su navigli che salpavano dal porto di Costantinopoli.
Naturalmente, essendo una città lagunare, era legata alla navigazione, per cui si costruì una grande flotta navale che, fra il VII e il IX secolo, fu una delle più potenti che navigava nell’Adriatico. Le sue navi ottennero il monopolio di tutto quanto si muoveva commercialmente nella Pianura Padana. Le sue navi erano imbarcazioni lunghe in media 15 metri, larghe 2,70 e con un pescaggio sugli 80 centimetri.
A cavallo fra i secoli VII e VIII, ci fu la donazione di Comacchio e di tutto il suo territorio ai componenti del feudo monastico dell’Abbazia di Bobbio o di San Colombano nell’Emilia occidentale. La diocesi è di un’epoca successiva: infatti, vide la luce ai primi del secolo VIII e il primo vescovo si ritiene che sia stato Vincenzo.
Il feudo monastico di Bobbio fu un territorio molto vasto, il cui centro religioso, culturale e politico era l’abbazia di San Colombano di Bobbio, oggi in provincia di Piacenza. Essi, fra l’altro, approntarono il porto fluviale e continuarono l’attività produttiva delle saline, che a quei tempi erano veramente beni preziosi, nettamente migliorandone la resa.
I Comacchiesi, che presero l’incarico di sfruttarle, erano legati alle regole ed al pagamento delle relative tasse per far funzionare quell’attività con la commercializzazione del sale nella longobarda pianura padana. Poi, con il re Liutprando, dal 774 e fino al IX secolo, le saline divennero di proprietà dei Longobardi, per diventare attività comune fra l’abbazia di Bobbio ed i monasteri di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, della Novalesa, Leno, San Sisto di Piacenza e del vescovado di Reggio Emilia.
Ma Venezia non tollerava l’esistenza di una città che le era avversaria, che riteneva avesse troppo peso nel territorio attaccato al suo e che, fra l’altro, era una pericolosa concorrente nella produzione del sale, cioè di quella ricchezza che estraeva nelle sue saline venete. Così, ogni occasione era buona per aggredire Comacchio. E nell’anno 866, le truppe veneziane, per la prima volta, occuparono la città e la saccheggiarono.
Nell’875, Venezia rischiò forte contro gli attacchi dei saraceni, mentre Comacchio ebbe la peggio, finendo assalita e incendiata. Comunque – come si dice – Venezia non demordeva, tanto che assommarono a ben cinque le volte in cui Comacchio fu assaltata e occupata dai soldati della Serenissima.
Solamente a partire dal 1299, cioè anno nel quale entrò a far parte dei domini della famiglia estense, Comacchio fu lasciata in pace.
Con la devoluzione del ducato di Ferrara alla Santa Sede a partire dal 1598, non essendoci un erede legittimo alla morte di Alfonso II, Ferrara e tutto il territorio, compresa la città di Comacchio, ritornò a far parte dei possedimenti del papa Clemente VIII. Da quel momento, Ferrara entrò nella “Legazione di Ferrara”, appunto, e iniziarono purtroppo i cosiddetti “secoli bui”, che furono deteriori per la città ed il suo contado.
Solamente con l’annessione al Regno di Sardegna, avvenuta nel 1860, la città e tutto il suo territorio riebbero la loro passata dignità.
Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it