Al suo tempo, la Basilica Ulpia era la più grande e maestosa di Roma, sviluppata in lunghezza per 170 metri e larga 60, troneggiante nel perimetro del Foro di Traiano, e alla famiglia dell’imperatore spagnolo (nato a Italica, come Marco Ulpio Nerva Traiano, in carica dal 98 al 117 d.C.) intitolata.
Fu Apollodoro di Damasco a progettarla, per volere dell’imperatore: la realizzazione richiese sette anni, dal 106 al 113 d.C., e già nel periodo medievale l’edificio era crollato, ormai in disuso, saccheggiato dei suoi materiali più preziosi per farne nuove costruzioni. Situata sul lato più corto del Foro, a delimitarlo, la Basilica Ulpia era rialzata rispetto alla piazza; vi si accedeva attraverso tre ingressi, corrispondenti ad altrettanti avancorpi che movimentavano la facciata, sormontata da un attico con sculture in marmo raffiguranti i Daci, protagonisti, loro malgrado, anche delle storie scolpite sull’adiacente Colonna Traiana, fatta innalzare dall’imperatore proprio per celebrare la conquista romana della Dacia.
All’interno, colonnati in granito e marmo cipollino scandivano la suddivisione dell’aula in cinque navate; sui lati brevi si aprivano due esedre. Nell’antichità, il colpo d’occhio offerto dalla Basilica e dalle contigue biblioteche greca e latina doveva essere magnifico.
Alla metà dell’Ottocento, nell’area corrispondente all’esedra orientale della Basilica, fu edificato Palazzo del Gallo di Roccagiovine, più di recente sede della Fondazione Alda Fendi prima del trasferimento a Palazzo Rhinoceros. Le due storie, antica e recente, si intrecciano per merito di Giovanna Caruso Fendi, figlia di Alda, che all’inizio del 2022 ha recuperato gli ambienti al pian terreno del Palazzo per farne uno spazio culturale, Forof, devoto alle contaminazioni tra archeologia e arte contemporanea.
Già durante la prima ristrutturazione del Palazzo a opera della famiglia Fendi, nel 2013, in realtà, i lavori avevano portato a riscoprire la porzione più vasta e meglio conservata della pavimentazione marmorea della basilica, oltre alle colonne e alle parti superstiti della monumentale trabeazione.
Un recupero interamente finanziato dalla Fondazione Alda Fendi, con la supervisione scientifica della Soprintendenza Archeologica di Roma, che allora permise di avanzare un’ipotesi ricostruttiva più precisa del monumento.
Ora l’imponenza della struttura è più facilmente immaginabile: dal 2021, nell’area del Foro di Traiano, si lavorava al cantiere di ricostruzione della Basilica Ulpia, sulla base del progetto cui le scoperte di cui sopra hanno ampiamente contribuito.
A finanziare l’operazione, il magnate uzbeko Alisher Usmanov, che ha stanziato 1 milione e mezzo di euro (convinto anni fa da Ignazio Marino) in favore del Comune di Roma.
Proprio nei giorni di Natale 2023, il cantiere si è concluso, rivelando uno skyline inedito (e a prova di sisma): le colonne originali della Basilica sono state riallestite a formare l’antico colonnato su due ordini sovrapposti, con la ricostruzione di parte del grande architrave che sosteneva l’ordine superiore.
Il team di archeologi supervisionato da Claudio Parisi Presicce ha applicato la tecnica dell’anastilosi (già utilizzata nel 1932, per rialzare quattro colonne in granito grigio del primo ordine), rimettendo insieme i pezzi della costruzione originale a disposizione, cioè le colonne che giacevano a terra nel sito archeologico.
Il doppio colonnato raggiunge così quasi 24 metri di altezza (circa la metà della vicina Colonna Traiana): a introdurlo, i tre gradini in marmo giallo antico che conducevano all’interno della Basilica, anch’essi restaurati in occasione del cantiere.
Autore: Livia Montagnoli
Fonte: www.artribune.com 28 dic 2023