Si tratta dell’area che fu messa in luce tra il 1964 e il 1977 dagli scavi condotti da monsignor Iginio Rogger: a riemergere fu l’originario luogo di culto (14×43 m) la cui fondazione viene attribuita a Vigilio, terzo vescovo di Trento nel 381. Le sue spoglie furono conservate qui accanto a quelle dei martiri Sisinio, Martirio e Alessandro, uccisi dai pagani nel 397 mentre evangelizzavano la Val di Non.
Le trasformazioni della basilica, nata con funzione cimiteriale, furono molteplici nei secoli, fino a farla sparire sotto la nuova cattedrale del XIII secolo con il suo imponente baldacchino settecentesco: «ispirato a quello di Bernini in San Pietro, a differenza di quello è completamente in marmo», spiega l’ingegnere Edoardo Iob, responsabile unico del procedimento di restauro del duomo, diretto insieme agli architetti Ivo Maria Bonapace, progettista e coordinatore, e Fabio Campolongo per la Soprintendenza. Restauro che non ha riguardato la basilica sotterranea chiusa al pubblico per motivi di sicurezza.
«Il ponteggio infatti, continua Iob, gravava sulle strutture della cripta che sono state messe in sicurezza per consentire il restauro della soprastante cattedrale. Strutture che, con una complessa operazione ingegneristica coraggiosa e intraprendente in relazione al grande peso del baldacchino, furono realizzate durante gli imponenti scavi degli anni ’70 sotto la guida dello stesso monsignor Rogger e dell’ingegner Giulio Dolzani di Trento. Progettarono e realizzarono la struttura di supporto del presbiterio della cattedrale che permise di proseguire gli scavi mettendo in luce completamente la basilica paleocristiana e rendendola visitabile. Un intervento di grandissimo ingegno e perizia».
L’arca di San Vigilio, ricavata in un unico blocco in marmo bianco tra XI e XII secolo, con decorazioni a fasce in rilievo e cornici geometriche su tre lati, in origine era nel presbiterio rialzato dell’antica cattedrale. Con la realizzazione della cattedrale romanica, fu spostato in fondo al coro sopraelevato dove, capovolto, venne utilizzato come altare maggiore. Dopo diversi spostamenti, nel 1977, al termine degli scavi, venne posizionato al centro dell’antica basilica. Tra le più antiche lastre tombali quella del vir spectabilis Censorius, sepolto tra il 539 e il 569, e il sarcofago «longobardo», del VII-VIII secolo, in calcare rosso ammonitico.
A destra e a sinistra del percorso di visita, tra epigrafi e lacerti di plutei scolpiti, si trovano anche frammenti musivi policromi di gusto geometrico orientaleggiante diffuso in Italia dopo la vittoria sugli Ostrogoti dell’imperatore bizantino Giustiniano (553 circa). La loro disposizione rivela l’esistenza di una complessa recinzione rialzata in pietra che delimitava un particolare presbiterio sopraelevato, denominato bema.
Alla suggestiva ed estesa area archeologica, di cui dopo il recupero degli anni ’70 si può apprezzare la planimetria, si accede con biglietto dal Museo Diocesano.
Autore: Camilla Bertoni.
Fonte: www.ilgiornaledellarte.it, 5 gen 2023