Non tutti sanno che in Sardegna si trova una foresta di alberi pietrificati di epoca preistorica.
Ma dove si trova questa zona che è una delle tre al mondo a poter vantare questo patrimonio fossile? Si trova lungo la valle del Riu Altana, non lontano da Sassari.
Qui si trovano i resti della cosiddetta Foresta Pietrificata di Iscia (Perfugas) e di Carruca (Martis). Questi importanti reperti fossili sono di grosse dimensioni, alcuni forati al centro, altri invece si sono completamente mineralizzati nel corso del tempo. Tutte le parti di legno degli alberi si sono trasformate, nei secoli, in roccia.
Il colpo d’occhio è incredibile: sembrano delle vere e proprie sculture naturali. Infatti la zona si è meritata l’appellativo di “parco paleobotanico”.
Ma come è nata la foresta pietrificata? Lo spiegano bene gli esperti nel sito del comune di Martis, a cura di Luciano Trebini della Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro Settore Geopaleontologico:
«Era il 1° Febbraio del 1979 quando per la prima volta venni a contatto con la Foresta Pietrificata dell’Anglona. Si trattava di portare avanti l’oneroso compito di fare un censimento di resti fossili di cui nulla o quasi si conosceva. Lo svolgimento del lavoro ha poi via via sviluppato un interesse imprevisto, che le prime ricerche di carattere scientifico condotte con il geologo Antonio Pinna, hanno moltiplicato. Si trattava, infatti, di inoltrarsi in un mondo estinto, apparentemente freddo, formato da uno sterminato esercito di mute pietre. Invece, man mano che procedevamo, quello strano contatto evocava una realtà lontanissima fatta di foreste, animali e ambienti così sconosciuti e misteriosi da esercitare un fascino irresistibile in noi che cercavamo in qualche modo di penetrarvi.
Fu così che, partendo dalle anse morbide del Rio Altana, scoprimmo una realtà più vasta, che riguardava non solo il territorio dei Comuni di Perfugas e Martis, di cui già si aveva qualche notizia, ma si estendeva anche oltre i comuni di Bulzi, Laerru, Chiaramonti, S.M. Coghinas, interessando in pratica tutta quell’area della bassa Anglona che nel Miocene era manifestamente occupata da un vasto bacino lacustre.
L’origine di questi monumenti naturali a forma d’albero è legata a fenomeni di trasformazione consumatisi diversi milioni d’anni fa in uno scenario fantastico di laghi, foreste e vulcani che, come in un grandioso laboratorio d’alchimia, ad un certo punto cominciarono ad interferire tra loro, concorrendo a produrre le magie della metamorfosi degli antichi vegetali in antenati di pietra. L’esistenza di un antico lago, circondato da un paesaggio assai dissimile da quello attuale e immerso in un clima anch’esso diverso, popolato da un gran numero di piante e animali progenitori delle faune e delle flore attuali, è, infatti, certificata proprio dall’abbondanza di questi fossili vegetali e dagli strati rocciosi nei quali si annidano.
Lo studio dei reperti fossili, per altro lungo e difficile, consente, in effetti, di trarre talvolta non solo notizie sul tipo d’albero o di pianta in genere che attraverso strani processi chimico-fisici si mineralizzarono, ma, comparandole a quelle attuali e alla loro distribuzione geografica, consente anche di tentare in qualche modo una ricostruzione di quel che era l’ambiente nel quale prosperavano. Fu così che, dal connubio delle esigenze di tutela sancite dalla legge n° 1089/39 e delle speranze di poter un giorno esplorare i remoti misteri del passato, nacque in noi l’idea che la soluzione ottimale sarebbe stata la realizzazione di un parco paleobotanico. Una tale struttura da un lato avrebbe sancito la fine del periodo dell’abbandono e della predazione, e dall’altro avrebbe potuto decretare la nascita di una nuova era dove la conoscenza, la valorizzazione e la salvaguardia di quel grandioso patrimonio paleontologico e naturalistico costituito dai resti della foresta fossile anglonese, avrebbero potuto fondersi in un’unica operazione.
La foresta pietrificata, la Paleontologia come ”trait d’union” fra rocce ed esseri viventi. La storia della vita sulla Terra, che racchiude in sé anche la piccolissima appendice costituita dalla nascita e dall’evoluzione della specie umana, ha inizio molte centinaia di milioni d’anni fa.
I primissimi esseri viventi, apparsi circa tre miliardi e mezzo di anni fa nell’oceano primordiale, erano degli organismi semplicissimi, costituiti da una sola cellula sprovvista di nucleo (organismi procarioti) e per oltre due miliardi di anni rimasero i soli esseri presenti sul pianeta. Da quando invece apparvero i primi esseri complessi (organismi pluricellulari), circa 700 milioni di anni fa, la vita sulla terra è andata sviluppandosi assai rapidamente creando svariate forme animali e vegetali che nella quotidiana lotta per la sopravvivenza si sono trovate più o meno preparate alle modificazioni naturali dell’ambiente in cui erano nate. Il pronto adattamento alle mutate condizioni ha salvato molte specie che sono così sopravvissute anche a straordinarie catastrofi ambientali, mentre tantissime altre forme animali e vegetali andavano estinguendosi ineluttabilmente. Solo i vari avvenimenti che hanno portato alla fossilizzazione dei loro resti, hanno permesso la comprensione sia del fenomeno dell’evoluzione, che ha tramandato nel tempo la vita di molte specie viventi, sia del passaggio sulla terra di altre specie che invece non sono giunte fino ai nostri giorni.
Poiché l’evento della fossilizzazione degli organismi dotati di vita e quello della litificazione degli strati sono aspetti dello stesso fenomeno di formazione delle rocce sedimentarie, risulta evidente che lo studio dei primi (Paleontologia) è intimamente legato a quello delle seconde (Geologia) e non può quindi prescinderne. Affondando i suoi strumenti in epoche così remote d’altronde la Paleontologia ricostruisce gli ambienti vitali succedutisi nel corso del tempo e fornisce in questo senso un preziosissimo strumento per indagare sul passato stesso della crosta terrestre.
D’altra parte, poiché il riconoscimento della fauna e della flora fossile non sarebbe possibile senza una approfondita conoscenza della biologia attuale, rimane evidente che la Paleontologia, così come consente di conoscere il quadro evolutivo della vita dai suoi albori con apparizioni ed estinzioni di specie animali o vegetali, potrà aiutarci anche a capire la situazione evolutiva di gran parte delle specie viventi, costituendo in tal modo una sorta di ponte insostituibile tra passato e futuro.
In un’area tettonicamente abbastanza tranquilla come quella anglonese, inoltre, l’analisi approfondita della successione degli strati può fornire quella documentazione stratigrafica necessaria e fondamentale per la ricostruzione approssimata di un quadro paleoambientale applicabile non solo all’Anglona ma anche a diverse altre regioni che in un periodo tra i 17 e i 13 milioni di anni fa, nel Miocene medio, furono caratterizzate da scenari ambientali simili a quello in esame».
Fonte: www.vistanet.it, 6 nov 2022