A proposito del gioco della palla: ἐπίσκυρος anche chiamato ἐπίκοινος, era un gioco con la palla praticato nell’antica Grecia.
Fortemente orientato sul lavoro di squadra, il gioco veniva praticato tra due squadre (che solitamente contavano da 12 a 14 giocatori ciascuna), calciando una palla, era però permesso utilizzare anche le mani.
Nonostante si trattasse di un gioco con la palla, le partite potevano essere piuttosto violente, soprattutto a Sparta. Le squadre dovevano tentare di lanciare la palla sopra la testa degli avversari, c’era una linea bianca, denominata skùros, tra i due team, ed un’altra dietro ognuna delle due squadre, che si lanciavano la palla, finché una di esse era costretta a retrocedere dietro la linea bianca alle loro spalle.
A Sparta un tipo di ἐπίσκυρος veniva giocato durante una festa annuale, da cinque squadre di 14 giocatori ognuna. Principalmente era giocato dagli uomini, ma anche le donne a volte lo giocavano. Questo gioco (o uno simile, chiamato φαινίνδα, che significa probabilmente “gioco dell’inganno”, dal verbo φενακίζω “imbrogliare, mentire”, venne in seguito adottato dai Romani, che lo trasformarono in harpastum, la latinizzazione del greco ἁρπαστόν, forma neutra di ἁρπαστός, “portare via”, dal verbo ἁρπάζω “cogliere, strappare”.
Una rappresentazione a bassorilievo su di una stele funeraria, rinvenuta al Pireo, e risalente al 400-375 a.C., ora al Museo archeologico nazionale di Atene, mostra un atleta che sembra tenere in equilibrio una palla sulla coscia (Foto 1); proprio quest’immagine è stata riprodotta sul trofeo della Coppa Europea di calcio 2020, vinta dagli Azzurri lo scorso anno: è opera di un’azienda italiana, Iaco Group, con sede ad Avellino. Ha un’altezza di 60 cm., pesa 8 kg., è di argento lucido ed il valore è di circa 30.000 euro ( ùFoto 2).
La novità di questa coppa, rispetto a quelle delle precedenti edizioni del campionato europeo, è che su una faccia è stato ripreso esattamente il disegno della stele funeraria marmorea, di cui sopra.
Le fonti antiche per le notizie sul gioco della palla in Grecia sono un frammento di un’opera del commediografo ateniese Antifane (IV sec. a. C.), il grammatico e lessicografo Giulio Polluce (II sec. d. C.) nell’opera Ὀνομαστικὸν ἐν βιβλίοις,
Ateneo di Naucrati nell’opera Δειπνοσοφισταί (I Deipnosofisti o I dotti a banchetto), scritta dopo il 192.
Ecco come il commediografo Antifane descrive una situazione di gioco: «Prese la palla ridendo e la scagliò a uno dei suoi compagni. Riuscì a evitare uno dei suoi avversari e ne mandò a gambe all’aria un altro. Rialzò in piedi uno dei suoi amici, mentre da tutte le parti echeggiavano altissime grida “E’ fuori gioco!”, “E’ Troppo lunga!”, “E’ troppo bassa!”, “E’ troppo alta!”, ” E’ troppo corta!” “Passala indietro nella mischia!”».
Pare che l’Harpastum fosse usato come esercizio fisico per i legionari: non è quindi improbabile pensare che questo gioco viaggiò con le legioni romane e fu da queste diffuso in tutta Europa, dove probabilmente si fuse e contaminò con i giochi locali con la palla dato che era praticato soprattutto dalle legioni a presidio dei confini. Erano infatti frequenti le partite fra Romani e popolazioni autoctone. Secondo le fonti, ad esempio, nel 276 d.C. si svolse una partita in cui i Britanni sconfissero i legionari con punteggio di 1 a 0.
L’imperatore Marco Aurelio, ritenendo “barbara” l’immolazione di uomini e animali nei circhi al solo scopo di divertire il sadico pubblico romano, bandì i ludi gladiatorii, sostituendoli con sport dal carattere meno violento, uno dei quali era proprio l’Harpastum. Un affresco, che raffigura il gioco (Foto 3), si trova nella Tomba dei Dipinti della Via Portuense, Roma, II sec. d.C. .
Fonte: facebook 13 lug 2022