Nell’ambito delle ricerche archeologiche nell’insediamento protostorico sommerso del Gran Carro di Bolsena (in provincia di Viterbo), la Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio Etruria Meridionale è stata coinvolta nel ruolo di Advisory Board nell’ambito del progetto europeo WOODPDLAKE. Archaeological Wooden Pile-Dwelling in Mediterranean European lakes: strategies for their exploitation, monitoring and conservation, coordinato dall’Università degli studi della Tuscia (DIBAF) avendo come partner l’Istituto Centrale per il Restauro.
“La ricerca – scrive la Soprintendenza – si pone l’obiettivo di contribuire ad approfondire le conoscenze sui manufatti e i paesaggi antichi attraverso lo studio delle caratteristiche ambientali, come la qualità dell’acqua e la composizione dei sedimenti, anche alla luce delle variazioni indotte dai cambiamenti climatici, e mira a valutare l’effetto sullo stato di conservazione dei reperti archeologici lignei. Il progetto prevede inoltre la datazione di alcuni dei pali relativi all’area della palafitta tramite dendrocronologia su almeno 33 campioni già prelevati nell’ambito delle campagne di ricerca in atto da parte del Servizio di Archeologia subacquea della Soprintendenza, con il supporto tecnico del CRAS”.
“Questo progetto – prosegue la Soprintendenza – si inserisce in un quadro più ampio multidisciplinare in cui diverse competenze, complementari alla ricerca archeologica, sono state coinvolte tramite protocolli di intesa tra Soprintendenza e diverse Università, anche straniere, affinchè tutti gli aspetti possano restituire un quadro più completo sul paleoambiente, sull’ economia di sussistenza, o sulla geomorfologia durante la prima età del Ferro nel lago di Bolsena. Lo stato di conservazione dei reperti in legno risulta in questo caso fondamentale per la tutela del sito sommerso del Gran Carro, il cui deposito è caratterizzato da un’alta percentuale di materiale organico, protetto dall’acqua, ma che potrebbe essere soggetto a deterioramento per cause naturali o di inquinamento dell’acqua stessa.
Il progetto verrà esteso anche al Lago di Mezzano, dove è conservato un insediamento dell’età del Bronzo e che sarà oggetto di ricerche archeologiche da parte della Soprintendenza nel prossimo futuro”.
I resti dell’insediamento si trovano su un basso fondale pianeggiante, in gergo chiamato “bassura o piano” che degrada dolcemente dalla linea di costa attuale a 304 s.l.m. Al tempo dell’occupazione antica, l’insediamento si trovava all’asciutto, in mezzo ad una vasta pianura costiera di estensione maggiore di quella attuale e la posizione doveva essere strettamente legata allo sfruttamento delle varie risorse offerte dal sistema lacustre.
Il complesso archeologico si articola in diversi settori distinti e contigui: il primo è costituito dall’area occupata dai resti di strutture palafitticole attribuibili integralmente alla Prima età del Ferro; il secondo è costituito da una struttura artificiale a pianta ellittica di 60 x 80 metri, la cosiddetta Aiola, formata da pietrame informe, ancora parzialmente indagata e che ha restituito materiali attribuibili dalla prima età del Ferro all’epoca romana (III-IV sec.); il terzo, di recente rinvenimento si trova immediatamente a NO dell’Aiola ed è costituito da resti di abitazioni ancora della prima età del Ferro con strutture fondate direttamente a terra e non su palafitta; un quarto settore è costituito da resti di manufatti e pali in legno di grandi dimensioni concentrati a SO dell’Aiola attribuibili alla prima età del Ferro. Nella prima fase delle ricerche (1959-1985) sono stati recuperati migliaia di reperti, quasi tutti integri, circa 4500, esclusivamente nell’area della palafitta ed editi in Tamburini 1995.
Le ricerche sono poi riprese nel 2012 a cura della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale. Hanno partecipato a questa fase delle ricerche anche l’Istituto Centrale del Restauro e l’Università della Tuscia. Grazie alle nuove tecnologie informatiche, con l’utilizzo di una piattaforma GIS, si è proceduto al posizionamento topografico mediante GPS dei pali già in precedenza rilevati tramite il metodo della trilaterazione a mano da Fioravanti (1980) e poi dalla Soprintendenza (1981) arrivando a censire 456 pali.
Durante il 2020 sono state programmate ricognizioni subacquee finalizzate alla delimitazione dell’area dell’insediamento, finora mai ben definito (si è scavato dagli anni 1960 ad oggi solo nell’area dei pali di 800 m²). Unico per lo stato di conservazione, su tutta la superficie sono osservabili abbondanti resti di strutture lignee crollate e in parte andate a fuoco che si alternano a battuti probabilmente pertinenti a pavimenti di abitazioni. La stratificazione nelle zone indagate si sviluppa per uno spessore massimo di 160 cm circa e alterna fasi bruciate a fasi ricostruite
Fonte: www.stilearte.it, 27 mag 2022