Gli scheletri di un giovane uomo e di un cane, morti a causa di un’ondata d’acqua, fango e detriti provocata 3600 anni fa da un devastante tsunami nel Mediterraneo sono stati portati alla luce a Çesme-Baglararasi, sito archeologico della città costiera turca di Cesme, nei pressi di una pittoresca baia.
Il team di archeologi che sta scavando il sito è guidato dall’archeologo Vasif Sahoglu dell’Università di Ankara. La storia dell’insediamento di Çesme Bagarasi risale a 4600 anni alla luce degli studi effettuati finora. A quel tempo, i più antichi abitanti di Çesme, che vivevano in strutture con fondamenta in pietra e muri di mattoni di fango, erano impegnati nel settore marittimo e agricolo.
L’area fu oggetto nel 1612 a.C., come dimostrano le prove di laboratorio condotte con radiocarbonio, di spaventose ondate di tsunami provocate dall’attività del vulcano Thera, che si trova a 400 chilometri di distanza.
L’eruzione vulcanica, avvenuta nell’isola di Santorini, provocò un’estesa e profonda emissione di materiali nella stratosfera. Inoltre, il magma sottostante al vulcano venne a contatto con l’acqua marina poco profonda dell’insenatura, provocando una violenta eruzione di vapore.
L’evento generò anche uno tsunami alto da 35 m a 150 m che devastò – tra le altre – la costa nord di Creta, distante circa 110 km dal vulcano Thera. Ciò pose fine alla fiorente civiltà minoica, creando una crisi economica spaventosa, negli anni successivi, che colpì tutta l’area mediterranea.
Lo tsunami ebbe un impatto sulle città costiere quali Amnisos, dove i muri degli edifici furono deformati nel loro allineamento. Sull’isola di Anafi, 27 km a est, sono stati trovati strati di cenere profondi 3 m, come pure strati di pomice sui pendii a 250 m sopra il livello del mare. A Cesme gli archeologi hanno stabilito che gli tsunami furono quattro consecutivi.
Per quanto riguarda la scoperta dello scheletro umano, gli esperti hanno affermato che si trovava a circa un metro sotto una fossa nel sito di scavo. L’ondata, a causa della quale morirono anche il giovane uomo e il cane, trascinò, ritirandosi, i corpi contro un muro, sotto acqua, fango e pesanti pietre. Il muro trattenne i corpi evitando che fossero trascinati nel mare nel moto di contrazione dell’onda.
“Il punto in cui abbiamo trovato i resti – dicono gli archeologi – si trova anche nella parte più bassa del deposito, caratterizzata in tutto il campo detritico dalle pietre più grandi e pesanti (40 cm di diametro), che complicano lo scavo stesso”.
L’eruzione di Thera della tarda età del bronzo è stata uno dei più grandi disastri naturali a cui si è assistito nella storia umana. Ad esso è collegata – in un mito che trae origine da un disastro naturale di dimensioni immani – la presunta scomparsa di Atlantide.
Durante questo grande terremoto, l’intero insediamento fu distrutto. Nel corso delle ricerche archeologiche sono stati trovati i resti di un ampio edificio crollato che era uno delle più grandi cantine vinicole in Anatolia.
Fonte: www.stilearte.it, 31 dic 2021